Autumn Beat, la recensione: Antonio Dikelee Distefano e un coming of age a tempo di rap

La recensione di Autumn Beat: la musica rap, Milano, la realtà dei neri italiani di seconda generazione. Una bella storia, ma non tutto funziona nel film diretto da Dirige Antonio Dikelee Distefano. Su Prime Video.

Autumn Beat, la recensione: Antonio Dikelee Distefano e un coming of age a tempo di rap

I rumori della strada, i toni che si alzano, un'epopea famigliare oltre che musicale. Dopo aver ispirato la serie Netflix Zero, tratta dal suo libro Non ho mai avuto la mia età, Antonio Dikele Distefano dirige e scrive (insieme a Massimo Vavassori) il suo Straight Outta Compton in salsa milanese, raccontando la storia di due fratelli, Tito e Paco, e del loro percorso nel mondo del rap. Certo, e lo diciamo subito nella nostra recensione, Autumn Beat ha un'impostazione diametralmente e naturalmente diversa da quel film ambientato a Compton ma - se vogliamo - gli intenti potrebbero essere contigui.

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Autumn Beat: un'immagine del film

Il film, disponibile su Prime Video, segna dunque l'esordio di Dikele come regista, scegliendo in questo senso un linguaggio che conosce e argomenti mai come adesso strettamente contemporanei e marcatamente importanti. La musica come strumento di "salvezza", la poesia in rima dietro il ritmo forsennato del rap, l'integrazione dei neri italiani di seconda generazione. Inflessioni e temi cari a Dikele (che sotto lo pseudonimo di Nashy ha composto alcuni brani come Ricordi o Voglia di Spaccare), facendo sì che il suo Autumn Beat diventi un'opera di narrativa generazionale ancora prima che mezzo cinematografico.

Un racconto di formazione sulle note rap

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Autumn Beat: un'immagine

Nel farlo, segue le tracce (per restare in tema...) del racconto di formazione. Un coming of age che illumina la storia black italiana mentre sotto avanza la preponderante potenza musicale. I protagonisti, come detto, sono Tito e Paco, due fratelli cresciuti a Milano che condividono la stessa speranza: trovare la propria voce, trovare il proprio posto nel mondo. O meglio, farsi sentire tramite la musica e il rap. Complementari ma diversi, Paco e Tito (interpretati da Abby 6ix e Hamed Seydou) dividono e condividono il lavoro: Paco è un grande performer, mentre Tito ha una scrittura sublime. La strada sembra portarli al successo ma, come spesso accade, la vita può riservare quelle complicazioni che non avevamo calcolato. L'ambizione spasmodica non aiuta, le incomprensioni acuiscono le differenze. Addirittura, in mezzo ci si l'amore per la stessa ragazza, Ife (Genemé Tonini). Tra passato e presente (il film inizia nel 2011), il viaggio fraterno si separa e si rincontra, a metà tra il dolore e un sogno enorme dai contorni sfumati. Per questo Dikele suddivide il film tre atti che scandiscono il tempo e l'evoluzione dei personaggi: le serate nei club, poi si torna indietro ai tempi di una difficile infanzia, e si va in avanti verso un futuro in cui i confini si fanno più spessi e dolorosi.

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Fatturato vs. Emozioni

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Autumn Beat: una foto dal set

Momenti diversi, stili diversi che Dikele converge in un film che si rivolge ad pubblico trasversale, spingendolo a cercare il lato migliore, mantenendo però vive quelle promesse fatte quando la purezza non era stata ancora mangiata dal "fatturato". Ecco, il fatturato. Una delle parole più brutte del nostro vocabolario, e che purtroppo rende l'arte uno strumento in cui i compromessi prendono il posto della qualità. Sotto sotto Autumn Beat suggerisce questo, applicando slogan e slang musicali ad una forma di linguaggio filmico molto simile ad un lungo videoclip. Di per sé non sarebbe un problema (anzi), lo diventa se poi una storia così emozionale e così intima non ha il giusto approfondimento narrativo e la giusta fermezza. Purtroppo perdendondo una naturalezza in funzione di un'artificialità che insegue uno storytelling dai margini sfocati che tendono a sfilacciarsi.

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Autumn Beat: un'immagine dal set

Per questo la parte centrale, in cui seguiamo Tito e Paco da piccoli, è il segmento più riuscito e più vero di Autumn Beat. Troviamo una certa dolcezza e una maggior cura scenica, unite ad un fattore empatico capace di trascinare e coinvolgere le emozioni degli spettatori e di quel pubblico che può finalmente ritrovarsi e sentirsi rappresentato. In fondo il film di Antonio Dikele Distefano arriva direttamente dal suo background, molto simile a quello di altri ragazzi che hanno dovuto affrontare furiose tempeste prima di scovare un faro luminoso. Mostrando e dimostrando di aver davvero tante cose belle da dire. Piccola appendice: Autumn Beat non è solo l'esordio di Dikele come regista, ma anche quello di Hamed Seydou come attore, affiancato da Abby 6ix, tra i più talentuosi rapper della nostra scena. A supportarli e ad accompagnarli, in un piccolo ruolo, anche un grande nome come quello di Guè.

Conclusioni

Due fratelli, la musica, un sogno. Concludiamo la recensione di Autumn Beat soffermandoci sui toni di un film che gira per metà: la parte centrale è sicuramente la migliore, e in parte sopperisce una certa sensazione di artificiosità. Artificiosità relativa soprattutto ai dialoghi e alle svolte narrative. Invece, è ottima la colonna sonora ed ottima la soundtrack. Ma del resto con il rap è difficile sbagliare...

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • La colonna sonora.
  • Il secondo atto. Quello più riuscito...

Cosa non va

  • ... perché l'incipit e l'epilogo non hanno la potenza necessaria.
  • C'è una sensazione di artificiosità nei dialoghi...
  • ... che alcune volte sembrano inseguire slogan e frasi fatte.
  • Dieci minuti in meno avrebbero dato maggior ritmo.