La corona ti aspetta, se avrai il coraggio di portarla
Se c'è un titolo seriale che ha fatto discutere negli ultimi 12 mesi e più - ovvero da quando è stato annunciato per la prima volta il progetto - questo è sicuramente Bel-Air, remake in chiave drammatica della celeberrima sitcom anni '90 che fece diventare famoso in tutto il mondo Will Smith. Un esperimento che non si vede solitamente e che ora è arrivato in Italia come titolo di punta di Peacock, la piattaforma NBCUniversal i cui contenuti sbarcano da noi all'interno di Sky e NOW dal 15 febbraio. Si tratta di un esperimento riuscito? Scopriamolo insieme in questa recensione dei primi episodi di Bel-Air.
Trovare le rime giuste
Quando si parla di black culture è inevitabile che la storia vada a braccetto con il rap, espressione di quella stessa cultura, come accade ad esempio in Atlanta. Bel-Air non fa eccezione ma invece dello scanzonato motivetto che abbiamo imparato tutti a memoria negli anni '90 (chi dice di no mente sapendo di mentire) qui ci troviamo di fronte a una musica drammatica e di denuncia proprio come lo spirito con cui è nata la serie, da un corto pubblicato su YouTube realizzato da Morgan Cooper, un fan che si immaginava una versione non più comica di Willy, Il Principe di Bel Air. Lo stesso Will Smith si è così interessato al progetto che ha deciso di produrlo, e di coinvolgere i creatori della serie originale Andy e Susan Borowitz. Questo soprattutto perché la storia, se ci riflettiamo un attimo a mente fredda, si prestava facilmente a una rilettura in chiave drama: pregiudizi razziali e sociali nella storia di un ragazzo "problematico" di West Philadelphia che, dopo un brutto incontro con un giovane gangster del luogo, viene spedito seduta stante dalla madre single a Los Angeles, precisamente nella Bel-Air del titolo, dallo zio ricco e avvocato con moglie, figli e maggiordomo al seguito, per avere una seconda chance e soprattutto per sfuggire a morte certa in quel di Philly.
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Da sitcom a teen drama
Questo è il pretesto che fa da incipit al racconto che da subito, sull'onda di The O.C. mette in chiaro il divario sociale e culturale che esiste fra i due mondi della vita di Will (un giovane e convincente Jabari Banks), che si ritrova diviso fra due universi e che deve trovare la propria identità sul finire dell'adolescenza, quindi nel periodo in cui si costruisce chi siamo e soprattutto chi vogliamo essere da adulti, in un luogo che non sente gli appartenga, e in cui non tutti lo accolgono a braccia aperte.
È questa la principale differenza insieme al tono del racconto, che fin da un disclaimer iniziale mette in chiaro come qui non ci sarà un pubblico dal vivo a ridere di gusto e quattro telecamere fisse, bensì scene e tematiche forti, un background raccontato il più possibile senza peli sulla lingua e una regia dinamica a seguire la vita dei personaggi. Forse nell'essere "estremo" non riesce totalmente, così come eccede nella patinatura dei personaggi - emblematico in tal senso è il nuovo Jeffrey interpretato da Jimmy Akingbola - ma sicuramente sfrutta al massimo il potenziale drammatico del racconto. È così che sono soprattutto gli uomini della famiglia Banks - forse perché più territoriali come sottolinea zia Vivian (Cassandra Freeman) - a non accoglierlo a braccia aperte: gli autori hanno deciso di trasformare la simpatica rivalità con Carlton della sitcom originale in una vera e propria diffidenza reciproca, dovuta non solo al divario sociale ed economico ma soprattutto al passato di entrambi, che si promette ricco di sorprese e di misteri da svelare, accrescendo quindi la componente drammatica della narrazione. Anche il nuovo Zio Phil (Adrian Holmes), candidatosi a procuratore distrettuale, è molto perplesso nel mettersi in casa un "teppistello" nel pieno di una campagna politica, e strizza l'occhio all'attualità e modernizza il racconto con questa mossa narrativa, così come il successo social di Hilary (Coco Jones), giovane influencer in erba.
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La famiglia è tutto ciò che ci rimane
Questo posto cercherà di cambiarti. Tu non permetterglielo. Adattati. È la vita
Bel-Air dimentica quindi il tono scherzoso e punta piuttosto ad un incrocio tra teen drama e family drama, in cui entrambe le componenti sono importanti, perché come ricorda sempre Zia Vivian ad uno spaesato Will: "La famiglia è tutto ciò che ci resta, soprattutto per chi come te ha una seconda possibilità". Will ricorda un Ryan Atwood nero, con meno battute a effetto ma con la stessa carica e rabbia da smaltire verso la vita. Non manca la tematica razziale, messa sul fuoco fin da subito attraverso i compagni bianchi ed elitari di Carlton - tra cui figura un inquietante Tyler Barnhardt dopo averlo visto totalmente opposto in Tredici - e l'uso improprio della parola "negro". Col tempo sicuramente Will imparerà dalla famiglia Banks e viceversa, e non mancherà di tornare in auge il passato del protagonista a Philadelphia perché, si sa, i gangster non perdonano e non dimenticano. Chissà che non vengano a chiedere la sua corona, in un gioco meta televisivo che punta più sul Re che sul Principe, ma da questi primi episodi possiamo dirci decisamente più incuriositi che perplessi. Ma poi chi l'ha detto che ci deve essere un solo Principe a Bel-Air?
Conclusioni
Chiudiamo la nostra recensione dei primi episodi di Bel-Air felici che la serie abbia saputo prendere un cult di genere e reinventarlo in una nuova chiave narrativa sfruttandone appieno i contenuti e le potenziali tematiche. Divario sociale, bullismo, razzismo, social influencing e politica sono solo alcune delle riflessioni già sciorinate in queste prime puntate, e il passato dei personaggi tornerà sicuramente a bussare insistentemente alla porta di casa Banks. Siamo più incuriositi che perplessi di cosa accadrà quando apriremo la porta, e questo è già un ottimo traguardo.
Perché ci piace
- La storia si presta alla nuova rilettura ed è stata ben adattata per fornire nuove tematiche e nuovi argomenti al racconto.
- Lo scontro accentuato fra i personaggi che ricorda la dimensione drammatica del racconto.
Cosa non va
- L’eccessiva “patinatura” del cast e della storia raccontata.
- Bisogna riuscire a superare la trasformazione sostanziale del serial originale, ma se ci si riesce si possono scoprire degli spunti interessanti.