Per il lancio di Star, nuova sezione di Disney+ che si rivolge esplicitamente a un pubblico più adulto, i responsabili della programmazione hanno scelto di puntare su alcuni titoli potenzialmente succosi per la distribuzione esclusiva fuori dagli Stati Uniti, e tra questi, come potrete leggere in questa recensione di Big Sky (o meglio, dei primi due episodi su nove della serie andati in onda finora negli USA, causa embargo legato alla distribuzione italiana), c'è la nuova fatica di David E. Kelley. Sceneggiatore e produttore instancabile (c'è stato un periodo in cui gestiva in contemporanea tre serie diverse, firmando la maggior parte degli episodi da solo grazie alla sua nota rapidità di scrittura che gli consente di completare la prima stesura in appena tre-quattro giorni), dopo un sodalizio fruttuoso con la HBO Kelley è tornato - per la messa in onda americana - su ABC, il network che gli ha portato tanta fortuna con una parte del suo celebre franchise televisivo dedicato agli avvocati di Boston. Questa volta siamo sempre in ambito giudiziario, ma dal punto di vista dei poliziotti, alle prese con un macabro mistero.
Accadde in Montana
Big Sky si basa sul romanzo The Highway, scritto nel 2013 da C.J. Box, ed è ambientato nel Montana. Qui vive Ronald Pergman (Brian Geraghty), camionista trentottenne che abita con la madre e cela un disturbante segreto: rapisce (e presumibilmente uccide) donne che incontra per strada, e i casi di scomparsa sono tuttora irrisolti. L'ultima di queste attira l'attenzione di Cassie Dewell (Kylie Bunbury), investigatrice privata che lavora con l'ex-poliziotto Cody Hoyt (Ryan Phillippe). I due hanno anche avuto una relazione, cosa che crea tensioni con Jenny (Katheryn Winnick), da cui Cody è separato ma senza aver avviato pratiche di divorzio. Per cercare di capire cosa sia successo, lui si allea con Rick Legarski (John Carroll Lynch), agente locale della polizia autostradale che conosce bene i luoghi frequentati dal sequestratore. Inizia così una tesissima caccia all'uomo, dove le brutte sorprese sono sempre alle porte...
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A volte ritornano
Da alcuni anni David E. Kelley dimostra una passione per le storie dalle tinte mystery, specie se un po' torbide, come visto nelle due stagioni di Big Little Lies - Piccole grandi bugie e nella miniserie The Undoing - Le verità non dette, entrambi progetti curati per la HBO (ma è in arrivo anche un ritorno agli avvocati con un serial di Netflix basato sulle storie di Mickey Haller, personaggio ideato da Michael Connelly, e su Disney+ debutterà prossimamente un dramma sportivo). Tale passione ritorna anche qui, seppure con le limitazioni da network (negli Stati Uniti, come abbiamo già detto, la serie va in onda su ABC, canale generalista e quindi non immune a censure per quanto riguarda i contenuti violenti e sessuali), e si percepisce anche una certa pigrizia sul piano della scrittura, solitamente il piatto forte delle produzioni di Kelley, forse a causa della fonte letteraria non eccelsa e neanche abbastanza ricca da generare materiale per una stagione intera: senza svelare nulla a livello di trama, possiamo dire - sulla base di annunci ufficiali provenienti dagli USA - che la storyline principale si concluderà nel nono episodio, andato in onda pochi giorni fa in patria, e che i sette capitoli rimanenti avranno un'altra premessa.
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È un mistero che aspira ai livelli di Colombo, dove l'identità del killer è già nota dall'inizio e il piacere sta nel vedere il poliziotto arrivare alla soluzione, solo che - almeno nei due episodi iniziali - la figura di Roland è praticamente una non-entità, capace di farsi oscurare dalla presenza sporadica della madre (cosa di per sé pertinente nel contesto dello show, ma non al punto da giustificare una certa sciatteria sul piano della caratterizzazione), e anche per i livelli di Kelley, i cui mondi sono spesso popolati da figure archetipiche che si avvicinano alla caricatura (vedi Ally McBeal e Boston Legal), siamo quasi in territorio parodistico. C'è un certo gusto per il volersi prendere gioco delle aspettative degli spettatori (basti pensare a uno degli attori che da un episodio all'altro viene declassato da membro fisso del cast a guest star), ed è sempre un piacere vedere in azione un caratterista sopraffino come John Carroll Lynch (da antologia il suo battibecco con la consorte, che lo rimprovera perché lui, fedele all'usanza locale, la chiama "Madre"), ma alla luce dell'uso che si è fatto in termini di marketing è un po' il caso di dire che si tratta di molto rumore per nulla. Un nulla a tratti divertente, sia ben chiaro, ma per il lancio di Star ci voleva qualcosa di più. Migliorerà? Ai prossimi sette episodi l'ardua sentenza.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione dei primi episodi di Big Sky, serie poliziesca il cui mistero a lungo termine è abbastanza fiacco a livello concettuale ma affidato alla simpatia di attori come John Carroll Lynch e Ryan Phillippe, capaci di compensare le pecche di scrittura.
Perché ci piace
- John Carroll Lynch è strepitoso come sempre.
- L'ambientazione del Montana è abbastanza suggestiva.
- I colpi di scena sono elementari ma efficaci.
Cosa non va
- L'antagonista principale non è particolarmente memorabile.
- Si percepisce un po' la censura da network nella gestione degli elementi più torbidi del racconto.