Forse non basterà il primo episodio a convincervi, forse ci vorrà un po' di costanza e determinazione, ma siamo certi che al termine di questa prima stagione composta da dieci episodi non potrete che concordare con noi nell'eleggere questa Atlanta non solo una delle grandi sorprese televisive del 2016, ma anche una delle migliori comedy da molto tempo a questa parte. Perché - non lasciatevi ingannare da titoli di giornale roboanti e impegnati - la serie di Donald Glover è innanzitutto questo: divertente, a tratti davvero geniale e se vogliamo anche coraggiosa, ma comunque una commedia prima di tutto.
Perché è vero che lo stesso Glover ha più volte dichiarato di voler mostrare con Atlanta cosa voglia dire essere neri negli USA, e più specificamente dei rapper neri nella capitale della cultura hip-hop, ma la sua riflessione politica e sociale - seppur voluta, cercata e presente praticamente in ogni episodio - è sempre e comunque filtrata da un umorismo caustico e irresistibile ma mai sguaiato. A cui si aggiunge quel tocco di surreale che non guasta mai e che riesce davvero ad elevare, episodio dopo episodio e in maniera sempre più percettibile, questo show ai livelli di grandi e migliori successi comici del passato ma anche a renderlo un qualcosa di sperimentale e immediatamente rilevante.
Aggirare lo stereotipo
Si ride con Atlanta, ma quasi mai per una battuta o un dialogo particolarmente brillante, ma per la capacità di Glover e tutti i suoi collaboratori di creare situazioni divertenti partendo dal nulla (qualcuno ha detto Seinfeld?), se non dalla semplice osservazione di un mondo che conoscono fin troppo bene e di cui, pur facendone parte, non riescono a non rilevare le contraddizioni. Così come, al tempo stesso, non possono che sottolineare anche il fatto che le loro stesse vite e i loro stessi comportamenti siano spesso oggetto di quei (pre)giudizi che troppo spesso caratterizzano la percezione del mondo black.
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Ma sarebbe stato un grave errore, oltre che troppo facile, mettere al centro di questo Atlanta dei personaggi lontani dagli stereotipi a cui siamo abituati, e invece i tre protagonisti maschili sono rispettivamente Earn, un 30enne insoddisfatto che spera di poter coronare il suo sogno di lavorare nel mondo della musica come manager; suo cugino Alfred, spacciatore con un talento per il rap che si sta facendo conoscere nell'ambiente con il nome di Paper Boi; e Darius, suo braccio destro costantemente fumato e imprevedibile. Esattamente le tre tipologie di personaggi che ci aspetteremo in uno show del genere, ma è il modo in cui sono scritti e interpretati a fare la differenza, a farli diventare personaggi veri, a permettere che si vada oltre lo stereotipo e la macchietta.
Si ride con Atlanta, ma non solo: Glover sfrutta con intelligenza le aspettative altrui e parte quindi proprio da personaggi apparentemente banali e già visti per raccontarci la loro quotidianità fatta di piccole cose - come andare ad un club con gli amici, ritrovare una giacca perduta, vendere un cellulare ad un negozio di pegni o semplicemente uscire a cena con un'amica - filtrando tutto però attraverso uno sguardo che non perdona, ma che anzi si sofferma, senza mai giudicare, pure sulla violenza e sulla superficialità che circonda il mondo del (gangsta) rap, oltre che sul razzismo imperante che alimenta certi atteggiamenti.
Sperimentazioni geniali e provocatorie
Può una commedia affrontare argomenti così seri utilizzando un atteggiamento apparentemente distaccato e (auto)ironico? La risposta è assolutamente affermativa e lo dimostrano frasi come "I scare people at ATMs, so I have to rap" ("La genta ha paura di me ai bancomat, quindi devo rappare") o alcune trovate fuori di testa ma potentissime nella loro semplicità come l'idea di trasformare Justin Bieber in un giovane rapper di colore o quella di inserire ad un certo punto nel pantheon dei vari personaggi secondari un bianco milionario che ha come hobby tutto ciò che è legato alla cultura nera, da Martin Luther King all'Africa. O, meglio, quella che è la sua percezione della cultura nera.
Ma un vero capolavoro, il gioiello più splendente di quella che è una sequenza di episodi incredibili, è l'episodio numero 7 intitolato B.A.N.: poco più di 20 minuti tutti dedicati ad un finto talk show dell'immaginario canale Black American Network che nasconde una esilarante ma interessantissima riflessione sul politicamente corretto, aggiornato a temi caldissimi come razzismo e transessualità. Il tutto inframmezzato anche da satirici spot pubblicitari davvero irresistibili. Il risultato è davvero straordinario, un misto tra le migliori e folli sperimentazione di un Community (di cui Glover è stato protagonista) e le provocazioni dei grandi comici della TV americana, da Louis C.K. in giù.
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Giovani prodigi
Tra una follia e l'altra però (menzione speciale per l'automobile invisibile) la serie non si dimentica mai dei suoi personaggi ma anzi, episodio dopo episodio, ce li fa conoscere ed amare sempre più: oltre ai tre già citati, tutti protagonisti di molteplici momenti memorabili, c'è da aggiungere anche l'affascinante Vanessa, ex (?) compagna di Earn e madre di sua figlia, a cui è dedicato un intero bellissimo episodio: si tratta di un piccolo ma significativo spazio che la giovane promessa Zazie Beetz sfrutta come meglio può e che le permette di emergere comunque in una serie (ed un mondo) prevalentemente maschile.
Ma in quanto a presenza scenica non è assolutamente da meno anche Brian Tyree Henry nel ruolo di Paper Boi, così come sono sempre perfetti tutti i comprimari che si susseguono di settimana in settimana. Al centro di tutto però rimane Donald Glover, interprete e creatore dello show ma anche sceneggiatore, regista (l'episodio B.A.N. è firmato proprio da lui), produttore e autore di alcuni pezzi rap con lo pesudonimo Childish Gambino. È lui il cuore di Atlanta, di questo show al tempo stesso semplice ed essenziale ma anche rivoluzionario. E a questo punto viene spontaneo chiedersi se sarà proprio lui a riuscire a riportare l'equilibrio tra il lato black e non della commedia seriale americana.
Cosa c'entra Star Wars adesso? Semplicemente Glover interpreterà Lando Carlissian nel prossimo spinoff dedicato ad Han Solo ed è proprio per questo motivo che per una seconda stagione di Atlanta dovremo aspettare il 2018! Noi qui stiamo cercando di essere degli jedi al riguardo e appellarci alla Forza pur di non farci prendere dal panico, ma considerata la lunga attesa non è semplice: caro Glover, dopo i dischi venduti, i Golden Globes vinti, il plauso della critica e gli ottimi ascolti sul canale FX per questo Atlanta, ora stai riuscendo persino a farci odiare Guerre Stellari. Ma c'è qualcosa che non sai fare?
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Movieplayer.it
4.5/5