Finalmente, con BlacKkKlansman, Spike Lee è tornato. E alla grande: premiato con il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, dove è stato presentato in concorso, il film, nelle sale italiane dal 27 settembre, è sicuramente tra le opere migliori del regista di Atlanta.
Ambientato nel 1970, il film, di cui abbiamo parlato anche nella nostra recensione di BlacKkKlansman, racconta la storia vera, e incredibile, del detective Ron Stallworth (John David Washington) primo poliziotto di colore di Colorado Springs che, stanco del razzismo strisciante di colleghi e concittadini, ha deciso di fare qualcosa di concreto per la causa dei suoi fratelli: infiltrarsi nel Ku Klux Klan. Un'impresa non facile, e più che mai folle, per un uomo di colore. Ma la realtà supera spesso l'immaginazione e Stallworth, la cui biografia è alla base della scrittura del film, utilizzando la sua parlantina inarrestabile è riuscito, tramite conversazioni telefoniche, a guadagnarsi la simpatia di David Duke (Topher Grace), soprannominato "the Grand Wizard" (il grande mago), capo del Klan. Rimaneva soltanto un problema: al momento di incontrarsi dal vivo, il detective aveva bisogno di un corpo di diverse sfumature più chiaro. La scelta è ricaduta sul collega Flip Zimmerman (Adam Driver), ebreo, ma dalla pelle più consona agli standard di Duke e soci.
Prodotto da Jordan Peele e Jason Blum, menti e produttori di Scappa - Get Out, BlacKkKlansman è un film che, attraverso l'umorismo e una buona dose d'azione, fa riflettere su quanto stiamo vivendo oggi: intolleranza, violenza verso le donne, espressioni come "prima l'America bianca", nonostante sia ambientata negli anni '70 la pellicola sembra parlarci direttamente. Ne abbiamo discusso proprio con Spike Lee.
Storia: la materia preferita da Spike Lee
BlacKkKlansman racconta un fatto accaduto quasi 50 anni fa, ma è più attuale che mai: in America, in Italia, in Russia e in tutto il mondo c'è questo problema, ci siamo scordati la storia: "La storia è molto importante, era la mia materia preferita a scuola" ci ha detto Spike Lee, proseguendo: "Amo guardare documentari, in particolare documentari storici: così posso imparare. Credo che si sia diffusa una malattia, soprattutto tra i giovani: non sono interessati a ciò che è accaduto il giorno prima della loro nascita. Ma si sbagliano: il mondo non comincia il giorno in cui nasci. Magari non è colpa loro, ma dei genitori, o degli insegnanti, che non rendono interessante la storia. Ma è fondamentale: non puoi andare avanti se non sai cos'è successo nel passato."
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Spike Lee anche detto Negrodamus
Preoccupato dal governo di Donald Trump, che chiama "Agent Orange" (agente arancio), Spike Lee sta portando avanti la sua battaglia per un'America tollerante e aperta, ma sa che la lotta per l'uguaglianza non è facile. Per questa sua capacità di guardare al futuro, i suoi amici lo hanno soprannominato Negrodamus: quando gli abbiamo chiesto come mai, ci ha risposto sibillino: "Perché dicono che sono in grado di vedere le cose prima che accadano." Sicuramente ha visto giusto quando ha scritturato per i ruoli dei protagonisti Adam Driver, ormai riconosciuto come uno dei più grandi talenti della sua generazione, e John David Washington, primogenito di Denzel Washington, che al figlio ha suggerito, nell'approcciarsi al lavoro di attore, di non preoccuparsi del suo account Instagram, ma di lavorare sempre sodo. Una filosofia con cui Lee è più che d'accordo: "Nel fare qualsiasi cosa, in ogni impresa, devi prestare attenzione, essere concentrato: se ti preoccupi di questo e quello, ti distrai. Che tu sia un pittore, un giornalista, un regista o un cantante, devi prestare attenzione a ciò che stai cercando di fare: ti devi concentrare."
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