"Notti d'estate di domenica. Ci piacerebbe affondare nei nostri posti. Proprio mentre loro sfuocavano tutte le luci. Il mondo Technicolor era fatto di musica e macchina. Ero destinato ad essere su quello schermo. E vivere dentro la sua lucentezza". Vi ricordate queste parole? Erano quelle di Another Day Of Sun, la canzone dello sfavillante incipit di La La Land, l'acclamato film di Damien Chazelle arrivato a sfiorare l'Oscar. Sognante e doloroso, La La Land è considerato un film simbolo sull'amore per il cinema e sull'inseguimento dei propri sogni.
Damien Chazelle ora è tornato a parlarci di tutto questo con il suo nuovo, colossale, film. Babylon, con Brad Pitt e Margot Robbie, è al cinema - l'unico luogo dove questo film va visto - dal 19 gennaio. Ma, ce ne siamo accorti da subito, l'atmosfera è di tutt'altro tipo. E infatti il film sta dividendo come pochi altri tra le uscite recenti. Andiamo a vedere allora perché Babylon è il rovescio della medaglia di La La Land, ma attenzione se non volete alcun tipo di anticipazione su questi titoli, perché qualche dettaglio verrà fuori nella nostra analisi.
La scena inziale: due uomini, un elefante e...
Che Babylon sia il controcampo, il negativo di La La Land lo capiamo già dalla sequenza iniziale. In La La Land, in un ingorgo, tante persone escono dalla macchina e iniziano a ballare. È una sequenza solare, collettiva, coinvolgente e catartica. E detta la linea di un film che sarà anche malinconico e doloroso, ma che ci mostra il cinema, e la musica, come sogno. L'incipit di Babylon è l'opposto (del film e dei suoi eccessi abbiamo parlato nella nostra recensione). Siamo in una zona desertica, brulla. In scena ci sono solo due uomini. E un elefante. È l'invitato speciale - e inaspettato - alla festa di un magnate di Hollywood, e tocca trasportarlo in un veicolo che era stato portato lì per un cavallo. I due uomini in scena sudano, faticano, si sporcano. I movimenti sono sgraziati, l'opposto dell'armonia della scena di La La Land. E, alla fine, vengono sepolti dalle deiezioni dell'elefante. Quando si dice ritrovarsi nella...
Quei set pionieristici e improvvisati
Il cinema, il sogno, la fatica per arrivarci. I temi di Damien Chazelle sono quelli, ma in Babylon siamo agli antipodi di La La Land. Dopo l'esagerata festa che riempie la prima parte del film, ci troviamo, il mattino dopo, su un set. Ed è qui che Damien Chazelle continua a demolire il sogno. Quella macchina del cinema che vediamo al lavoro è tutt'altro dalla fabbrica dei sogni che abbiamo sempre immaginato. Quando veniamo trasportati sul set ci troviamo in una versione primitiva e rozza dell'idea che abbiamo sempre avuto di un set. Luoghi sperduti nel deserto, piccole costruzioni messe su alla buona che sembrano quasi i baracconi di una fiera più che il luogo dove nasce il cinema. C'è affanno, improvvisazione, la follia, il rischio di non farcela a girare perché quella luce sta andando via, con il sole che tramonta. Quella sarabanda di persone raccogliticce (le comparse che caricano come un'orda barbarica) è così lontana da quegli studios di La La Land che Mia Dolan ammira dal suo caffè. Quegli studios sono ordinati, iconici, imponenti. In una parola, istituzionali. E allora qui ci accorgiamo definitivamente che Damien Chazelle vuole smitizzare il cinema e la sua leggenda. Nel momento stesso in cui dichiara di amarlo vuole raccontarci anche il suo lato oscuro, l'altro lato della medaglia. Il tono grottesco, farsesco di certe scene serve proprio a a questo.
Il senso del fallimento
La La Land è un film malinconico, doloroso, ma in fondo ottimista. C'è, in quel film, il senso potente di avere un sogno e di rincorrerlo, di farlo diventare realtà. Di scalare una parete e raggiungere la vetta. Ad un prezzo da pagare, certo, ed è questo il bello del film. In Babylon i sogni sembrano diventare realtà con una facilità estrema. Ma è molto più presente il senso del fallimento, del crollo, del dimenticatoio, un velo che rischia di posarsi sull'immagine di un'artista per non essere più rimosso da lì. Quando Chazelle racconta, con dovizia di particolari, con la maniacalità dei dettagli, il passaggio della Settima Arte dal muto al sonoro, ci mostra artisti che non ce la fanno. Insicuri, inadeguati, titubanti, impacciati. Se La La Land era l'ascesa, a un caro prezzo, Babylon è ascesa e caduta.
Non c'è posto per l'amore
Quel caro prezzo da pagare per raggiungere il successo è, in La La Land, l'amore. Un amore che, sacrificato sulla strada lastricata di luci di Hollywood, però è vivo e vibrante. C'è la sintonia, l'affinità elettiva, la chimica. C'è la passione. L'amore finisce, ma esiste. Damien Chazelle, in La La Land, vuole dirci questo. In Babylon sembra quasi non esserci posto per l'amore. È una passione a senso unico, come quella di Manny (Diego Calva) per Nellie (Margot Robbie). È una galleria di mogli che si alternano in maniera quasi meccanica nella vita di Conrad (Brad Pitt), scelte più per la loro fama, eleganza, avvenenza che per un vero sentimento. E così anche qui, mentre il gossip già all'epoca impera, si è destinati al fallimento. Ma in La La Land un amore poteva fallire dopo essere sbocciato e consumato. In Babylon l'amore sembra essere solo un'illusione. Come il cinema.