Il suo volto è stato scelto come immagine ufficiale del poster di Torino 2019, che ha dedicato la propria retrospettiva all'horror classico. Un omaggio al quale lei è intimamente legata, grazie alle sue collaborazioni con Mario Bava, Roger Corman e Riccardo Freda. Parliamo, ovviamente, di Barbara Steele, alla quale la kermesse piemontese ha assegnato il Gran Premio Torino 2019. L'attrice inglese ha presentato tre film della retrospettiva e si è aperta ai giornalisti in occasione di un'apposita conferenza stampa, nel corso della quale ha svelato di non essere stata una vera appassionata di horror prima di lavorare con i registi di cui sopra: "Per la mia generazione il vero orrore è stato crescere durante la Seconda Guerra Mondiale", ha spiegato la diva del brivido, nata nel 1937. "Però sono stata sposata con un uomo di nome Poe, quindi per un certo periodo ero Barbara Poe", afferma sorridendo.
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Dal mercato delle pulci al cinema
Barbara Steele aveva già all'attivo alcuni ruoli minori al cinema e in televisione quando è stata contattata da Mario Bava per La maschera del demonio, ma ad attirare l'attenzione del regista fu tutt'altra cosa: "Ero all'università, vendevo oggetti vari al mercato delle pulci, e un fotografo chiese di potermi immortalare. Finii sulla rivista Life, che all'epoca era molto importante, e Bava, vedendo quelle foto, mi chiese di partecipare al film." In tale occasione, all'attrice fu chiesto di interpretare due personaggi: Asa, la strega che torna in vita dopo due secoli, e la sua discendente Katia. Da un lato una figura diabolica, dall'altro una ragazza virginale. Quale dei due preferisce? "La prima categoria, le damigelle in pericolo non mi interessano." Tra gli ammiratori del film ci fu Roger Corman, che chiese alla Steele di recitare al fianco di Vincent Price ne Il pozzo e il pendolo. Un'esperienza frenetica ma divertente: "Il film fu fatto senza soldi e in una settimana." Per entrambi i registi spende parole positive: "Bava e Corman erano entrambi dei gentiluomini, quasi come se fossero usciti dal diciannovesimo secolo." Ha mai avuto esperienze negative su un set? "In Italia no, ma in America sì. Mi avevano scritturata per una serie TV, e il regista trattava male tutti, anche gli uomini piangevano. Così un giorno sono andata da lui, l'ho salutato e me ne sono andata. Il momento più bello della mia carriera."
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Una carriera multiforme
Trasferitasi negli USA per stare con il marito, la Steele dice di non essersi trovata particolarmente bene sul piano professionale: "Non ero né bionda né giovane, quindi sapevo che non avrei avuto una carriera come attrice, e mi sono messa a fare la produttrice. Avrei dovuto chiedere a Corman di farmi dirigere un film, lo chiamerò settimana prossima, ha 93 anni ma lavora ancora." C'è una storia in particolare che le piacerebbe dirigere? "Il mito di Medea, perché è l'apice dell'amore tragico, ossessivo. Ho amato molto la versione di Pasolini." Negli anni Settanta ha lavorato con David Cronenberg, Jonathan Demme e Joe Dante. Risponde l'attrice: "Sì, ma all'epoca non li conosceva nessuno, non erano i grandi registi che sono poi diventati."
A tale proposito, un aneddoto divertente sulla collaborazione con Dante, per il film Piranha: "Il budget era talmente ridotto che per pagare le comparse fu organizzata un'asta." Facendo un passo indietro, si evoca L'orribile segreto del dottor Hichcock, di Riccardo Freda, che l'attrice girò durante una breve pausa della lavorazione di 8½ di Fellini. Che ricordo ha di quell'esperienza? "Fu molto bella, Freda era pieno di energia e molto diretto, e la cosa contagiò tutti gli altri sul set. Preferisco un regista con il suo carattere a quelli che mi chiedono con toni troppo educati se posso piangere nella prossima scena."
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