Non ha certo bisogno di presentazioni Barry Jossen, vicepresidente della ABC. Ma forse non tutti sanno che la sua carriera iniziata più di vent'anni fa, include collaborazioni illustri, come quelle a Sex and the City e My So-Called Life, e perfino un Oscar, ottenuto nel 1996 per il miglior corto. Jossen ha una personalità da mattatore, come ha dimostrato durante la Masterclass tenuta in questa quarta edizione del Roma Fiction Fest in cui, oltre ad illustrare il processo creativo e produttivo che fa capo ad ogni fiction di successo, ha tenuto viva l'attenzione del pubblico con simpatia, e mostrandosi entusiasta dell'assegnazione del RomaFictionFest Award for Industry Excellence alla stessa ABC. Se già a parecchie produzioni ABC, così come a tanti protagonisti delle loro serie di maggior successo, erano stati tributati onori e premi di ogni genere, questa è la prima volta in cui merito artistico è riconosciuto alla casa di produzione tutta.
Un successo che Jossen attribuisce alla passione e alla volontà di innovare con cui la ABC si approccia ad ogni nuova stagione televisiva. Il primo step della produzione è ovviamente il processo di sviluppo della storia, durante il quale si esaminano le idee nuove arrivate da autori e produttori nel corso dell'anno. E' la fase del pitching, ovvero dell'abbozzo di personaggi, ambientazioni e struttura degli episodi, che tipicamente avviene proprio in questo periodo dell'anno: tra luglio e settembre si mettono in cantiere le produzioni che andranno in onda nell'autunno dell'anno successivo. Quello che guida gli interpreti di questa fase è l'amore nei confronti della televisione, e la volontà che lo spettatore si innamori delle sue grandi storie, come ha già dimostrato di saper fare con Grey's Anatomy, Desperate Housewives, Criminal Minds e più di tutti Lost. Se il pensiero che guida lo sviluppo di una storia è definito da Jossen "esoterico, difficile da confinare, praticamente senza regole", è invece con grande razionalità che si devono studiare la coerenza di dialoghi e ambientazioni, e il potenziale di empatia che i personaggi potranno avere sul grande pubblico. Non è un caso se i protagonisti più amati dagli spettatori siano quelli dall'animo più profondo, dalla personalità più sfaccettata e complessa: un Jack, un Sawyer, una Gabrielle, una Bree. "Alla ABC la cosa più importante è la profondità: possiamo avere la storia A, la storia B, la storia C e così via, che si sviluppano tutte nello stesso tempo, possiamo avere tante storie individuali che si intrecciano. Ma vogliamo sempre stimolare le emozioni autentiche, far vivere allo spettatore storie che anch'egli potrebbe vivere, in cui identificarsi" afferma Jossen. E questo è possibile rimanendo profondamente ancorati nella contemporaneità. Una contemporaneità che proprio la ABC ha contribuito a plasmare nei suoi canoni estetici e nei suoi meccanismi di contatto con il pubblico. Prima di entrare alla ABC, Jossen ha collaborato alla produzione di 24, e ricorda con ironia la diffidenza che i broadcaster avevano riservato alla serie. 24 per prima ha cambiato l'impostazione della serializzazione: ogni episodio non aveva infatti un inizio e una fine ben definiti, e per capirne in pieno la trama bisognava seguire l'intera stagione. "Ricordo che quando abbiamo letto la sceneggiatura del pilot abbiamo pensato: bellissimo, ma non lo faremo mai! Poi l'abbiamo fatto, l'abbiamo visto e abbiamo pensato: bellissimo, ma non ce lo faranno mai mandare in onda! Poi l'abbiamo mandato in onda, e abbiamo pensato: wow, peccato che non riusciremo mai a farne una serie! E invece guardate com'è finita!" ha scherzato Jossen. Ma sono Desperate Housewives e Lost che, a suo parere, hanno modificato ancor più radicalmente il concetto di serie tv contemporanea: le casalinghe di Wisteria Lane hanno infatti segnato il ritorno della soap opera al prime time, una ventina d'anni dopo Dynasty e Dallas, riprendendosi la propria rilevanza all'interno della cultura pop, mentre Lost ha segnato l'inizio dei "film da tv". Un'epica storia su grande scala, capace di creare personaggi e straordinari come veri e propri miti, ha segnato il cambiamento tecnologico e sociale per cui le serie non sono più solo show, ma centri di discussione per la comunità. E questo è stato possibile grazie alla cura maniacale di ogni aspetto, proprio come avviene per le pellicole del grande schermo: Lost si è configurata in ogni aspetto superiore alle altre serie al suo esordio, e ha stimolato un re-setting del genere. Ma che cos'è la qualità? Per Jossen essa deve derivare dall'eccellenza di tre elementi: fotografia, sonoro e storia. Per quel che riguarda la fotografia, non si può prescindere da una buona base tecnologica, ovvero lenti di ottima qualità, e cura maniacale nella preparazione del set. Ma ciò che più di tutto contribuisce alla resa visiva di una serie è la coerenza dei personaggi che la animano, da realizzarsi anche grazie al loro guardaroba. Ad ognuno dei personaggi corrisponde un determinato schema di colori che, oltre ad accordarsi con la sua personalità, è facilmente riconoscibile a livello subliminale dallo spettatore, e lo aiuta a seguire le evoluzioni dei protagonisti e il loro movimento all'interno delle scene. Il motto insomma è: "non pensare, ma godersela!". A proposito di set, un esempio lampante è quello di Ugly Betty: la storia ruota intorno ad una ragazza che, nonostante le difficoltà di ceto e aspetto, vuole realizzare i propri sogni di successo grazie alla sua fiducia in se stessa. Andando contro alla regola implicita della televisione, che vuole ambienti profondi e stretti in cui i movimenti di macchina risultino più semplici da realizzare, i set sono sempre molto grandi, pieni di gente e di attività, in modo da rispecchiare il mondo vivo e ricco di possibilità in cui si trova la protagonista. Lost è stato molto più semplice da rendere accattivante alla vista, grazie alla splendida ambientazione esotica scelta per la serie, da cui gli autori hanno cercato di trarre tutti i vantaggi possibili. Un altro elemento che contribuisce a rendere più coinvolgente e accattivante l'esperienza visiva è l'ampiezza delle immagini: il pilot di Grey's Anatomy offre un esempio chiarificatore di questa esigenza, considerato che, per ricreare uno spettacolare scontro fra traghetti, è stato utilizzato il più grande green screen mai realizzato per una produzione televisiva, necessario a implementare la ricostruzione digitale del disastro. Una serie di buona qualità non può prescindere dalla cura del reparto sonoro, ovvero di dialoghi, musica ed effetti. Il suono aggiunge energia ed emozioni all'ambiente, completando l'esperienza visiva. In questo senso è importantissima la creazione di un'identità musicale: "quante volte abbiamo la tv accesa in un'altra stanza e riconosciamo un programma che ci piace solo sentendone la sigla?" chiede Jossen. Per questo si è posta tanta attenzione nello studio dei temi musicali di Grey's Anatomy, Desperate Housewives, Lost. Normalmente la musica utilizzata nelle produzioni televisive è composta in uno studio di registrazione utilizzando il computer. Ma, se la tecnologia è uno strumento ormai indispensabile, non è detto che debba costituire l'unica scelta: ad esempio per esaltare le inquadrature larghissime di Lost era necessaria una musica più piena, realizzata da veri musicisti con veri strumenti.La storia costituisce infine la perfetta integrazione tra gli elementi della fiction. La scrittura fornisce i dialoghi, l'azione, il ritmo: ad essa è demandato l'impatto drammatico della storia e, in definitiva, la sua riuscita. Ciò che sopra tutto è da evitare è che il pubblico si annoi. "Tutti noi possediamo un telecomando, e sarà capitato mille volte di cambiare canale quasi inconsciamente, perché ciò che stavamo vedendo non ci coinvolgeva, non ci comunicava alcuna emozione": per Jossen il segreto è proprio quello di stimolare continuamente il pubblico, di farlo precipitare all'interno della vicenda, e di stimolare la sua immaginazione, su quanto può ancora accadere e sulle scelte che lui stesso avrebbe preso, se fosse stato il protagonista di quel che vede.
Fare uno show è sempre una sfida, secondo Jossen, ed è una sfida anche economica: "Alla ABC abbiamo 200 dipendenti fissi, in questo momento abbiamo 20 serie in produzione, in ognuna delle quali lavorano circa 250 persone. In totale sono 5000 stipendi, e vogliamo che tutto sia strepitoso, ma è necessario tenere anche sotto controllo i costi". In questo senso è utile sfruttare alcuni incentivi alla produzione, denominati "tax credits": scegliendo di girare in un determinate località è possibile ottenere degli sgravi fiscali. E' qui che entra in gioco la tecnica del virtual backlot, che permette di ricreare digitalmente ambientazioni che non sono quelle in cui vengono filmate le parti in live action. Ugly Betty ne è un esempio principe: ambientata unicamente a New York, è stata però girata a Los Angeles, e nessuno degli attori ha mai messo piede fuori dai teatri di posa. Ma il backlot può essere anche non virtuale: è il caso di Roma, girato negli studi di Cinecittà facendo uso anche di scenografie già esistenti, o dei set ricostruiti nel Golden Oak Ranch della Disney. Desperate Housewives e Ghost Whisperer sono state pioniere di questa ritrovata metodologia: dopo gli anni Cinquanta è diventato infatti estremamente inusuale ricostruire le ambientazioni all'interno dei teatri di posa, ma ciò offre una grande possibilità per avere il totale controllo sugli ambienti: proprio per questo la ABC ha acquistato degli spazi all'interno degli Universal Studios, dove è stata ad esempio ricostruita l'intera Wisteria Lane. La tecnologia contemporanea ritorna però utile quando si parla si supporto: girare in digitale è molto più semplice che farlo su pellicola, e permette sperimentazioni interessanti come quella di My Generation, nella quale un'intera scena è stata girata con un iPhone.
Aldilà di tutti questi buoni propositi, a volte capita che una serie su cui si era puntato molto non faccia breccia nel cuore del pubblico e sia costretta a chiudere. Ma non sempre la fine di un ciclo è un male. Certo in molti rimpiangono la fine di Lost, ma Jossen ammonisce "quando finì X-Files con la nona stagione, molti dissero che avrebbero preferito si interrompesse alla settima, dopo la quale si era, come si dice in gergo, 'camminato sull'acqua'. Con Lost volevamo evitarlo, e abbiamo deciso di terminarlo con la sesta stagione già tre anni prima che accadesse.". Per altre serie, come per 24, è stato lo sfinimento degli sceneggiatori a decretarne la fine: concentrare ogni episodio nell'arco di una sola giornata comportava uno sforzo enorme, e loro per primi si sono resi conto che il materiale gli stava sfuggendo di mano. Altre volte si tratta semplicemente di un'erosione di pubblico, come nel caso di Ugly Betty, i cui fedelissimi superstiti non potevano giustificare ulteriori investimenti. "Noi abbiamo un processo in base al quale decidiamo se realizzare o meno una serie, basato sull'esperienza, l'audience testing, ma soprattutto l'istinto e la passione. Non sempre abbiamo ragione, ma continuiamo a crederci" conclude Jossen. La prossima stagione della ABC proporrà l'esordiente Body of Proof, oltre a Criminal Minds - Suspect Behavior, Detroit 1-8-7, Happy Endings, My Generation, So Ordinary Family e Off the Map: staremo a vedere se le intuizioni della ABC si riveleranno giuste, e in che misura.