Il titolo potrebbe forse trarre in inganno, ma state pure tranquilli: non è nostra intenzione alimentare la (stupida) polemica che va avanti da diversi anni su cosa sia meglio, oggi, tra cinema e serie TV. La verità è che per nostra fortuna arte e industria cinematografica e televisiva ormai vanno quasi a braccetto, alimentandosi e ispirandosi a vicenda. Certamente, però, non è stato sempre stato così. Uno dei momenti chiave di questa svolta di cui ancora oggi godiamo i frutti fu la crescita da un punto di vista qualitativo della programmazione originale della TV via cavo per eccellenza, la HBO, che prima con Oz nel 1997 e soprattutto con Sex and the City e I Soprano nei due anni successivi cambiò per sempre il mondo della narrazione seriale.
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Contemporaneamente a questi successi che sarebbero durati per più di un lustro, la HBO cominciava un'altra importante tradizione, quella delle miniserie a durata limitata di cui è ancora oggi regina indiscussa e che l'ha vista produrre nel corso degli anni capolavori quali Angels in America, Mildred Pierce, John Adams e i più recenti Olive Kitteridge e Show Me a Hero. Ma a dare il via a tutto questo fu una prestigiosa e inedita collaborazione proprio con il mondo del cinema: la miniserie in 12 parti Dalla Terra alla Luna, che vedeva i produttori Ron Howard, Brian Grazer e Tom Hanks (quest'ultimo anche regista, sceneggiatore e presentatore degli episodi) realizzare un appassionante docu-drama sulle primi 12 missioni spaziali del Programma Apollo, ovviamente complementare a quanto già portato sullo schermo qualche anno prima col successo cinematografico Apollo 13.
Salutate il soldato Hanks
Forte del grande successo della miniserie e dei premi vinti (3 Emmy ed un Golden Globe), Tom Hanks decise di replicare con un progetto sulla carta piuttosto simile ma molto più ambizioso: Band of Brothers. Ancora una volta lo stesso Hanks, oltre ad essere il principale creatore della miniserie insieme a Erik Jendresen, scrisse e diresse personalmente alcuni episodi e poté contare sull'appoggio dell'amico e collega Steven Spielberg, con cui aveva già collaborato per il Salvate il soldato Ryan. Così come era stato per Dalla Terra alla Luna, il film bellico rappresentò una base di partenza importante per qualcosa di molto più vasto. E costoso, visto che il budget di Band of Brothers fu di oltre 125 milioni di dollari, quasi il doppio di quello del film di Spielberg che aveva vinto 5 Oscar portando nelle sale USA oltre 45 milioni di spettatori.
Si trattava senza alcun dubbio della miniserie più ambiziosa e complessa mai realizzata (superata 9 anni dopo soltanto dal sequel spirituale The Pacific) con riprese durate circa 10 mesi - svoltesi in Inghilterra in un vecchio aeroporto militare che aveva ospitato anche il film di Spielberg - e seguite attentamente da esperti della Seconda Guerra Mondiale in grado di garantire la massima accuratezza. D'altronde, oltre a fare riferimento all'omonimo libro scritto dallo storico Stephen E. Ambrose, furono intervistati tutti i membri ancora viventi della Easy Company, la Compagnia E del 2º Battaglione del 506º Reggimento di Fanteria Paracadutista che ebbe un ruolo fondamentale prima nel respingere l'esercito nazista in Francia e poi per l'invasione alleata della Germania.
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Currahee!
Ed è proprio con le interviste ai veri sopravvissuti che si aprono gli episodi della miniserie perché, nonostante non sia un documentario, Band of Brothers fin dal titolo ha l'ambizione di raccontare non solo il conflitto e la Storia ma anche l'esperienza dei soldati nella sua totalità, a partire da quel senso di cameratismo che li legherà per tutta la vita, dall'addestramento con il severo Capitano Sobel (un inedito David Schwimmer) e dalla sensazione di terrore ed impotenza che si troveranno spesso ad affrontare e che raggiungerà il suo apice nell'assedio di Bastogne e durante le battaglie delle Ardenne.
Band of Brothers è ovviamente una serie corale, ma riesce comunque a fare emergere alcuni personaggi regalando loro dei ruoli centrali all'interno di episodi specifici: al cuore di tutta la serie ci sono il Maggiore Richard Winters interpretato da un ottimo Damian Lewis e il suo fedele ma problematico amico Capitano Lewis Nixon (Ron Livingston). Ma accanto a loro spiccano tanti altri personaggi. Per primo il Tenente Carwood Lipton (Donnie Wahlberg) che narra il meraviglioso episodio The Breaking Point, in cui il morale della Easy crolla a picco in seguito a gravi perdite, un momento molto intenso illustrato attraverso il completo crollo emotivo del Primo Tenente Compton (Neal McDonough) colpito da Disturbo Post Traumatico da Stress, all'epoca noto come "shell shock".
E ancora il Dottor "Doc" Eugene Roe (Shane Taylor), a cui è dedicato un episodio per mostrare l'altro "lato" della battaglia, quella per la vita, che si combatte dopo che i proiettili e le bombe hanno cessato di cadere; il Sergente Denver "Bull" Randleman (Michael Cudlitz), uno dei favoriti dai fan dello show per il suo coraggio e la sua determinazione; il Tenente Speirs (Matthew Settle), un soldato "perfetto" perché ha semplicemente accettato una semplice e dolorosa verità, ovvero che una volta in guerra sei un morto che cammina e per questo riesce a compiere imprese incredibili, quali attraversare di corsa le linee di fuoco nemiche per mettersi in collegamento con una pattuglia alleata e rifare lo stesso percorso all'inverso per ritornare a comandare i suoi uomini.
Ma ci sono tanti, troppi personaggi assolutamente brillanti in questa serie per poterli citare e tutti finiscono con il lasciare il segno grazie alla bravura degli interpreti - a cui si aggiungono, in ruoli minori, i talenti all'epoca ancora acerbi di Michael Fassbender, Tom Hardy, Colin Hanks, Simon Pegg, James McAvoy ed Andrew Scott - e degli sceneggiatori.
Tutti gli orrori della guerra
La grande forza della miniserie però sta nell'incredibile capacità di trasportare lo spettatore davvero in mezzo al conflitto, esattamente come succedeva nella prima impressionante mezz'ora di Salvate il Soldato Ryan: qui non c'è lo sbarco in Normandia perché la Easy Company atterra dal cielo in paracadute, non senza difficoltà e sacrifici, direttamente nell'entroterra, ma non per questo mancano sequenze altrettanto spettacolari e crude che in alcuni momenti lasciano senza fiato e danno davvero la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di una guerra che non offre alcuna via d'uscita.
La differenza con il film di Spielberg è che in Band of Brothers non c'è spazio per la retorica, perché non si vuole raccontare solo un episodio della WWII, per quanto simbolico, ma la guerra in tutta la sua essenza: la serie lo fa seguendo una sola compagnia, ma anche la più significativa, perché attraverso la Easy Company può raccontare la morte e la disperazione ma anche il coraggio e la forza di volontà. Ma soprattutto, grazie al penultimo, splendido, ma emotivamente devastante episodio riesce anche a rispondere alla domanda più difficile di tutte: "Perché combattiamo?".
E lo fa nel modo più semplice, schietto e brutale possibile, semplicemente mostrandoci l'arrivo dei protagonisti che abbiamo seguito finora in un luogo inaspettato e perfino più orribile, qualcosa di ancora più terribile della guerra stessa: un campo di concentramento, più precisamente quello di Kaufering/Landsberg, uno dei tanti che facevano capo a quello di Dachau in Germania. Soltanto dieci minuti ma che pesano come un macigno sull'intera serie e che, grazie all'ottima regia di David Frankel, alle splendide musiche di Michael Kamen (autore anche dell'indimenticabile tema principale della serie) e alle interpretazioni di tutti gli attori, chiudono il cerchio e rendono giustizia a tutto quello che ci è stato mostrato fino a quel momento.
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Noi pochi fortunati, noi banda di fratelli
Band of Brothers ovviamente è ancora di più di tutto questo: è per esempio il bellissimo discorso ad un giovane soldato che si è nascosto in un fosso durante il D-Day perchè aveva paura; la scena in cui un giovane sergente che va a recuperare la biancheria da una donna inglese e lei gli chiede di portarla anche ai compagni e lui non ha il coraggio di dire che gran parte di quelli sono tutti morti o feriti; il discorso finale alle sue truppe da parte di un Generale nazista catturato e in quello anche più toccante del vero Maggiore Winters che racconta in video:
Vi vorrei citare una lettera che mi scrisse Mike Ranney. Racconta un episodio significativo: "Mi ricorderò per sempre una domanda che mi ha fatto l'altro giorno mio nipote, mi ha chiesto: "Nonno è vero che in guerra sei stato un eroe?" Il nonno gli ha risposto di no. "Ma ho combattuto con una compagnia di eroi"
Sono momenti come questi che fanno di Band of Brothers non solo uno dei più grandi war movie mai realizzati ma anche uno dei più grandi documenti della storia dello scorso secolo. Perché è vero che Spielberg ci aveva già raccontato tutto, con indiscussa maestria, già con Schindler's List e il già citato Saving Private Ryan, ma è grazie alla sua collaborazione con la HBO che riesce a dare ancora più valore e contesto a quelle sue stesse opere e trasformarle in qualcosa di ancora più completo, indimenticabile e importante.
L'11 settembre e l'eredità di Band of Brothers
Fu così quindi che quando il 9 settembre del 2001 la miniserie fece il suo esordio negli USA non solo attirò 10 milioni di spettatori, record per l'epoca, ma di fatto cambiò per sempre la storia del piccolo e del grande schermo, inaugurando una sempre maggiore collaborazione che avrebbe portato ad enormi benefici per tutti. Purtroppo destino volle che soltanto due giorni dopo l'esordio in TV il terribile attacco alle Torri Gemelle allontanò, comprensibilmente, gran parte del pubblico e la miniserie chiuse con numeri molto più bassi rispetto a quelli con cui aveva cominciato.
Ma, ogni tanto, la qualità paga e fu così che arrivarono 7 statuette e 20 nomination agli Emmy, così come un Golden Globe e altri meritatissimi riconoscimenti da American Film Institute, Producers Guild of America, Writers Guild of America e Television Critics Association. E l'infinita riconoscenza degli appassionati di cinema e serie TV di tutto il mondo che videro così la guerra come non era mai stata mostrata prima ed una qualità televisiva che non sembrava nemmeno ipotizzabile. Da allora cinema, TV e perfino videogiochi di genere bellico non sono stati più gli stessi; da allora siamo tutti membri onorari della Easy Company. Anzi, una banda di fratelli.