Scrivere la recensione di Big Mouth 4 significa prepararsi per la fine di un anno decisamente insolito insieme a un gruppo di amici sui quali si può contare per una sana dose di intrattenimento intelligente e coraggioso su Netflix: circa cinque ore di risate irriverenti sul tema della pubertà, argomento ancora molto ricco di spunti poiché al di là di alcune gag ricorrenti che non potevano mancare all'appello i territori inesplorati abbondano. Il tutto condito con un'ampia gamma di battute autoreferenziali e autoriflessive: il tradizionale riassunto della stagione precedente, in forma canora, fa presente che è passato più tempo del solito tra un ciclo di episodi e l'altro (quattordici mesi contro i tradizionali dodici), e la serie fa una sorta di mea culpa sul fatto che Missy, ragazza di etnia mista, avesse la voce di una donna bianca che imitava timbri afroamericani (come annunciato alcuni mesi fa, in questa stagione avviene il passaggio di consegne a livello di casting, in modo coerente per quanto riguarda l'evoluzione del personaggio). Arrivati a questo giro, lo show può permetterselo, e lo fa con la stessa gioia che applica a tutte le altre trovate comiche che accompagnano dal 2017 le disavventure di Nick, Andrew, Jessi, Missy e tutti gli altri. N.B. La recensione si basa sulla visione in anteprima della stagione completa.
Colonia infernale
Avevamo lasciato i protagonisti di Big Mouth alle prese con varie tensioni personali: i migliori amici Nick (Nick Kroll) e Andrew (John Mulaney) non vanno più d'accordo, e Jessi (Jessi Glaser) sta per trasferirsi altrove. Ma prima che ciò avvenga lei ha ancora tempo per stare con i compagni di sempre in una colonia estiva, dove ciascuno è inevitabilmente accompagnato dal mostro ormonale di turno. La situazione è tutt'altro che ottimale, vuoi per il complesso di inferiorità di Nick o per i problemi mestruali di Jessi, e la cosa non migliora quando è il momento di tornare a scuola e affrontare un nuovo anno di turbe fisiche e spirituali, questa volta con nuove manifestazioni fisiche del subbuglio interiore dei personaggi: dopo gli ormoni, la vergogna, la depressione e (per un personaggio in particolare) la menopausa, adesso tocca all'ansia, incarnata da una zanzara di nome Tito (Maria Bamford). Riusciranno a sopravvivere alle nuove sfide che li attendono, tra cui una festa di Halloween a dir poco fuori dal comune?
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La stagione del cambiamento
La quarta annata rimane fedele all'intento principale dello show - raccontare con sincerità, pathos e humour le esperienze dei giovani in età puberale - ma è anche quella che si mette maggiormente in gioco, puntando su nuove strade a livello narrativo e visivo: già nelle precedenti stagioni non mancavano soluzioni formali interessanti, ma in questa sede, complici un episodio ambientato nel 2052 e uno a tema Halloween, l'ambiente iconografico è ancora più folle e ipnotico del solito, e tale ambizione procede anche sul binario parallelo delle tematiche trattate, dalla questione dell'identità razziale (Missy fa i conti con il suo retaggio afroamericano, con tanto di omaggio al cinema di Jordan Peele, uno dei membri del cast vocale) all'episodio che al contempo mette alla berlina il concetto della puntata a tema e riflette in modo non banale sugli eventi dell'11 settembre 2001.
Non che fosse così sorprendente, dati i precedenti della serie (basti pensare all'episodio sul Planned Parenthood, tema spinoso negli USA sul piano politico), ma la maturazione progressiva della scrittura, di pari passo con quella dei personaggi, è comunque ricca di elementi inattesi che impreziosiscono i non pochi momenti di autentica meditazione su ciò che significa crescere al giorno d'oggi.
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Ciò non toglie che il tutto rimanga molto deliziosamente scurrile e poco adatto agli spettatori più sensibili (la sequenza dei tamponi è da antologia da quel punto di vista), impressione alimentata anche da alcuni dei nomi che arricchiscono il cast quest'anno, a partire da un certo Seth Rogen che presta la voce a un ragazzo di nome Seth che si diverte a fare battute zozze (suona familiare?). È un profluvio di situazioni volgari ma piene di cuore, dove scatologia e turpiloquio non sono mai mera provocazione ma vogliono far ridere con gusto (estremo, ma pur sempre gusto), restituendoci un ritratto tutto sommato molto verosimile di cosa significhi avere a che fare con la pubertà e i suoi mostri, veri o metaforici che siano. Con la carica satirica aggiuntiva che prende di mira certi vizi specifici molto americani, come in quella che forse è la gag più bella dell'intera stagione, quando al Nick del futuro viene proposto un ruolo in un film d'animazione: "È un reboot di Toy Story, ma con le armi. Tu fai la voce di un fucile che vuole sparare a tutti." E con altre due stagioni già confermate, siamo sicuri che momenti come quello non mancheranno negli anni a venire.
Conclusioni
Chiudiamo con gioia la nostra recensione di Big Mouth 4, una stagione che porta la serie animata di Netflix verso nuove vette artistiche, pur non disdegnando ciò che ha reso lo show irresistibile fin dall'inizio.
Perché ci piace
- I nuovi personaggi sono esilaranti.
- L'equilibrio tra pathos, humour e intelligenza è ancora presente.
- La satira raggiunge nuove vette contenutistiche e formali.
Cosa non va
- Come sempre, sconsigliato agli spettatori sensibili.