Prima che Giuseppe Tornatore la scovasse tra i palcoscenici dei teatri di San Pietroburgo, "la sconosciuta" era lei. Esaltata da un ruolo complesso nel torbido film del regista italiano (La sconosciuta), Kseniya Rappoport ha avuto il grande merito di sorprendere tutti per un'intensità magnetica e per la capacità di incarnare diverse sfumature dell'essere donna. La forza e la fragilità, la dignità e il coraggio.
Un'attrice dotata di innegabile carisma, forse uno dei colpi di fulmine cinematografici più clamorosi degli ultimi anni, capace di non farsi sopraffare da quel primo ruolo fondamentale e pesante, scegliendo con intelligenza i film successivi. Per scrollarsi di dosso i detriti del drammatico, Rappoport si destreggia tra tanti generi diversi, dal comico (Italians) al thriller (La doppia ora) sino al film supereroistico (Il ragazzo invisibile). Scelte che ne confermano la maturità artistica e la consapevolezza.
Dalla Russia con Tornatore
Dall'est europeo al sud est italiano, Kseniya Rappoport si racconta al Bif&st 2015 di Bari, in concorso con ben tre pellicole: Il ragazzo invisibile (tra i Lungometraggi), Noi 4 e La foresta di ghiaccio (tre le Opere Prime e Seconde). Solare e divertita, ricorda con imbarazzo i tempi del suo provino con Tornatore: "Mi ha scelta guardando delle foto mentre io ero impegnatissima con dei tour teatrali in Russia. Devo dire che ha avuto molta pazienza con me perché mi ha rincorsa e fortemente voluta". Un impaccio che si fa ancora più evidente quando ammette di non aver mai visto il volto di Tornatore prima del provino, situazione in cui non solo non lo ha riconosciuto ma ha anche improvvisato la conoscenza dell'italiano. "Prima di affrontare il colloquio con lui, ho chiamato una mia amica per farmi dare qualche consiglio sulla lingua, così per tutto il tempo del provino ho risposto alle domande soltanto in tre modi: sì, certo, piacere. E volete sapere quali sono state le quattro domande che mi hanno posto? Eccole: Sai guidare? Giri scene di nudo? Sai cantare? Sei libera per i prossimi quattro mesi? Niente di tutto questo in realtà. Ecco perché durante le riprese Tornatore mi chiamava la bugiarda". Il problema della lingua non è ancora risolto ("vorrei dare il 100% ma ancora non ci riesco") e incide in maniera diversa a seconda dei ruoli e dei generi. "In un film come La sconosciuta l'indecisione linguistica non era un forte vincolo perché mi aiutava a rendere credibile lo spaesamento del personaggio, mentre nelle commedie i tempi comici richiedono improvvisazione, fluidità e io non sono ancora in grado di tenere certi ritmi recitativi".
Lavorare all'italiana
Kseniya Rappoport è nata e cresciuta nel teatro russo e da quella formazione porta con sé una grande etica del lavoro e tanta umiltà. Così, quando il pubblico del Teatro Margherita si alza per porle delle domande, lei risponde mettendosi in piedi, perché le piace guardare negli occhi lo spettatore, stando al suo stesso livello. Una platea italiana che ha sempre sognato sin da bambina, mentre immaginava Cinecittà e guardava tutti i film di Federico Fellini, Franco Zeffirelli e Michelangelo Antonioni. "A dire il vero non mi aspettavo di essere adottata da voi con questa continuità, ma non vi nascondo che vorrei lavorare ancora di più". Poi, interrogata sulle differenze tra il cinema russo e quello nostrano, l'attrice afferma: "In realtà non riesco a vedere delle grandi differenze, perché molto dipende dalla soggettività del singolo regista che dà la sua personale impronta al film. Quello che mi diverte notare è che in Russia si lavora anche per sedici ore di fila, mentre qui in Italia amate fare le pause: il caffè, il pranzo, la boccata d'aria". E proprio parlando di Italia, il clima di leggerezza si interrompe solo per un attimo con una piccola nota polemica rivolta al regista Giovanni Veronesi. "Non auguro a nessuno di vedersi così esclusi dal montaggio finale di un film. Quando ho visto per la prima volta Italians, è stato spiacevole accorgersi che non c'erano tantissime delle scene che avevo girato. Magari, se mi avessero avvisata dei tagli, non ci sarei rimasta male".
Quale futuro
Al di là delle piccole amarezze, l'Italia ha rappresentato una svolta fondamentale per la sua carriera. "Ho adorato la possibilità di confrontarmi con tantissimi attori di talento. E devo dire che ho notato un grande feeling soprattutto con interpreti provenienti dal teatro come Carlo Verdone, Fabrizio Gifuni e Filippo Timi". Dopo il David di Donatello come migliore attrice protagonista (ottenuto per La sconosciuta), anche le esperienze dei festival hanno esercitato un grande fascino: "A Venezia ho indossato una doppia veste: premiata (come migliore attrice in La doppia ora) e giurata. Credo che quei riconoscimenti rappresentino soprattutto la visione di chi sceglie i vincitori e non la personalità del premiato. Ad esempio io non mi riconosco affatto nelle donne misteriose ed enigmatiche che interpreto". In effetti, a ben guardarla, il sorriso solare e l'atteggiamento spigliato tradiscono i suoi personaggi spesso sofferti, soprattutto quando immagina il suo futuro, carica di entusiasmo: "Mi sento pronta a fare un salto ulteriore e ad affrontare anche un'esperienza internazionale, semmai nel cinema americano". Forse le risposte per il prossimo provino le conosce già.