"Batman". Basta solo pronunciare questa parola per essere invasi da una fitta tormenta di immagini, suoni, volti, colori, scene, frasi, pagine, baloon. Come essere avvolti da uno stormo di pipistrelli impazziti. Perché Batman è tante cose, solido eppure etereo, granitico e allo stesso tempo astratto. Batman è il nome di un personaggio mitico, scolpito nella storia dell'intrattenimento contemporaneo, è la maschera adottata dall'immaginario per dare forma ad un eroe accessibile, un personaggio credibile in cui convivono il desiderio di straordinario e i limiti dell'individuo (la paura, i traumi, la rabbia, la solitudine). Il tutto dentro una città pulsante e corrotta come Gotham City, che non si accontenta certo di essere un semplice sfondo, ma si trasforma in un personaggio vivo, in qualcosa da proteggere, in qualcuno capace persino di deludere sino allo sconforto.
Il personaggio creato da Bob Kane porta su di sé una complessità troppo interessante da esplorare per non farne un (s)oggetto cinematografico. E così, Batman viene adottato anche dalla settima arte, preso in prestito dalla nona per conoscere ancora una volta le sfumature oscure di Bruce Wayne, scisso tra simbolo e personaggio pubblico, doveri e dubbi morali. Il Cavaliere Oscuro proietta per la prima volta il suo Bat-Segnale sul grande schermo negli Ottanta e da allora quella luce è stata intermittente, ha brillato e poi si è offuscata, salvo poi splendere ancora una volta. Sì, perché l'Uomo Pipistrello è l'unico supereroe ad aver attraversato il tempo con costanza, vantando almeno un'incarnazione cinematografica in ognuno degli ultimi quattro decenni. Un primato raggiunto grazie alla sua intricata personalità, in grado di ispirare tante visioni, persino contraddittorie, coincise con diversi generi. Ci siamo seduti in platea per il Batman teatrale e gotico di Tim Burton, assistito al circo sgraziato di Joel Schumacher, affrontato la paura e analizzato il valore di un simbolo eroico assieme a Christopher Nolan.
Il vigilante di Gotham ha volteggiato con grazia e fragore tra opere d'autore e pellicole commerciali, arrivando oggi nelle mani di Zack Snyder, un regista da sempre affascinato dalla figura eroica, sia essa mitizzata (300) o messa in discussione (Watchmen). Il suo è il sesto Batman della storia del cinema e risponde al volto segnato e al corpo imbolsito di Ben Affleck, troppo prematuramente denigrato e marchiato da frettolosi pregiudizi. Batman v Superman: Dawn of Justice segna l'alba del DC Cinematic Universe, ma per adesso non vogliamo ancora parlare di uomini divini e donne eccezionali. Adam West ci perdonerà se ci limitiamo solo a citarlo, sorvolando la sua ingenua, prima incarnazione cinematografica del 1966 (Batman). Qui vogliamo restare nell'ombra a parlare di uomini pipistrello, dando i voti agli attori che hanno avuto la responsabilità di vestire il mantello di Batman e il profondo malessere di Bruce Wayne. Per capire chi è rimasto a terra, chi è caduto dentro pozzi oscuri e chi ha avuto la forza di rimettersi in piedi.
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Michael Keaton (1989 - 1992)
Scritturato tra non poche perplessità, Michael Keaton è stato una delle tante intuizioni felici in quella scommessa poi vinta che fu Batman, affidato al talento ancora acerbo ma già fulgido di Tim Burton. La prima concretizzazione filmica del Cavaliere Oscuro è al servizio di una visione autoriale, da sempre e per sempre interessata al tema del diverso e alla difficile accettazione di tutto ciò che risulta eccezione alla norma socialmente accettabile. Quindi Burton usa Batman per parlare di ciò che più gli sta a cuore e scrive due fiabe gotiche dallo stile teatrale, enfatizzate da personaggi che sembrano muoversi su un palco prestato al cinema. Sullo sfondo c'è una Gotham City oscura, a tratti distopica, dominata dai grattacieli del potere e del consumismo. Al centro di tutto però ci sono i nemici, gli emarginati, i folli e gli alienati e Batman risulta perfettamente marginale, in disparte per guardare tutto e tutti dalla giusta distanza.
Bruce Wayne (Voto: 7 ½)
Il volto di Keaton concilia alla perfezione il benessere dell'agio, l'altezzosa aria da miliardario e lo sguardo spesso pensieroso. Il suo Wayne è elegante, adora camminare con le mani in tasca, seguito dalle amorevoli attenzioni di Alfred, ma la sua espressione appare spesso altrove, accentuata dalle sopracciglia arcuate, come se un pensiero laterale gli impedisse una vita normale. E così è. Lo sappiamo bene.
Batman (Voto: 8)
Un costume nero e lucido come il petrolio su cui si stagliano lampanti accenni di giallo, mentre le rughe d'espressione intorno alla bocca sono quasi una firma distintiva. Il suo Batman sembra confondersi con i gargoyle che sorvegliano Gotham, in simbiosi con l'ambiente dark e con una tecnologia necessaria e immancabile in ogni missione.
Le sue movenze sono teatrali ed eclatanti (pensiamo alla prima entrata in scena con l'apertura del mantello) e il timbro di voce roco, graffiato, ma senza mai risultare forzato.
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Val Kilmer (1995)
Quando qualcosa inizia con un "no", anche il sedile della super tecnologica Batmobile inizia a scricchiolare. Keaton legge la sceneggiatura e la ritiene scarsa e nemmeno 14 milioni di dollari lo convincono a indossare ancora una volta il mantello. Così la scelta ricade su Val Kilmer e, con Tim Burton solo produttore, ha inizio la sfortunata "era Schumacher", coincisa con un'evidente virata verso un cinema di puro intrattenimento spensierato, colorato, senza alcun approfondimento psicologico o emotivo. La sensazione, poi confermata da un pentito ma onesto Schumacher, è quella di un cartone animato girato in live action, il che potrebbe anche risultare un'offesa per il mondo dell'animazione. Gotham City si trasforma in un grande magazzino, dove manichini vestiti da buoni e cattivi saltano e si rincorrono. Almeno il puro svago c'è, assieme a buoni incassi e tre nomination gli Oscar. Perché il peggio deve ancora venire.
Bruce Wayne (Voto: 5 ½)
Sentiamo di difendere in qualche modo Val Kilmer, un attore che fa quel che può e non ha molte colpe, ma solo la sfortuna di essere arrivato nel momento sbagliato, quando il franchise inizia a prendere una china preoccupante. Le labbra carnose di Kilmer sono l'unico punto di contatto con il compianto Keaton su un Bruce Wayne con meno sfaccettature, qui dall'aria molto risoluta e seriosa. Il film va di corsa e non permette soste sui volti, così il signor Bruce si muove spaesato in una città di cui non sembra essere abitante.
Batman (Voto: 6)
Il costume sembra seguire la moda anni Novanta per il vestiario in pelle, le orecchie sono ancora lunghe e assai affilate, ma questo Batman passerà alla storia per l'imperdonabile presenza di improbabili capezzoli. La caratterizzazione vocale è meno marcata e più naturale che in passato, risultando semplicemente impostata. A rendere l'effetto finale più che cartoonesco sono soprattutto le scene di vestizione, che ricordano molto da vicino quelle degli anime giapponesi. Il Cavaliere Oscuro sta volando sempre più lontano da se stesso e quel titolo, Batman Forver, che al tempo poteva anche sembrare una promessa, oggi ci appare come una minaccia.
George Clooney (1997)
Se Batman Forever è stata "sfortuna", Batman & Robin è pura sciagura. Il negozio di giocattoli non è più una metafora, ma un'esigenza palese della produzione che spinge Schumacher a fabbricare una serie di pupazzi vuoti, buoni solo per il merchandising. Il titolo almeno è onesto, è un marchio, la dichiarazione di intenti di un film che è pura vetrina. Bistrattato dalla critica e ricordato con misto di orrore e tenerezza, Batman & Robin è una parata circense, dove a farla da padroni sono soprattutto dei nemici sciatti, più che grotteschi, talmente ridicoli, da strappare persino una risata (Bane su tutti). A pagarne le spese sono soprattutto i giovani Chris O'Donnell e Alicia Silverstone. La loro carriera non dimenticherà né Robin, né Batgirl.
Bruce Wayne (Voto: 4)
Il mea culpa è stata una costante dell'era Schumacher. Anche George Clooney, da uomo intelligente e capace qual è, ha ammesso di aver di fatto affossato il brand e la colpa è stata anche sua, figlia della poca accortezza avuta davanti ad uno script che non nascondeva tutte le sue falle. Il suo Bruce Wayne è riuscito nell'impresa di privare Clooney persino dello storico fascino, risultando un personaggio svuotato di qualsiasi valore, senza nulla da dire al di fuori di qualche placido sorrisino.
Batman (Voto: 4)
Quando il Batman di Adam West non è più un ricordo, ma si trasforma in un esempio, iniziano dei problemi alquanto seri. Il Batman di Clooney, con tanto di improvvisi zoom sui primi piani e battutine incolori, scivola, svolazza, guida Batmobili che ridefiniscono il concetto di sobrietà. Ah, se lo avete rimosso, sappiate che i capezzoli ci sono ancora. Per lo meno avrà il buon senso di cambiare il costume verso la fine del film, optando per un'aggraziata versione cromata...
Christian Bale (2005 - 2012)
Sette anni per dimenticare, sette anni per ripensare un personaggio e "insegnargli a rimettersi in piedi". Il regista-mentore si chiama Christopher Nolan, l'uomo chiamato a conoscere e dominare i propri buchi neri è Christian Bale. Così Batman ritorna sotto l'ala protettiva di una scrittura autoriale, con una trilogia che non ha fame di incassi e bisogno di numeri crescenti, ma ha persino il coraggio di togliere "Batman" dal titolo. L'obiettivo è un altro, ovvero decostruire la figura dell'eroe sin dalle fondamenta, analizzarla attraverso la lente della paura e collocarla nel mondo contemporaneo come esempio etico e come figura politica. Ogni suo nemico è una nemesi sensata, una tappa obbligatoria nell'ottica di una consapevolezza umana da costruire con sacrificio e sofferenza. Nella psiche, come nel corpo. Il cavaliere oscuro è il cinecomic di cui avevamo bisogno e, forse, anche quello che meritavamo.
Bruce Wayne (Voto: 9)
Dalla rabbia avventata della giovinezza al ritiro solitario. Dall'addestramento fisico allo sconforto mentale, sfociato nel senso di colpa. Il Bruce Wayne di Bale, avvantaggiato dal numero (e della qualità) di pellicole a lui dedicate, ha gran classe ed è senza dubbio il migliore visto sul grande schermo, analizzato nella morale e persino nei compromessi contradditori di cui si scopre capace. Nonostante la giovane età a questo Bruce la parte del giovane rampollo benestante non riesce affatto bene, perché il viso spigoloso e lo sguardo tagliente di Bale ne fanno emergere sempre e comunque la profonda inquietudine. Sino a quel liberatorio sorriso finale, diretto negli occhi di Alfred, amorevole sino all'ultimo.
Batman (Voto: 8 ½)
"Per vincere la paura devi diventare paura". E così è, così succede. Il Batman di Bale non è affatto predominante, ma sfuggente, e ogni sua entrata in scena si fa attendere senza mai deludere. Da buon maestro delle tenebre, questo Cavaliere Oscuro sfrutta il buio e soprattutto la materia grigia. L'utilizzo di qualsiasi strumento tecnologico (armi, parti del costume, veicoli) ci viene spiegato e motivato, in nome di quel realismo che ha fatto storcere il naso a molti fan del fumetto. Le scene d'azione, per quanto rimangano il punto debole di Nolan, ci restiuiscono un eroe che dosa irruenza e sagacia.
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Ben Affleck (2016 - )
Nonostante parta con l'handicap di non avere un film tutto per sè, il Batman di Ben Affleck è di gran lunga l'aspetto migliore di un film confuso, a volte troppo denso, altre troppo sfilacciato, come Batman v Superman: Dawn of Justice. I bellissimi titoli di testa, che tanto ricordano quelli di Watchmen per capacità di enfasi e di sintesi, e la parte iniziale del film bastano a spiegare il covo di rancore che si è sostituito al cuore di Bruce Wayne. "La rabbia rende gli uomini buoni crudeli", suggerisce un collaborativo Alfred, ed è questo quello che è successo ad un uomo traumatizzato e deluso dalla vita. Nonostante non sia l'uomo di mezza età visto nel fumetto Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller, Snyder ne riprende la brutalità e i metodi estremi. Ma per salvare e reggere un film pesante come questo, la buona volontà di uomo non basta.
Bruce Wayne (Voto: 8)
Le tempie sfiorate dai capelli bianchi, le rughe che disegnano un volto rigido e severo, e poi lo sguardo, stracolmo di apatia e disillusione. Occhi che poi si infervorano poco per volta sino per punire in maniera preventiva una minaccia troppo grande come quella di Superman. Ben Affleck si scrolla di dosso ogni critica grazie ad una credibilità per niente forzata e una recitazione misurata, favorita anche dai suoi lineamenti perfettamente in linea con l'iconografia del personaggio.
Batman (Voto: 9)
Se il Batman di Bale era affilato, il suo è tozzo, veemente, degna controparte della versione fumettistica. Fedele alle tavole del Cavaliere Oscuro grazie a due costumi riusciti, questo Batman ha una presenza scenica imponente e carismatica sin dalla prima inquadratura. L'aspetto migliore del film èla capacità di riversare nel suo stile di combattimento il carattere stesso del personaggio. E, almeno nelle sequenze che lo vedono in scena da solo, lontano dalla confusionaria distruzione corale, l'azione racconta. Narra di un uomo che ha perso di vista i suoi stessi principi, arrabbiato con un mondo che troppe volte lo ha deluso sino a cambiare "la tela" della sua celebre firma. Il simbolo di Batman non illumina più il cielo, ma rimane impresso a fuoco sulla pelle di chi merita di essere punito.
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Batman - The Lego Movie
Dite la verità: non ve l'aspettavate. Ed invece ecco qui la nostra guest star, un piccolo, grande intruso in queste pagelle. Non potevamo chiudere la carrellata senza citare questo Batman che sicuramente si sarebbe offeso di una nostra eventuale mancanza. Apparso per la prima volta nel "meraviglioso" The Lego Movie, film incredibilmente snobbato dall'Academy, il minuscolo Batman giallognolo è esilarante, con un ego abnorme e una passione maniacale per i suoi gadget assurdi. Un personaggio talmente obnubilato da se stesso da scrivere canzoni autoreferenziali cantate avendo impresso in faccia un perenne sorriso sornione. Per fortuna a febbraio del 2017 uscirà un film tutto su di lui. E noi stiamo già mangiando mattoncini a forma di pop corn.
Voto: 10 (sulla fiducia)