Arrivano i mostri
Il titolo è un titolo qualsiasi, di quelli che non destano interesse e che negli anni ci hanno devastato completamente il rassicurante concetto di casa, un luogo in cui tutti dovremmo sentirci al sicuro. Ed è così che l'emblema del focolare familiare si è trasformato di volta in volta in una trappola mortale: accanto al cimitero, l'ultima a sinistra, al numero 13, stregata o con le finestre che ridono, nera, del diavolo, dei massacri, delle bambole, dei fantasmi, dei mille corpi e persino degli spiriti. Ma reggetevi forte perchè nonostante l'anonima etichetta, 'questa' casa nel bosco farà tremare i muri e le fondamenta di tutte le altre sovvertendo ogni legge ed ogni consuetudine di genere e rappresentando un punto di rottura sostanziale degli schemi del cinema del terrore. Senza timori reverenziali ci vogliamo avvicinare al film facendo un illustre
parallelo. E' curioso come a distanza di più di novant'anni siano due film dal titolo molto simile a segnare l'inizio e la fine di un'era. Nel lontano 1920 fu The Cabinet of Dr. Caligari a dare il via alle danze macabre di un genere che in poco meno di un secolo ha detto cinematograficamente tutto quello che poteva e che in migliaia di salse diverse ha giocato con le nostre fobie più recondite mischiando vampiri, serial killer, zombie, fantasmi, spiriti maligni, creature fantastiche e mitologiche, licantropi e bestie feroci di ogni tipo. A raccogliere il testimone di questa staffetta sono oggi due pionieri del piccolo e grande schermo che rispondono al nome di Joss Whedon e Drew Goddard, già celebrati autori televisivi di Angel e Buffy - L'ammazzavampiri, rispettivamente sceneggiatore e regista del film, quest'ultimo al suo esordio dietro la macchina da presa. E così, allo stesso modo in cui Wiene aveva creato le basi per un genere nuovo di zecca che per la prima volta raccontava l'orrore umano in una dimensione fino ad allora sconosciuta e in tutta la sua spiazzante ambiguità, oggi Whedon e Goddard con il loro The Cabin in the woods, che in italiano diventa Quella casa nel bosco, si divertono a ironizzare e a distruggere gli stereotipi su cui per decenni il genere horror si è poggiato e, purtroppo, lungamente adagiato.
Quella casa nel bosco è uno di quei film di cui meno si sa e meglio è ma non possiamo esimerci dal darvi qualche doverosa anticipazione. L'inizio è quello di tante altre storie del terrore, il finale è di quelli più folli mai visti. In mezzo un meccanismo perfettamente oliato che svela i perversi e grotteschi retroscena di una storia del tutto atipica, per narrazione e per contenuti. Due ambienti, due contesti e due punti di vista diversi interscambiabili tra loro legati da un'unica linea temporale a portare avanti l'avventura ai confini della realtà. Il film segue contemporaneamente le goliardiche boutade di alcuni impiegati d'ufficio e l'avventura di cinque amici che partono per un week-end spensierato e rigenerante immerso nella natura al riparo dal caos cittadino. Due piani narrativi apparentemente disgiunti che scopriremo presto essere strettamente connessi perché quelli che all'inizio ci appaiono come impiegati qualsiasi di un qualsiasi ufficio, si riveleranno essere gli operatori della stanza dei bottoni che controlla,
condiziona e instrada gli eventi e le scelte di queste cinque giovani vite finite in una trappola mortale come agnelli sacrificali in un recinto da cui non possono più fuggire. Cinque studenti che rappresentano perfettamente gli stereotipi generazionali (e di genere), la vergine, la poco di buono, l'intellettuale, lo sportivo arrapato e il saggio un po' sballato che sebbene dimostrino dall'inizio di essere piuttosto intelligenti e di agire in maniera mai troppo banale, disattendendo le aspettative dei loro burattinai, si ritroveranno a dare del filo da torcere a mostri ben più feroci e spietati di quelli raccontati nei film. Alla fine nessuno riuscirà a sfuggire al suo tragico destino, la lotta sarà all'ultimo sangue, le sorprese sempre dietro l'angolo e i colpi di scena si susseguiranno fino all'ultimo brevissimo istante prima della fine... Meccanismi e trasfigurazioni della paura vengono completamente stravolti in una storia che cambia più volte scenario e ritmo nonché le carte in tavola, trasformando i buoni in cattivi, confondendo il bene con il male, mostri veri e mostri umani, vittime e carnefici. Il tutto per cercare di capire le ragioni che hanno condotto il nostro tanto amato cinema dell'orrore nella situazione in cui si trova oggi, affossato dalla ripetitività delle storie, dall'insulsaggine dei personaggi in favore di spargimenti di sangue sempre più spettacolari e creativamente devastato dai remake. Ma perché amiamo tanto l'horror? Quale meccanismo perverso si innesca nella nostra mente quando entriamo in una sala cinematografica per assistere ad un film dell'orrore? Perchè le vittime degli horror moderni sono quasi sempre dei giovani innocenti, fisicamente prestanti che vogliono solo divertirsi e godersi la vita? Perchè lo spettatore non riesce mai ad affezionarsi a loro ma si identifica sempre più spesso nel loro torturatore o nel loro assassino? E' pur vero che spesso sono i mostri a prendere i sopravvento su chi li ha creati e ha dato loro potere, un po' come succede nella storia di Frankenstein, e sono i tempi che cambiano a creare spettatori sempre più esigenti e smaliziati, difficilissimi da soddisfare. E' proprio su questo punto che gli autori si concentrano sfoderando dal loro carnet di sorprese tutte le icone del cinema dell'orrore giocandosi uno alla volta tutti gli assi conservati gelosamente nella manica. Ed ecco che nella seconda parte del film, completamente diversa per ritmo e per concezione dalla prima, lo spettatore si ritrova a bordo di un divertente carosello popolato da tutti i mostri più orrendi e spaventosi del campionario del brivido nati nel corso dei decenni per terrorizzare un pubblico sempre meno interessato alla suspense e alle vicende dei personaggi e sempre più alle dinamiche della loro morte, alle torture e alla violenza fine a se stessa. In questo folle turbinio di emozioni Goddard e Whedon ci fanno credere tutto e il contrario di tutto. Invertendo di continuo la rotta del racconto e senza lascare mai nulla al caso, i due autori ci conducono verso un'apocalisse narrativa che canzona e allo stesso tempo resetta totalmente tutti i canoni di un genere controverso e bistrattato, da sempre considerato di serie B. Sempre in bilico tra commedia e dramma, il film miscela elegantemente cinismo, ironia e contemporaneità nascondendo in ogni battuta e in ogni dialogo tutto il furore narrativo dei suoi autori. Una lunga gestazione quella affrontata dal film, che per problemi di finanziamenti e per problemi di segretezza sulla trama ha più volte cambiato direzione prima di giungere in sala. Un carosello per gli occhi e per la mente, una metafora della vita, in cui c'è sempre quel piccolo margine d'imprevedibilità che può mandare all'aria tutti i piani, ma anche una metafora della società, dei rapporti tra i sessi, della fede, del cinema, della creatività in generale. Riflessione profonda sulla manipolazione dei processi mentali, sulla malvagità, sull'illusione di poter scegliere. Meccanismi che si adattano perfettamente ad una descrizione brutale della società di oggi, dei poteri che governano il globo, dei fenomeni di massa e in maniera più specifica dell'industria televisiva e cinematografica. Quella casa nel bosco è soprattutto un urlo di dolore e di ribellione dei suoi autori contro il sistema, contro le regole, contro l'appiattimento del mercato, contro il conformismo, contro la classificazione dei film in generi; un'opera coraggiosa e stimolante che accompagna lo spettatore in un'esperienza visiva ed emotiva davvero unica, deliziandolo con gustosi siparietti e momenti cult che entreranno per direttissima nella storia del cinema. Guizzi sublimi di un inguaribile nerd e di un fan sfegatato che si diverte, esattamente come in The Avengers (di cui Whedon è sceneggiatore e regista), a vestire i panni di un eclettico stratega che sa perfettamente come sorprendere lo spettatore e portare una ventata di cambiamento in due generi così diversi eppure così uguali in termini di cliché come l'horror e il comic-movie. D'altronde come dice uno dei protagonisti nelle scene iniziali "questa società ha bisogno di sgretolarsi", come ogni dogma di essere infranto e ogni paura di essere esorcizzata.
Per un ulteriore approfondimento su Quella casa nel bosco, con un'analisi interpretativa della pellicola, vi consigliamo la lettura dell'articolo Quella casa nel bosco: l'horror non abita più qui. Lettura sconsigliata a chi NON desidera anticipazioni importanti sul plot e il finale del film.
Movieplayer.it
5.0/5