Dietro la plastica e le paillettes, Barbie di Greta Gerwig è un film molto più complesso di come vorrebbe mostrarsi, pur restando accessibile per una platea trasversale. Un'opera complessa e profonda, che non andrebbe banalizzata reputandola (solo) come un film sul concetto di patriarcato brutto e cattivo, sferzato da una voluta e folgorante retorica femminista. Per questo, particolarmente colpiti, vogliamo (ri)vedere il film attraverso gli occhi del protagonista maschile. Quel bambolotto tutto muscoli destinato a vivere nell'ombra del mito di una "bionda fragile". Perché l'autrice di Lady Bird (ora che ci ragioniamo ci sono diversi spunti rintracciabili in entrambi i film) utilizza la leggendaria bambola Mattel per riequilibrare il climax tra generi, spostando fluidamente l'attenzione tra la Barbie e il Ken, in modo che entrambi - pur con le dovute caratteristiche, e quindi con la loro dovuta individualità - facciano parte dello stesso universo. Così, lo spunto per questo approfondimento arriva dalla spiritosa tagline del film: "Lei può essere tutto ciò che vuole. Lui è solo Ken".
Una manciata di parole che preannunciano l'umore generale, e ciò che poi la Gerwig ha tramutato in eccezionale cinema contemporaneo (lo script lo ha firmato insieme a Noah Baumbach). Se Barbie è considerabile come un nuovo, grande classico (come vi abbiamo spiegato nella recensione), lo è per la sua struttura, la sua appariscenza, e la sua esplosiva chiave di lettura. Perché il nocciolo, tra sogni e consapevolezze, è rinchiuso in un'ossessione. L'ossessione che Ken (Ryan Gosling) ha nei confronti del patriarcato, concetto scoperto accompagnando Barbie (Margot Robbie) nel mondo reale. Un'ossessione, e un'epifania: i muscoli, i cavalli, il potere del maschio, emblema della società e della cultura a Stelle & Strisce. Qui, il brontolio di fondo diventa un rumore politico, equalizzato in modo che ogni sfrigolio fosse coerente con la scrittura intellettualmente coerente della regista.
"Lei può essere tutto ciò che vuole. Lui è solo Ken"
Ken resta, appunto, invaghito dal seme che ha generato lo sbilanciato mondo moderno, e che per assurdo ha generato le incomprensioni attorno alla bambola per antonomasia (incomprensioni che proseguono, e anzi sono acuite dal successo di un film che richiederebbe uno sforzo maggiore da parte della platea). E poi, in qualche modo, il patriarcato è la risposta all'amore non condiviso di Barbie. Ma cos'è l'amore per una bambola? Cos'è l'amore per un bambolotto? Come ogni favola, il mondo reale si accorge di Ken. Impensabile, se consideriamo la visione totalmente squilibrata che vige nell'idilliaca Barbieland, dove ogni sera è "la sera delle ragazze", dove "ogni Ken è solo... Ken" e dove ogni "Barbie può essere ciò che vuole, mentre Ken può stare solo in spiaggia". Perché se Barbie è una favola, tra omaggi e subordinate, Greta Gerwig mantiene ovviamente forte il punto di vista di Barbie. E dunque, perché tutto sia bilanciato, anche il mondo reale è squilibrato e sconnesso, meschino e opportunista.
In mezzo allo squilibrio, svetta Barbie. Bellissima, perfetta, impeccabile. Iconica nella sua silhouette, obbligata al successo e al sorriso. Non può esserci spazio per l'incertezza, non possono essere tollerati i "pensieri di morte". I dubbi, quelli no. Barbie non è progettata per essere umana. Insomma, non può non essere lei il centro dell'attenzione, tuttavia sarà il colpo di stato di Ken a liberare inconsciamente Barbie. Quello di Ken, infatti, è un punto di vista costantemente presente, pur venendo meravigliosamente nascosto dietro una caricatura voluta, nonché nevralgica nella sua ridicola ed irresistibile apparenza. Il film di Barbie visto con gli occhi puri di Ken (a proposito, Ryan Gosling è perfetto nella sua aria bambocciona), potrebbe essere scambiato per un divertissement (rosa) in cui la figura maschile è ridotta ad essere la caricatura di sé. Ecco, nulla di più sbagliato: la caricatura è una maschera, la sovrastruttura che accomuna esseri umani e giocattoli. Caduta la struttura, resta la sostanza.
Barbie: Greta Gerwig, la Mattel e una missione (quasi) impossibile
Una congiunzione piena di significato
Poi, c'è la struttura narrativa che sovverte il concetto di retorica e il concetto stesso di caricatura: il Ken protagonista, tanto stralunato e ingenuo, quanto perdutamente innamorato di Barbie, non accetta di essere un mero orpello, così come la Barbie protagonista non vuole più essere schiava di una indotta perfezione. Barbie e Ken, nel linguaggio pop di Greta Gerwig, sono uguali eppure diversi nel loro percorso che li porterà verso la libertà. Trasportando il concetto in un altro linguaggio ancora, quello del corpo: il sorriso di Barbie si tramuta in una smorfia, quello di Ken si tramuta in un ghigno. Tutti e due, però, non hanno (ancora) trovato la giusta dimensione. Del resto, la libertà è uno stato mentale complicato, sfuggente. E la libertà è pure il tratto distintivo della scrittura di Greta Gerwig: Frances Ha, Lady Bird, Piccole Donne. E ora, Barbie. L'icona rivista in modo trasversale, aprendosi ad una maturità che - come Saoirse Ronan in Lady Bird! - punta a volare in alto, e punta anche all'emancipazione e alla caratterizzazione.
Nondimeno, la colorata presenza di Ken, su cui manteniamo l'attenzione per spiegare il film, è propedeutica alla figura di Barbie: tra umorismo e citazioni, Greta Gerwig riesce nell'impresa di rendere integrative le due leggende, portando il genere mumblecore, emblema delle produzioni low budget, ad intersecarsi con un titolo high concept. Qualcosa di impensabile, eppure folgorante nella sua dimostrazione finale. Perché sono le intenzioni a fare la differenza in termini narrativi, ed è poi la propensione del pubblico ad aprirsi al concetto dell'opera, accettandola e comprendendola (comprendendo anche Ken). Quello che potrebbe incutere terrore (come è stato terrorizzato Ken), venendo scambiato per intransigente femminismo, che intacca e minaccia lo status quo maschile (come è stato minacciato Ken), è invece un'equazione talmente semplice da risultare perfetta: non ci sono Barbie e Ken, bensì c'è Barbie, e c'è Ken. Una sottile congiunzione colma di significato.