Il giorno in cui non sarà più necessario sottolineare un'eccezione è ancora molto lontano. Il giorno in cui essere una donna alla regia sarà percepito come normale non è oggi. Ecco perché, nell'apertura della recensione di Atlantique, non possiamo dimenticare che quello di Mati Diop è il primo film nella storia del concorso ufficiale di Cannes a essere diretto da una regista di colore. Traguardo epocale raggiunto da un film che dentro di sé racchiude una forte insofferenza nei confronti delle tradizioni, del passato, delle cose che non cambiano anche quando dovrebbero farlo. Per tutti. Uomini e donne.
Eppure è innegabile che Atlantique, nonostante la sua vocazione corale, stia dalla parte della sua protagonista Ada, bellissima ragazza senegalese chiamata a vivere un intimo percorso di formazione. Attraverso lo sguardo candido di una giovane costretta a diventare donna, Diop guarda alle contraddizioni del Senegal, alle sue ambizioni castrate, ai suoi riti sociali da sovvertire una volta per tutte. Una carica rivoluzionaria per niente urlata, mai aggressiva e violenta, che si insinua poco per volta nell'animo dei personaggi, col contagocce nelle mani di una regista ambiziosa e coraggiosa. Visionario e surreale, Atlantique è un film che vuole essere e fare troppe cose.
Storia d'amore, racconto intimo e denuncia sociale si intrecciano dentro un'opera poco solida nella sceneggiatura ma assai suggestiva nella messa in scena. Un film che, non a caso, si specchia sempre nelle acque dell'oceano di cui porta il nome: a volte quieto, altre più impetuoso.
Distruggi il vecchio, costruisci il nuovo
Si lavora e si suda nel cuore di Dakar. La capitale del Senegal si affaccia sull'Atlantico e prende ossigeno, immagina un futuro nuovo, ambizioso e scintillante. Proprio come il grattacielo attorno al quale sorgono tanti cantieri in cui centinaia di operai vengono sfruttati a oltranza. Mesi di paga arretrati spingono il giovane Suleiman e compagni a fare qualcosa per dare una svolta al loro triste destino. La risposta sarà lì, nelle acque dell'Atlantico, per cercare fortuna lontano da tutta quella amarezza. Prima di partire, però, Suleiman saluta il suo amore Ada, ragazza ancora acerba ma sicura dei suoi sentimenti. Il non ritorno di Suleiman, però, rappresenta il naufragio di ogni bella speranza, con Ada costretta a un matrimonio combinato e infelice.
C'è bisogno di uno scossone per smuovere i personaggi di Atlantique, un film misterioso, immerso dentro atmosfere lugubri e perennemente notturne. Perché da quel grande dolore inizia a cambiare tutto: ci si ribella agli imprenditori crudeli, si lotta contro i mariti imposti, si combatte mossi da uno spirito di ribellione comune. Avviene tutto attraverso una criptica storia di fantasmi, quasi di zombie affamati non di carne ma di giustizia, equilibrio e dignità. Non morti che ritornano a punire i colpevoli, a smuovere la zoppicante sceneggiatura di un film in cui le immagini funzionano più delle parole. Laddove la sceneggiatura latita spesso di coesione, risultando sfilacciata e criptica, Atlantique si rivolge agli occhi dei suoi attori e al mare per trovare poesia, speranza e respiro. L'oceano Atlantico assume così la forma di un confidente, destinatario di sogni più forti della balorda realtà delle cose. La rivoluzione silenziosa (ma inesorabile) di Atlantique ha bisogno di distruggere il vecchio, di sostituire il materiale con lo spirituale, il fisico con il metafisico.
Donna: femminile, plurale
Non si cambia il Senegal senza cambiare i senegalesi. Senza rompere le catene di riti e abitudini sociali allergici al progresso e alla libertà. Ecco perché il personaggio di Ada (interpreta da un'intensa e meravigliosa Mame Bineta Sane) diventa assolutamente chiave e centrale per Diop, assumendo la forma metaforica di una persona emblematica per tutto il Paese. Si avverte tanto la complicità tra autrice e attrice, con una regia scrupolosa, delicata, affezionata ad Ada, interessata al suo corpo, ai suoi occhi grandi e stracolmi di pensieri, rinunce, mancanze. Discreta eppure morbosa, Diop si avvinghia addosso ad Ada per farci vivere sulla sua pelle una lenta presa di consapevolezza. Femminile prima che umana. Mentre il popolo reagisce ai soprusi, Ada inizia a capire chi vuole essere e cosa vuole diventare. Impregnato di una forte carica allegorica e immaginifica, legata allo spiritismo tipico dell'Africa, Atlantique usa la ribellione silenziosa di una donna per dare voce a tanti, rimette al centro l'astratto, il ricordo, il potere dei sentimenti che frantuma la dimensione miserabile di chi costruisce esistenze soltanto con mattoni e fedi nuziali.
Conclusioni
Prima di scrivere questa recensione di Atlantique, ci siamo presi del tempo per pensare e digerire l’intrigante opera prima di Mati Diop. Un film complesso, oscuro, coraggioso, dedicato alla rivoluzione inesorabile di un popolo che si riconosce e specchia nel racconto di formazione di una giovane ragazza senegalese. Troppo confuso sul piano narrativo, forse per il desiderio di voler toccare troppi temi, Atlantique ammalia attraverso un uso poetico delle immagini e la capacità di rievocare lo spiritismo tipico della cultura africana.
Perché ci piace
- La delicatezza di alcune sequenze molto romantiche.
- La scelta di legarsi alla cultura spiritista dell’Africa.
- La scoperta della bravissima attrice protagonista.
Cosa non va
- La sceneggiatura è criptica e poco chiara.
- Il tentativo azzardato di far convivere troppe tematiche.