"Tre legioni romane avanzano verso la Germania. L'esercito più grande del mondo incontra una moltitudine di tribù in disputa. I Romani li definivano Barbari. Questo incontro cambiò il corso della storia."
Iniziamo la recensione di Barbari - la nuova serie tedesca dal 23 ottobre su Netflix - piacevolmente sorpresi dall'inedito punto di vista da cui parte l'ennesimo racconto sulla storia dell'Impero Romano. Non dal punto di vista di quest'ultimo, ma dei cosiddetti "barbari" presenti nella Germania del 9 d.C. Quello dei conquistati e non dei conquistatori. Come se vedessimo la storia del Ringraziamento americano dal punto di vista dei pellegrini. I Romani, ovviamente, nella loro ottica portavano ordine, disciplina e pulizia nella "rozzitudine" degli stranieri, ma per questi ultimi era solamente il sopruso di una moltitudine di oppressori che non erano stati invitati.
IL LUPO E L'AQUILA
Il furto dell'Aquila, simbolo del potere dell'Impero Romano, è di nuovo al centro dell'incipit da cui parte la storia, come accadeva nella serie RAI-HBO del 2005-2007 Roma. Siamo ben dopo l'epoca di Cesare, questa volta è Publio Quintilio Varo il generale a comando delle legioni romane che stanno avanzando nella conquista della Germania. Dalla sua l'esercito dell'Impero non ha solo il numero esageratamente superiore di uomini ma anche il vantaggio delle lotte intestine tra le varie tribù germaniche, i cui vari reik non hanno mai lavorato in unione e squadra ma hanno preferito difendere e fare gli interessi del proprio villaggio. Ora che hanno tutti un nemico comune, però, devono iniziare a ripensarci. La storia di Barbari, che mescola azione, romance e le vicende dei libri di Storia in un mix riuscito di piacevole intrattenimento, mostra gli eventi che portarono alla battaglia della Foresta di Teutoburgo, ancor oggi conosciuta per l'epilogo tutt'altro che prevedibile. E' proprio il punto di vista inedito che porta lo spettatore a parteggiare per i Barbari piuttosto che per i Romani, quasi si meritassero una sconfitta per aver peccato di superbia.
Si gioca moltissimo con i simboli nel serial: la Lupa è sempre stata per tradizione il simbolo della nascita di Roma, una madre dura ma amorevole, mentre qui acquisisce un doppio significato: se contrapposto all'Aquila, il Lupo in questo caso rappresenta i Barbari, conoscitori delle Foreste ("Il Nord non dimentica"), luoghi impervi per l'esercito romano, che va battuto in strategia e astuzia e non in quantità o forza (la legione romana è il massimo modello antico di efficienza militare). Simbolismo altrettanto importante è ovviamente quello legato alla religione, di Dèi così diversi ma di cui si cerca sempre il favore, da parte di un popolo come dell'altro, affinché il futuro sia propizio. E il sangue, parte della vita come della morte dei protagonisti, perché "ogni cosa ha una fine".
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ARMINIO BIFRONTE
A proposito di ambivalenze, nella storia di Barbari c'è chi rappresenta al meglio la doppia natura in cui si muove lo show: Arminio, detto Ari. Figlio di Varo e suo secondo in comando, sta facendo carriera nell'esercito dell'Impero. Ha però un grande dilemma interiore causato dal proprio passato, che lo pone in una sorta di limbo: non è totalmente Romano ed è proprio questa doppia natura che non lo fa sentire davvero appartenente a nessuno. Ciò traspare anche dal doppio (lodevole) uso della lingua nella serie: tedesco antico e latino, per dare maggiore veridicità al racconto. È sulla origin story di Ari e su quella di altri due co-protagonisti che si snoda il racconto principale, iscrivendolo nella storia che porta alla battaglia di Teutoburgo. Tra tanti personaggi-tipo, come il re(ik) che vorrebbe la pace, il consigliere ambizioso e pericoloso, e il portaspada dalle idee militari che sono sopra il suo rango, c'è un personaggio femminile, Thusnelda, la figlia ribelle del consigliere del reik, che emerge poiché da subito non accetta compromessi, non si vuole far mettere in piedi in testa da nessun uomo nonostante la società patriarcale e maschilista. A questo proposito, ad un certo punto si fa un parallelismo con le domine romane, che si dice siano "brave a servire i propri uomini", ma sappiamo che in realtà le donne a Roma avevano molto più potere di quanto si creda soprattutto tra le famiglie nobili, da lì il detto "dietro ogni grande uomo c'è una grande domina".
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Conclusioni
Discorsi motivazionali, epicità nelle scene di guerra a volte usufruendo del ralenty, un voiceover occasionale a sottolineare questa epicità, sono tutte caratteristiche che si sposano col genere del period drama antico che vuole raccontare però un punto di vista diverso, come abbiamo cercato di spiegare in questa recensione di Barbari. Uno sguardo “straniero” sulla Storia con la S maiuscola, che mescola tanti elementi – romance, azione, dramma familiare, intrighi di palazzo - e offre uno sguardo duplice sui protagonisti, racchiuso nei simbolismi e nella riflessione sulla religione presente.
Perché ci piace
- Lo sguardo inedito e “straniero” sul punto di vista degli oppressi, i Barbari del titolo, e non degli oppressori, il Grande Impero Romano.
- Il personaggio femminile di Thusnelda insieme a quello combattuto di Arminio.
- Lodevole l’uso della lingua germanica per i Barbari e del latino per i Romani.
Cosa non va
- La serie potrebbe non trovare il favore di non apprezza il genere e l’eccessiva epicità che a volte richiede, soprattutto nelle scene di guerra.