Si era presentato come un assassino spietato, si è rivelato (prevedibilmente) un ottimo spadaccino e (meno prevedibilmente) anche un valente compagno di avventure e un amico leale: Gatto è indubbiamente il personaggio della saga di Shrek a cui più stava stretto il ruolo di figura di contorno, ma ora la Dreamworks si è decisa ad assecondarne la natura da vero showman dedicandogli un film che lo vede finalmente protagonista. E qui Gatto ci spiega chi sia davvero, cosa lo abbia portato a vivere sempre un po' oltre i limiti della legge, con gli stivali perennemente a portata di zampa per una fuga precipitosa. Ma ci spiega anche come mai, aldilà il personaggio dello sbruffone casanova, faccia capolino un'anima generosa e guidata da una morale non certo convenzionale ma, a suo modo, ferrea. C'è ancora Antonio Banderas dietro al suadente miagolio di Gatto, affiancato qui da Salma Hayek che dà voce a una gattina capace di tenergli testa senza indugio, tanto sul piano del fascino che su quello del combattimento all'arma bianca. Insieme ai due protagonisti, hanno presentato la pellicola anche il regista Chris Miller e il produttore Jeffrey Katzenberg.
Jeffrey, vi siete presi una bella responsabilità con questo film, considerato quanto è amato il personaggio di Gatto.
Jeffrey Katzenberg: C'è stato un momento incredibile in Shrek 2, in cui questo gatto atterra dopo un'acrobazia e dichiara "temetemi!", e già da allora il destino del film su Gatto era segnato. Per fortuna avevamo Chris nel nostro team creativo, che da sempre amava il personaggio e che aveva già lavorato sulla saga di Shrek, e che si è preso la responsabilità di assicurare a Gatto una sua avventura.
Chris Miller: In primo luogo, lavorando su Shrek e facendo parte della squadra, avevo già avuto modo di conoscerlo bene, e in più anche Antonio ha dato veramente l'anima nell'interpretarlo. Per me è stata un'esperienza liberatoria: finalmente Gatto, questo grande personaggio, ha potuto muoversi in un proprio mondo, diverso da quello di Shrek. Questo film esisteva ancora prima che esistesse la storia in sé, è un film importante e potente che aspettavamo.
In generale, la tendenza di molti film esteri è quella di focalizzarsi sul concetto di fratellanza, anche politica. Un po' come quella tra Gatto e Humpty?
Antonio Banderas: Ma perché devo rispondere io alle domande politiche? In realtà non vedo grosse problematiche politiche tra gatti e uova, ma se pensiamo alla prima apparizione di Gatto, in Shrek 2, dobbiamo ricordarci che entra in scena in qualità di assassino, ma che troverà poi in Shrek e Ciuchino una vera famiglia. Ora capiamo il perché fosse così aperto nei confronti dell'amicizia: da piccolo è stato in orfanotrofio, è stato una vittima del bullismo, ma si era creato una squadra, una sorta di famiglia proprio con questo strano uovo. Il film è divertente, è epico, è comico ma soprattutto riflette l'importanza dell'amicizia e della lealtà, della capacità di perdonare. E questo, il sapersi perdonare, è l'unica cosa che secondo me serva davvero alla politica di oggi.
Salma Hayek: La fratellanza è un valore molto importante, fra i Paesi, certo, ma prima ancora fra le persone: è importante il legame che si instaura tra gli esseri umani. E' quando ci ricordiamo che siamo tutti esseri umani che possiamo superare le nostre differenze.
Antonio, hai dichiarato che ti senti simile al tuo personaggio. In cosa in particolare?
Antonio Banderas: Non so chi abbia detto questo, perché io adoro il personaggio di Gatto, ma paragonarmi con lui mi imbarazza. Io non sono così coraggioso, ma è vero che questi personaggi sono costruiti anche su di noi e sulle cose che abbiamo fatto noi: in Gatto c'è qualcosa di Zorro, di Robin Hood, degli eroi dei film di cappa e spada. In lui c'è questa forte dicotomia tra la sua voce, che è una voce forte, molto più profonda della mia vera voce, e il fatto che questa sia intrappolata nel corpicino di un gatto. E' una scelta di recitazione che è anche fonte di comicità, proprio per il contrasto tra la vocina sottile che si immagina un gatto debba avere e quella che invece gli abbiamo attribuito noi.
Come mai, se doppi in italiano, in conferenza non lo parli?
Antonio Banderas: Perché in questo caso non ho le risposte scritte in italiano! Mi piace moltissimo parlare italiano, ma ho anche paura di sbagliare! (in italiano, n.d.r.)
Antonio Banderas: La cosa più importante è creare dei limiti al proprio personaggio: è un processo difficile ma necessario, e una volta che lo si è fatto ci si comincia davvero a divertire molto. E' un processo creativo che coinvolge tutti, regista e attori. Noi forniamo il materiale su cui poi si andranno a disegnare le singole scene, perché la prima lettura si fa ancora quando il film non è stato ancora girato. Con il doppiaggio poi arrivano ulteriori difficoltà, per il labiale diverso dall'originale in primis, ma noi abbiamo avuto un direttore del doppiaggio italiano bravissimo, e siamo riusciti a fare tutto in due giorni. Ora devo tornare a Los Angeles per dare la voce a un altro breve film che sarà inserito nella versione dvd, e non vedo l'ora di potermi cimentare anche con la sua versione italiana.
Salma Hayek: Per me è stato davvero un lavoro da sogno: non dovevo truccarmi, potevo farlo da qualunque posto in cui mi trovassi, e in più il mio personaggio è molto femminista, è un personaggio forte, che riesce sempre ad avere l'ultima parola. Kitty salta qua e là, corre velocissima da un posto all'altro, e spesso quando sono nel traffico mi dico "quanto vorrei essere lei!". Per me è stato un lavoro liberatorio, divertente, che mi ha permesso di viaggiare, che con Katzenberg, che sa come si va per il mondo, è un'esperienza davvero da sogno: il divertimento che mi ha regalato questo film non è ancora finito.
Antonio, tu hai doppiato sia la versione inglese, che quelle italiana e spagnola. Quali sono le difficoltà di doppiare in diverse lingue?
Antonio Banderas: Devi adattarti innanzi tutto ad un'altra lingua, rispettando ovviamente le caratteristiche del personaggio, ma con la consapevolezza che puoi anche aggiungere delle piccole cose. Ad esempio per la versione spagnola io ho proposto, e lo studio mi ha approvato l'idea, che Gatto parlasse con accento malagueno, mentre in italiano immagino avrò uno spiccato accento spagnolo. Dopo che lavori su un personaggio per un po', ti senti libero di dare un'aggiustatina qua e là, di far uscire cose di lui di cui all'inizio non eri nemmeno consapevole: qualche parola diversa, non so se migliore o peggiore, ma sicuramente tagliata per quell'audience specifica.
Jeffrey Katzenberg: In realtà quello che noi facciamo è un adattamento, piuttosto che un semplice doppiaggio. Abbiamo pensato i dialoghi specificatamente per il pubblico italiano, e non esistono due versioni uguali: ogni volta si è aggiunta ulteriore creatività all'opera.
Come mai non avete inserito dei riferimenti alla saga di Shrek?
Chris Miller: Non abbiamo creato questo film pensando al futuro di Gatto, ma abbiamo piuttosto creato un mondo apposta per lui, una sua versione del mondo. Qui non c'è un mondo fiabesco di ispirazione nordeuropea come quello di Shrek, ma uno che ha ispirazioni latinoamericane: abbiamo scelto di offrire un'interazione diversa, con altri riferimenti culturali che riflettono un'altra mitologia leggendaria, in cui si può inserire anche la leggenda di Gatto.
Salma Hayek: Ogni volta che dovevo prestare la mia voce a Kitty, la mattina, invece di farmi una doccia, per lavarmi mi leccavo tutta! Insomma, bisogna cercare di entrare in sintonia con il personaggio, e per me è stata un'esperienza straordinaria, in cui mi sono immersa con la mente aperta, senza preconcetti, e il regista mi ha aiutato molto in questo: sperimentare questo cammino felino per me è stato molto soddisfacente.
Quali sono state le difficoltà tecniche nell'animare questi personaggi così morbidi?
Jeffrey Katzenberg: Per darvi un quadro generale, data la complessità degli elementi con cui dobbiamo lavorare, anche con i migliori strumenti oggi a disposizione dell'animatore in una settimana di lavoro si riescono a realizzare tre secondi di film: per questo ci sono voluti quattro anni per realizzarlo.
Come avete lavorato su una sceneggiatura che comprende riferimenti così eterogenei?
Jeffrey Katzenberg: In questo senso gli attori danno moltissimo, tanto da diventare quasi degli autori anch'essi.
Antonio Banderas: La mia esperienza con Gatto è iniziata con Shrek, e quando mi è arrivato il copione di questo film, più che un vero copione era una scusa per iniziare a lavorare sul personaggio. Molte forze sono state coinvolte in questa fase: tantissime scene sono state sostituite rispetto a quella prima versione, molte battute sono nate dopo, era come lavorare su un organismo vivente in continua evoluzione. Da attore, poi, ho avuto la libertà di proporre quello che mi piaceva: tantissime volte ho detto a Chris "proviamo a fare questo!" e lui mi ha sempre assecondato.
Salma Hayek: A me invece questa primissima versione non è mai pervenuta: ecco perché ho detto che è stato strano immedesimarsi in Kitty. Chris però mi ha fatto un sacco di domande, perché il mio personaggio doveva essere allo stesso livello di Gatto, ma ancora non era chiaro in che modo si dovesse arrivare a questo risultato. Questo mi ha fatto sentire subito a casa, perché avevo la possibilità di dire quello che pensavo, non dovevo semplicemente "essere bella". Sono stata davvero parte del progetto, che si arricchiva costantemente di idee e battute, e credo che questo abbia fatto di me anche un'attrice migliore, più coraggiosa, mi ha insegnato a improvvisare.
Chris Miller: Da parte nostra c'è stato un impegno collaborativo enorme. La storia è stata scritta da tutta la produzione, non solo dai sette sceneggiatori: sono trenta sequenze che compongono un puzzle gigantesco, che si evolveva di continuo, e questo è stato molto stimolante anche per quanto riguarda l'aspetto dell'animazione.
Salma Hayek: Questa è una buona domanda. Nella società attuale troppo spesso le donne sono state private dei loro diritti, delle loro possibilità di lottare, addirittura non vengono pagate quanto gli uomini, ma noi troviamo sempre il modo per farci sentire. Perché abbiamo la capacità di improvvisare, di adeguarci agli strumenti che abbiamo a disposizione, e questo è sempre stato vero nella storia: quando l'uomo portava a casa due dollari di stipendio, noi ci inventavamo un modo di sfamare i nostri figli con quei due dollari, perché diamo sempre il meglio.
Antonio, conosci il cinema italiano, e ti piacerebbe lavorare con autori come Sorrentino o Moretti?
Antonio Banderas: Io vorrei lavorare in qualunque posto che abbia una buona storia da raccontare. Negli ultimi anni ho cambiato agente e questo mi ha finalmente permesso di lavorare solo con le persone con cui mi trovo bene: insomma, mi taglio i vestiti da solo. Ho fatto film con Soderbergh, con il mio amico Almodòvar, e anche in questo caso sono qui perché mi piace esserci. L'Italia è stata una forza tremenda nel cinema, purtroppo si, questo è vero, più nel passato, ma anche adesso ci sono realtà molto interessanti. So di un progetto di Sorrentino sulla storia di un cubano che, nel tentativo di cercare il figlio emigrato negli Stati Uniti, rimane ucciso, ma non so se entrerò a far parte della cosa, perché mi aspetta un anno molto pieno: dirigerò il mio primo film, che finirò nel 2013, e con la mia casa di animazione abbiamo anche tanti altri progetti in ballo.
Kitty e Gatto metteranno su famiglia?
Salma Hayek: Penso che a questo debba rispondere Jeffrey Katzenberg, perché è lui che pianifica tutto! Valentina, mia figlia, ci è rimasta molto male perché in questo film non si baciano mai, ma per il futuro, chissà...
Jeffrey Katzenberg: Con questo film i personaggi hanno fatto innamorare anche noi, così come ci hanno fatto innamorare gli attori. La decisione su come questa avventura continuerà sarà determinata in primo luogo dal pubblico, e quindi ci affidiamo agli dei del cinema, ma soprattutto dalla possibilità di creare una buona storia e di avere un buon narratore.
Salma, in quanto donna forte, come proteggi la tua famiglia dai media?
Salma Hayek: Posso proteggere la mia famiglia in molti modi: desidero innanzi tutto dedicarle tempo, e per fortuna su questo ricevo molto aiuto dai miei colleghi e dai miei collaboratori, e credo di starci riuscendo. Ho una famiglia solida e felice, una bambina rispettosa ma anche molto vivace, a cui cerco di dare sempre stabilità. Non posso proteggerli dalla stampa, ma questo non è importante, è importante ciò che abbiamo, ed è qualcosa di cui sono molto orgogliosa.
Antonio Banderas: Certo, Gatto lo si potrebbe proprio definire un caballero. Risponderò a questa domanda dicendo che questo è un film molto importante per noi latinoamericani a Hollywood, e in generale in tutto il mondo. Perché tiene per noi, scommette su di noi: pensate che è il film con il budget più alto mai realizzato per una storia ispanica. I protagonisti sono gatti, si, ma sono anche eroi: i cattivi sono inglesi, mentre i buoni hanno l'accento spagnolo, e questo è significativo, se si pensa che quando arrivai a Hollywood mi dissero che avrei fatto sempre il cattivo, perché, in quanto ispanico, era questo il mio ruolo. La stessa scommessa vale per Kung Fu Panda e la comunità cinese, ed è bello che il cinema si stia battendo per sostenere la diversità culturale. La comunità spagnola negli Stati Uniti ha sofferto e lavorato moltissimo, ha combattuto per poter mandare i propri figli all'università, e questo percorso si riflette anche nel cinema, che ormai è uscito dai propri cliché. Anche il carattere dello stesso personaggio di Kitty è splendido, è allo stesso livello di un uomo, è forte e indipendente. Gatto non è un macho classico, non è uno stereotipo. Il loro modo di conoscersi e di amarsi è un nuovo modo di presentare la comunità ispanica.