Piani sequenza, carrelli, panoramiche e una macchina da presa che non molla nemmeno per un minuto questo valzer di volti e corpi. "Un film forte e non facile da digerire", ci tiene a far sapere il regista Romain Gavras a Venezia, dove lo accompagna in Concorso. Una narrazione da togliere il fiato (come leggerete nella recensione di Athena, su Netflix dal 23 settembre) che non dà il tempo allo spettatore di decidere se immergersi o meno nell'azione: nella guerra civile esplosa in una banlieue parigina in rivolta contro le forze di polizia ci verrà scaraventato inesorabilmente fotogramma dopo fotogramma, rimbalzando da un lato all'altro della barricata per poco più di un'ora e mezza. Merito di una scelta di regia che sperimenta, non si risparmia e usa le diverse possibilità del linguaggio cinematografico per creare immagini che si schiantano letteralmente sul pubblico.
La tragedia greca per raccontare il contemporaneo
Athenaè un film epico, immersivo, strabordante, impetuoso e visivamente ineccepibile, che strappa applausi e dichiara le sue intenzioni sin dal piano sequenza iniziale: un quarto d'ora in cui la cinepresa pedina i protagonisti fino al muro di cinta che campeggia sulla banlieue dove da lì a poco scoppieranno gli scontri. I riferimenti sono chiari sin dal titolo: la tragedia greca e il racconto epico. Al centro la guerra combattuta da eserciti che ricordano quelli di Sparta, ma al posto di spade, corazze e lance troviamo lacrimogeni, maschere antigas, scudi antisommossa e manganelli. Gavras sceglie di raccontare la rabbia contemporanea e la furia degli oppressi attraverso una storia che non è di certo nuova, fratelli sui fronti opposti della barricata, che ricorda il tentativo fatto di recente in Italia da Hleb Papou con Il legionario.
Qui i fratelli sono quattro: la morte del più piccolo Idir, a causa di un presunto scontro con la polizia, è la miccia che innescherà la rivolta. A fronteggiarsi saranno gli altri tre: Abdel, militare in prima linea tra le forze dell'ordine richiamato a casa nel quartiere periferico di Athena dove lo aspetta una famiglia devastata dal dolore; il più giovane Karim, divorato dal desiderio di vendetta, e deciso a fomentare la rivolta fino a quando gli assassini di Idir non verranno consegnati alla giustizia; e il maggiore, Moktar, impegnato a portare avanti i suoi traffici illeciti e che cercherà di placare le tensioni. La situazione fuori controllo degenera e presto quel sobborgo diventerà una fortezza sotto assedio, il palcoscenico perfetto di una tragedia familiare oltre che sociale, con le forze dell'ordine schierate in formazione antisommossa da un lato e una comunità lacerata da secolari contraddizioni dall'altro.
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La furia dell'azione e la rabbia degli oppressi
La furia monta sin dalle prime sequenze, la sensazione sarà quella di ritrovarsi nel mezzo della battaglia delle Termopili e non nel cuore di una guerriglia urbana; per impeto siamo dalle parti di 300 o di Mad Max Fury Road: una messa in scena spettacolare in cui la coreografata dei combattimenti raggiunge picchi di straordinaria potenza con movimenti di macchina, primi piani e frequenti piani sequenza. Complice la sontuosa colonna sonora realizzata dal francese Surkin (conosciuto anche con il nome di GENER8ION), artista di musica elettronica. Cori, sonorità electro e lirica sono il contrappunto perfetto dell'incalzare dell'azione che del teatro greco eredita anche l'unità di tempo: le sorti di una comunità si decideranno nell'arco di una notte, dal tramonto all'alba.
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La macchina da presa infila lo sguardo dello spettatore dentro il rumore degli spari, in mezzo al fumo dei lacrimogeni, vicino al dolore delle ossa spezzate, tra il rincorrersi delle immagini social e il tam tam dei notiziari, in mezzo all'avanzare dei corpi dei soldati in formazione: personaggi straordinariamente shakespeariani, rotti, lacerati, tormentati e sui quali pesa l'ombra dell'ineluttabilità del destino e l'assenza dello Stato. Ma aldilà dell'indiscutibile merito tecnico, Athena è anche cinema fortemente sociale: l'occhio di Romain Gavras, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Elias Belkeddar e Ladj Ly (regista de I miserabili) è quello che serve per non appiattirlo sulla via del semplice virtuosismo. Un film politico che nel finale si consegna a un j'accuse contro l'estrema destra che muove le fila da dietro le quinte e agisce nell'ombra indisturbata.
Conclusioni
Come ribadito più volte nella recensione di Athena, Roman Gavras realizza un'opera sontuosa e dagli echi epici sfruttando la tragedia greca per raccontare le radici dell'odio nelle banlieue parigine. Piani sequenza, carrelli e panoramiche fanno il resto, restituendo una coreografia dei combattimenti che darà allo spettatore la sensazione di ritrovarsi dentro gli scontri ad assaporarne i fumi, le urla, il sangue. Più battaglia delle Termopili che guerriglia urbana.
Perché ci piace
- Un cinema che si riappropria della potenza delle immagini.
- La coreografia dell’azione strutturata per piani sequenza e movimenti di macchina che trascinano lo spettatore in una esperienza immersiva.
- Una colonna sonora epica.
- L’impianto della tragedia greca per narrare il contemporaneo.
Cosa non va
- Qualcuno potrebbe non amare il taglio epico del racconto e interpretare le scelte del regista come pura tecnicismo.