Il silenzio è rotto ormai da tempo: sono moltissime le attrici che fanno sentire la propria voce lamentando la mancanza di ruoli di spessore per le donne nella produzione cinematografica di alto profilo. Ma ci sono anche quelle che prendono in mano la situazione e i ruoli memorabili contribuiscono a crearseli: sulle orme della grande Frances McDormand, che ha portato qualche anno fa il romanzo premio Pulitzer Olive Kitteridge su HBO per poter interpretare un personaggio degno del suo impareggiabile talento, Reese Witherspoon e Nicole Kidman sono andate in Australia a convincere l'autrice di bestseller Liane Moriarty a concedere loro i diritti per il suo Big Little Lies, e poi hanno chiamato professionisti della risma di David E. Kelley, già showrunnner di Ally McBeal e Boston Legal, e Jean-Marc Vallée, regista di Dallas Buyers Club e Wild, per realizzarlo in forma di miniserie autoconclusiva per HBO.
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Chi ha letto il romanzo non avrà difficoltà a immaginare quanto azzeccati e stimolanti siano i ruoli di Madeline Martha McKenzie e Celeste Wright per queste due colleghe e amiche decise a lavorare insieme; per gli altri basteranno le prime battute del pilot per scoprirlo. Ma, per nostra fortuna, non sono loro l'unica cosa pregevole che ha da offrire questo show in arrivo anche su Sky per l'inizio di marzo.
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Non è un ghetto rosa
Il libro di Moriarty è quel genere di romanzo spesso catalogato, per scelta di marketing, come "narrativa femminile", perché racconta gli spazi, la quotidianità, la "vita delle donne". E questo nonostante le donne si siano conquistate ormai anche tutti gli altri spazi, dai campi di addestramento militari agli uffici dirigenziali, dagli stadi alle sedi governative (tranne naturalmente la Casa Bianca). Certo, le protagoniste sono madri borghesi che si dedicano per lo più ai figli, non certo giudici o colonnelli o ministre. Il loro è un mondo suburbano di compiti, feste di compleanno, recite, pettegolezzi e piccole rivalità. Un mondo che tradizionalmente appartiene alle donne e che di conseguenza tradizionalmente non appartiene alla letteratura, che non è esattamente uno di quegli spazi conquistati di recente, ma poco ci manca. Ecco, Big Little Lies è un ottimo esempio del potenziale della ricchezza psicologica, della densità tematica, della risonanza emotiva di questo mondo inviolato.
Ma è anche un romanzo molto divertente, con un plot ingegnoso e un'intrigante cornice mystery, tutte caratteristiche che assicurano alla miniserie un taglio accattivante ideale per una cable TV che si è salvata da una preoccupante impasse creativa e d'immagine con The Night Of e Westworld ma che ha ancora bisogno di solide certezze. Kelley, principale sceneggiatore della miniserie, trasporta la storia dai sobborghi costieri di Sidney al nord della California, e si mantiene molto vicino al romanzo sia nello sviluppo narrativo che nei dialoghi, salvo ampliare alcuni elementi del racconto per rendere più giustificata la presenza di interpreti di rango in ruoli che nel libro sono ridotti anche se non esattamente marginali.
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Questa scelta di adattamento si rivela azzeccata perché la struttura del romanzo di Liane Moriarty è perfettamente architettata e calibrata per una rielaborazione televisiva, e perché le sette ore a disposizione permettono agli autori di dare piena giustizia al mondo fisico e interiore di tutte le protagoniste, facendo di Big Little Lies un lungo film a tutti gli effetti. Quello che funziona meno dal punto di vista dell'adattamento è la "cornice" mistery, che nella struttura può ricordare un po' la prima stagione di Damages o anche de Le regole del delitto perfetto: ci sono dei fulminei balzi in avanti nel tempo, che accompagnano il progredire degli eventi fino alla cruciale serata dei quiz alla scuola elementare, durante la quale viene commesso un omicidio in circostanze che restano volutamente oscure. Nel romanzo di Moriarty questo effetto è ottenuto con miglior successo aprendo i vari capitoli con le "dichiarazioni" dei genitori della comunità a un giornalista ficcanaso; nella miniserie vediamo gli stessi personaggi secondari interrogati dalla polizia, e anche brevissimi (e fondamentalmente inutili) scampoli dei movimenti e dell'indagine di una determinata detective; questi elementi con l'avanzare degli episodi risultano sempre più estranei all'azione, senza contribuire granché ad alzare la tensione in vista dell'inevitabile atto finale.
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Cinque su cinque
Abbiamo aperto parlando della lungimiranza di Witherspoon e Kidman nell'individuare due magnifici ruoli che sembrano scritti apposta per loro; non per questo le due dive premio Oscar monopolizzano la storia, e, come detto, l'ampio respiro del racconto permette di non trascurare alcun aspetto dell'intreccio, con qualche complemento al marteriale derivante dal romanzo. Così Big Little Lies finisce per avere non due, non tre, ma cinque prime attrici, tutte nei panni di donne i cui figli frequentano la stessa classe di prima elementare nella scuola pubblica di Monterey. Reese Witherspoon è una delizia nel ruolo della garrula Madeline, amica generosa e donna battagliera e devota alla sua famiglia, vittima però di qualche debolezza e di qualche frustrazione in una fase di allarmanti cambiamenti nella sua vita. A Nicole Kidman tocca probabilmente il ruolo più difficile, perché lontano dalla pagina scritta e in assenza dello stream of consciousness di Celeste, ricca e bellissima ex avvocata, moglie di un asso della finanza (Alexander Skarsgård) e madre di due vivaci gemellini, potrebbero sfuggirci tasselli molto importanti della sua complessa e insidiosa condizione: ma Nicole racconta tutto con le ombre e le luci del suo sguardo, con il suo incredibile corpo niveo e con la voce roca e insinuante, conducendoci spesso in acque inquiete e inesplorate.
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La terza mamma è Shailene Woodley: la più giovane del gruppo, riservata e dimessa madre single, Jane è un pesce fuor d'acqua tra surfisti e power suits, ma ha un segreto, un obiettivo misterioso che la induce a resistere in un ambiente che respinge impietosamente sia lei che il suo piccolo Ziggy. Kelley e Vallée la guidano attraverso disturbanti flashback e laceranti immagini oniriche, e l'attrice venticinquenne, già protagonista della saga di Divergent, non è mai stata più brava e ci fa il cuore in mille pezzi.
Le ultime due protagoniste sono donne che, per ragioni diverse, si trovano in rotta di collisione con Madeline e le sue due amiche. Ha giustamente più spazio rispetto al romanzo la Renata Klein di Laura Dern, un'attrice sublime che buca lo schermo con la sua grinta e la sua eleganza impersonando una donna ambiziosa, formidabile e arrogante, ma rosa dai sensi di colpa nei confronti della figlioletta Amabella che è costretta a trascurare. Completa il quadro la sorpresa del quintetto, Zoë Kravitz, che interpreta la soave nuova moglie dell'ex marito di Maddie e non è solo ammaliante e sensuale, ma con un'unica, incisiva battuta suggerisce il pesante fardello e il fulcro tematico di Big Little Lies.
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We all have baggage.
Donne che guardano l'oceano
Sarà che è così a portata di mano, ma l'oceano infinito e cangiante cattura di continuo l'attenzione delle protagoniste del nostro show, che vediamo spesso assorte a guardarlo sulle terrazze delle loro belle case affacciate sulla spiaggia, o corrergli accanto come fa Jane. Maddie ne parla alla precocissima figlia Chloe come di un enigma da cui è impossibile distogliere lo sguardo per le possibilità che la sua superficie nasconde: cambiamenti, misteri, mostri? Cosa rivelerà l'oceano non ha davvero importanza, perché quel che conta è ciò che finisce per rappresentare in Big Little Lies: il simbolo di una sorte e di una coscienza collettiva attraverso la quale avvengono inspiegabili connessioni, un legame che trascende ogni differenza e ogni acrimonia e che porta inevitabilmente a un fronte comune. Perché questo vivido ritratto delle tensioni e delle meschinità di una comunità suburbana è in realtà soprattutto una storia avvincente e galvanizzante di amicizia e solidarietà femminile.
Jean-Marc Vallée, che, dietro insistenza di Reese Witherspoon, dirige tutti e sette gli episodi contribuendo all'organicità e alla fluidità della miniserie, la racconta con la peculiare sensibilità che gli riconosciamo, facendo proprio il materiale di Moriarty e aggiungendo appena qualche nota erotica estranea al romanzo ma non per questo gratuita. L'ambientazione a Monterey, tra l'altro, è d'ispirazione per il commento musicale: tanti classici rock anni '70 suggeriscono dolci utopie e sogni sfumati, e provateci voi a non emozionarvi a vedere dei bambini di sei anni unirsi al canto delle loro mamme. Provateci voi a non emozionarvi con Big Little Lies.
Movieplayer.it
4.0/5