Big Mouth 3, la recensione: il ritorno degli ormoni su Netflix

La recensione di Big Mouth, l'irriverente serie animata disponibile su Netflix che racconta senza censure gli orrori della pubertà.

Big Mouth Terza Stagione
Big Mouth 3: una scena terza stagione della serie

Scrivendo la recensione di Big Mouth 3, disponibile su Netflix con la terza stagione, è difficile non pensare, con un sorriso un po' beffardo, alle recenti affermazioni di Todd Phillips: nel corso della campagna promozionale di Joker, infatti, il regista americano ha affermato di essersi allontanato dal mondo della commedia perché la cosiddetta woke culture americana avrebbe reso impossibile far ridere la gente senza che qualcuno si offenda, inibendo il genere. Dichiarazione che suona dir poco strana se si pensa soprattutto a Netflix, che continua a dare spazio a voci a tratti "scomode" come quelle di Dave Chappelle, Ricky Gervais e Bill Burr, il cui ultimo speciale di stand-up comedy è proprio una riflessione intelligente e spassosa sulle conseguenze del politicamente corretto a tutti i costi.

E poi c'è proprio Big Mouth, l'irriverente commedia animata a firma di Nick Kroll e Andrew Goldberg, che dal 2017 intrattiene gli abbonati del servizio di streaming raccontando senza censure gli orrori della pubertà, traendo libera ispirazione dal vissuto dei due creatori. Un vissuto che sullo schermo si manifesta con un tono provocatorio ma al contempo sincero, collocando le gag a tratti molto esplicite (nell'autoironico finale della prima stagione i personaggi dicono che in un contesto live-action sarebbero accusati di pedopornografia) all'interno di una riflessione molto matura sull'età della transizione, tra dubbi sull'orientamento sessuale (emblematica l'evoluzione di Jay, che proprio in questa terza annata continua a crescere in modo sorprendente) e momenti tutt'altro che allegri sul rapporto tormentato tra figli e genitori. Il tutto condito con grandi momenti di fantasia, che si tratti di scene oniriche (impagabile la presenza autodenigratoria di Nathan Fillion), numeri musicali o, nel finale della seconda annata, un'incursione in quella che sarebbe la versione sboccata di Inside Out.

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Big Mouth 3: una scena della serie

Una trama all'insegna del cambiamento

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Big Mouth 3: una immagine della terza stagione della serie

La terza stagione di Big Mouth ha 11 episodi anziché i soliti dieci, grazie allo stratagemma di aver camuffato la premiere da storia a sé, uno speciale di San Valentino reso disponibile lo scorso febbraio, otto mesi prima del debutto del resto del ciclo (ma è a tutti gli effetti il primo episodio della nuova annata, come conferma la suddivisione dei capitoli su Netflix). Lì avevamo assistito a diverse svolte nelle vite dei ragazzi, dall'incontro fra Matthew, unico studente apertamente gay della scuola, e un altro ragazzo, alla rottura fra Missy e Andrew, primo passo in un percorso di consapevolezza per quest'ultimo circa la sua aderenza ai codici della mascolinità tossica. Un tema importante, quest'ultimo, che domina il secondo episodio, dove le ragazze sono costrette a obbedire a un rigido dress code per assecondare una logica a dir poco patriarcale, mentre Andrew entra per la prima volta in contatto con la cultura incel, dando un sapore molto moderno e socialmente forte a quello che finora era stato per lo più un coming of age (a volte letterale) dalle tinte abbastanza classiche e universali.

La modernità si estende anche a elementi non strettamente sessuali, come la dipendenza dai cellulari (e come con altri oggetti inanimati, il telefono è senziente, con la voce di Chelsea Peretti in originale) o i disturbi legati alla concentrazione, con le consuete derive surreali che caratterizzano lo show. Come nelle annate precedenti, l'uso dell'animazione tradizionale rende delizioso l'equilibrio tra il ritratto realistico di una preadolescenza non sempre facile e vicende più apertamente fantasiose, in primis le continue irruzioni dei mostri ormonali, trovata comica sublime che dà ai nostri impulsi peggiori una forma fisica a metà tra il repellente e il carismatico e consente allo show di rivolgersi direttamente allo spettatore con fare ammiccante e spassoso (Maury, il mostro principale, chiude il secondo episodio affermando che la stagione sarà "arrapante" e anticipa i titoli di alcuni dei capitoli successivi). Si ride e si riflette in egual misura, grazie a una scrittura che non perde mai di vista la centralità dei giovani protagonisti, anche quando si dà all'inside joke allo stato puro come l'inevitabile rimando all'esistenza stessa di Netflix e il suo avere un catalogo capace di soddisfare chiunque (e questo senza dimenticare contaminazioni interne, come l'apparizione del quintetto di Queer Eye per sistemare il look di Coach Steve).

Una galleria di grandi personaggi

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Big Mouth 3: una scena della serie Netflix

Con la crescita di Nick, Andrew, Missy, Jessi e compagnia bella arriva anche la progressiva espansione del cast, da sempre popolato da personaggi memorabili e altrettanto strepitosi interpreti, motivo principale per divorare la serie in lingua originale: il gruppo originale, che include Nick Kroll (con almeno una decina di ruoli), Maya Rudolph e Jordan Peele, rimane inossidabile, e le nuove reclute - Zachary Quinto, Martin Short, Carol Kane e Ali Wong, per menzionare solo alcuni nomi - non sono da meno. Impreziosiscono la serie con performance vocali che vanno dall'umano al fantastico (la Kane, per esempio, doppia l'incarnazione della menopausa), ancorando il tutto in un contesto che, anche nei momenti più splendidamente ambiziosi (a un certo punto vengono tirati in ballo i supereroi, senza che si tratti di una parentesi onirica), rimane volutamente, a volte dolorosamente, reale. La sigla recita "I'm going through changes", citando il brano dei Black Sabbath nella cover del cantante soul Charles Bradley. Ebbene, la serie stessa, pur trasformandosi, rimane fedele al suo principio di base, ed è questo il suo vero punto di forza. Forse anche per questo, tre mesi prima che esordissero i nuovi episodi, Netflix ha rinnovato lo show fino alla sesta stagione, assicurandoci che le risate intrise di imbarazzo non mancheranno negli anni a venire.

Conclusioni

Giunti in fondo alla nostra recensione di Big Mouth 3, la terza stagione ci lascia con un ricordo positivo, mantenendo costanti i punti di forza della serie e arricchendola ulteriormente con nuove trovate che sono profonde ed esilaranti in egual misura. Al netto dei contenuti a volte decisamente spinti, non sarebbe male una visione in famiglia, per far capire ai figli coetanei di Nick e dei suoi amici come comportarsi in un periodo difficile della crescita.

Movieplayer.it
4.5/5

Perché ci piace

  • L'animazione è, come al solito, impeccabile.
  • Le gag sono micidiali e al contempo ricche di spunti di riflessione.
  • I nuovi personaggi arricchiscono nel modo giusto il mondo della serie.

Cosa non va

  • Come per le stagioni precedenti, alcune immagini possono mettere alla prova gli spettatori particolarmente sensibili.