Dite la verità, anche voi siete rimasti folgorati dallo spettacolare inizio della prima puntata di Better Call Saul 6 - Parte 2. Un inizio quasi horror che, oltre a sottolineare l'importanza nevralgica di Kim Wexler (Rhea Seehorn) nell'architettura narrativa, sancisce definitivamente la serie creata da [Vince Gilligan e Peter Gould per AMC come una delle migliori di sempre. Dunque, avviandoci drammaticamente verso il finale, che ovviamente è legato in parte a Breaking Bad, è arrivato il tempo di fare un bilancio, soffermandoci nello specifico su tre elementi chiave che hanno segnato il viaggio e la metamorfosi di Jimmy McGill, magistralmente interpretato da Bob Odenkirk, arrivato alla quarta candidatura Emmy per il ruolo. Un bilancio che passa attraverso quelli che, per noi, sono tre personaggi fondamentali. Naturalmente, sarebbe stato facile inserire in questa top 3 lo stesso Saul, o Kim, oppure l'amato Nacho Varga e il complesso Howard Hamlin, per questo ci siamo concentrati - in ordine più o meno sparso - su quelli che, più di tutti, hanno plasmato il Saul Goodman che conosciamo.
Chuck McGill, l'ossessione
Pazzia o lucida follia? Amore fraterno o invida? Rabbia repressa o gratuita cattiveria? Charles "Chuck" Lindbergh McGill Jr., interpretato da Michael McKean, nonché fratello maggiore di Saul, è quello che più di tutti ha lasciato un solco in Better Call Saul, diventando in tre stagioni un villain irregolare e incredibilmente strutturato. Odioso, rancoroso, borioso. Avvocato e fondatore della HHM che ha sempre ghettizzato suo fratello, rimproverandogli una pigrizia solo apparente. Già perché Chuck avrebbe voluto, in fondo, essere come Jimmy, e proprio per questo si è rinchiuso dietro una coltre di meschinità, enfatizzata dal suo discutibile disturbo: ipersensibilità elettromagnetica. Nonostante tutto, Jimmy non ha smesso di amarlo e di stimarlo, provando per lui un sentimento puro, che collima con lo spudorato odio degli spettatori. Un cattivo anticonvenzionale, quello che ha idealmente creato Saul Goodman.
Better Call Saul 6, la recensione dei primi episodi: L'inizio della fine
Lalo Salamanca, il serpente
Appena compare nella stagione 4, Eduardo "Lalo" Salamanca, con il volto di Tony Dalton, sembrava quasi fosse una meteora, una comparsa destinata a sparire presto per lasciare il palco a Gus Fring o allo "Tio" Hector. Eppure. Eppure Lalo è l'emblema di Better Call Saul, il male che infetta e si insinua, colui capace di rubare la scena, di confondere lo spettatore come fosse un incantatore di serpenti. Eppure, Lalo, furbo, scaltro, spietato, è il serpente a sonagli, quello talmente arguto da avvisarti quando sta per sferrare l'attacco mortale. Dall'altra parte, possiede un fascino innegabile, e la sua cattiveria non si ferma al puro "male". Lalo va oltre, è un cacciatore meticoloso ed esplosivo, sfumato da un retrogusto dolente. Una scena, su tutte: il finale della quinta stagione. La strage della sua famiglia e la sua voglia di vendetta accompagnata dai tuoni di un distruttivo temporale.
Better Call Saul: tutte le citazioni di Breaking Bad
Mike Ehrmantraut, la profondità
Non potevamo non citarlo. Non potevamo non amarlo. L'apparenza che inganna, l'uomo e la maschera, il tizio silenzioso che si destreggia in un mondo di mezzo, tra illegalità e affetti. Mike, ossia Jonathan Banks, tormentato dalle colpe per non aver potuto salvare Nacho, si scontra costantemente con il giusto e lo sbagliato. Leale (troppo?) verso Gus, quasi paterno verso Jimmy, grazie a Better Call Saul comprendiamo meglio il suo reale pensiero, la sua marcata profondità. Un personaggio che, a modo suo, tiene in piedi l'intero racconto, entrando in ogni colpo di scena e in ogni svolta. Perché poi una grande serie mette sullo stesso piano protagonisti e comprimari, capaci insieme di formare un coro di voci perfette e nevralgiche. E sì, Mike Ehrmantraut, con lo sguardo triste e l'anima a pezzi, è ciò che vorremmo essere, colui che vorremmo come vicino di casa.