Era abbastanza palese che non ci fosse più differenza tra cinema e serialità, e per avvalorale questa tanto discussa tesi c'è un altro grande esempio, arrivato da una delle migliori serie televisive della storia. Senza girarci troppo intorno, l'episodio 10 di Better Call Saul 6 è puro cinema. Anche chi non conosce la storia di Saul Goodman aka Jimmy McGill può tirare e rintracciare i fili della storia, apprezzando una puntata (quasi) autoconclusiva, che spiega perfettamente le linee caratteriali di un personaggio leggendario. Non è un caso che la puntata in questione, stracolma di dettagli, sia ambientata in quella terra di mezzo che abbiamo visto solo negli incipit dei primi episodi delle rispettive e precendenti stagioni. In Nippy, questo il titolo della 6x10, siamo nel famoso centro commerciale di Omaha, Nebraska, e Jimmy conduce la sua vita come il baffuto e silenzioso Gene Takavic, commesso di Cinnabon. Per la prima volta, dunque, l'emblematico bianco e nero che rappresenta il tempo transitorio di Jimmy prende possesso dello show, e parallelamente - colpo di genio - rende la serie ideata da Vince Gilligan e Peter Gould qualcosa di ancora nuovo e ancora rivelatorio. Come? Semplice, la puntata in questione non è solo cinema puro, ma riprende la poetica dei Fratelli Coen.
Chiedi chi era Gene Takavic
Avete capito bene: 52 minuti scritti da Alison Tatlock e diretti da Michelle MacLaren, nel quale ritroviamo l'umorismo nero e l'approccio scenico di Joel ed Ethan Coen. Era lampante che gli autori di Fargo fossero un punto di riferimento fin dalla prima puntata, ma ora ecco arrivata la totale dichiarazione d'amore. Una concezione narrativa a dir poco meravigliosa, che pare non portare da nessuna parte ma che, invece, rivela in modo puntuale la natura camaleontica di Jimmy. Ci siamo sempre chiesti che vita conducesse nei panni di Gene Takavic, perché fosse così schivo, preoccupato, perché avesse perso la spavalderia che lo contraddistingue. Gene, per Jimmy / Saul, è una via d'uscita, una sorta di letargo, la quiete obbligata prima e dopo la tempesta. E lo capiamo grazie allo script dell'episodio, che gira attorno a un furto: Jimmy si fa amico gli agenti della sicurezza del centro commerciale, mentre escogita un piano, rubare capi griffati da uno dei negozi dello shopping center. Jimmy è la mente (ovvio), e il braccio è invece Jeffie (Pat Healy) - figlio dell'adorabile vecchina Marion (interpretata da un'icona come Carol Burnett - che ha riconosciuto Saul avendo anch'esso un trascorso ad Albuquerque.
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Il bianco e nero, oltre il senso estetico
In Nippy, dunque, rintracciamo le influenze di Fargo, di Barton Fink - È successo a Hollywood e de L'uomo che non c'era; comprendiamo poi perché la scelta cromatica del bianco e nero non sia solo un vezzo estetico, e finiamo per perderci in una digressione funzionale ed efficace, che dimostra quanto il prequel di Better Call Saul sia un romanzo da leggere lentamente e attentamente, in modo da cogliere ogni dettaglio, in sincrono con un'evoluzione che continua a riservare innumerevoli folgorazioni. Per questo la scelta cromatica spiega una sorta di sospensione temporale: i colori non ci sono perché il purgatorio non ha definizione né dimensione. Di conseguenza, ogni colore è sospeso, annullato. Dall'altra parte, la 6x10 di Better Call Saul ha enfatizzato uno degli aspetti peggiori della platea. Già perché dopo la messa in onda su AMC (come sapete in Italia è in streaming su Netflix), gli spettatori si sono divisi, tra chi ha sottolineato la genialità del plot e chi, loro malgrado e con una visione fin troppo superficiale, non è riuscito a capire l'importanza di quello che è uno dei segmenti più esplicativi dello show. Il punto, infatti, è che il grande pubblico vorrebbe "il tutto e il subito", non capendo che dietro un episodio come questo c'è invece il senso compiuto e rivoluzionario di Jimmy McGill. Oltre ad un altissimo senso cinematografico.
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