Presentato come evento speciale fuori concorso nella sezione Settimana Internazionale della Critica, è appena arrivato anche nei cinema italiani Arance e martello, l'esordio di Diego Bianchi - conosciuto anche come Zoro - in qualità di regista ed interprete cinematografico, con una scatenata commedia girata in uno dei quartieri popolari di Roma che punta a riflettere, con ironia e sarcasmo, sullo stato di salute della sinistra italiana e sul turbolento rapporto di amore e odio fra i cittadini e la politica.
Qui al Festival di Venezia, in occasione dell'anteprima del film, abbiamo incontrato Diego Bianchi, che ci ha parlato del suo debutto con Arance e martello e, più in generale, della sua visione della politica, disincantata ma non ancora priva di speranza: insomma, per parafrasare una celebre frase di Nanni Moretti, sembra che nonostante tutto il nostro Diego abbia ancora voglia di esclamare, all'indirizzo dei politici nostrani, la proverbiale esortazione "Ti prego, dì qualcosa di sinistra!"...
Diego, la tua opera prima è dedicata al Partito Democratico: Arance e martello è una sorta di "lettera d'amore" alla militanza politica?
La militanza politica è stata una mia grande passione, che ho sempre vantato e che mi rendeva molto orgoglioso; ora, invece, la militanza non è più considerata "fica" e invidiabile. Ho raccontato la militanza di sinistra perché è quella che conosco. Il problema, oggi, risiede forse nei politici, che hanno creato uno scollamento fra "rappresentanti" e "rappresentati", tale da portare all'astensionismo e alla nascita di nuove formazioni politiche. Il concetto di "zoccolo duro" non c'è più, e il fatto che l'immagine della politica sia peggiorata ricade spesso su chi, invece, la politica la fa sul territorio. Se una volta citare Enrico Berlinguer era un onore, oltre che una grandissima responsabilità, probabilmente in questi ultimi anni non tutti i militanti si sono sentiti rappresentati allo stesso modo dai propri leader. Questo discorso in realtà non vale solo per il PD, ma anche per altri partiti e movimenti politici. Vent'anni fa, il confronto nelle sezioni politiche riusciva ad essere serio e sofferto; ho sempre visto la sezione come un luogo necessario, ma naturalmente bisogna evolversi. Oggi ci sono anche altre palestre di dibattito politico, come il web.
Da cosa è derivata la scelta del mercato come elemento cardine del racconto?
Io sono nato e cresciuto in quella zona: amo i luoghi "popolari", e nel mercato mi piace passarci a prescindere dall'esigenza di fare la spesa. È un luogo in cui si trova un'umanità varia, e dove quindi è difficile dialogare e riuscire a capirsi. La politica dovrebbe avere la vocazione ad aprirsi a questo mondo, ma negli ultimi anni invece ha avuto la tendenza a chiudersi in se stessa. Mettere questo microcosmo in relazione con la politica mi ha stimolato; inoltre quell'area è divisa plasticamente dalla "grande muraglia gialla" dei lavori della Metro C, un tratto quasi divertente... uscendo dalla sezione PD tu vedi soltanto il giallo di questa barriera! Il destino del mercato, che esiste realmente, è ancora in sospeso, ma c'è ottimismo e fiducia al riguardo.
Nel film hai usato anche attori non professionisti presi dal vero mercato?
Sì, ma solo in alcune inquadrature o in piccoli camei, mentre alcuni attori non vengono dal mercato, ma comunque non sono attori professionisti. Ho fatto fare il romanista a qualche laziale e, per par condicio, il laziale a qualche romanista. Per il resto, scrivere una sceneggiatura in un contesto sempre vivo ed in evoluzione ti permette di cogliere delle conversazioni fantastiche. I tre anziani seduti al bar a chiacchierare li ho usati per fare il verso a Fa' la cosa giusta, film citato costantemente.
A proposito del riferimento a Pier Paolo Pasolini, cosa puoi dirci?
Ogni volta che c'è uno scontro fra polizia e manifestanti si evoca subito Pasolini, usato come un totem intellettuale per giustificare qualsiasi cosa. In ogni caso trovo che sia giusto contestare ogni tipo di abuso.
Arance e martello è ambientato nel 2011; qual è invece il tuo giudizio sulla situazione politica attuale?
Al momento c'è un Presidente del Consiglio che ha preso il quarantuno percento dei voti: la mia impressione è che la gente abbia pensato "Vediamo se ci riesce lui". Matteo Renzi sembra un po' l'ultima speranza, ma non vorrei che poi di questa fiducia si abusasse. L'idea di fare le riforme insieme a Silvio Berlusconi mi sembra un "grande abbraccio" che rischia di non produrre risultati concreti sulla vita della gente. Da parte nostra, non credo sia giusto limitarci a seguire il carro del vincitore, e anche Renzi offre fin troppi spunti di critica: lui è uno slogan continuo.
Tu, come anche Sabina Guzzanti e Franco Maresco, vieni dalla televisione: la TV sta diventando una nuova fucina di talenti cinematografici?
Non saprei; per quello che mi riguarda, fare televisione mi ha fornito un osservatorio privilegiato sulla realtà, senza pretendere di dare risposte ma cercando di essere il più onesto possibile nel raccontare quello che vedo, come facevo con Tolleranza Zoro. Forse questo film è una sintesi ed uno sbocco naturale della mia esperienza televisiva. Per passare al cinema ci è voluta una notevole dose di incoscienza, ma l'incoscienza l'ho avuta anche in passato, fin da quando ho deciso di aprire un blog. Provare a realizzare un film di ampio respiro, con la storia giusta, è qualcosa che mi sono sentito portato a fare.
Come mai nel film hai scelto di inserire un breve monologo autocritico a proposito della celebrità?
Ho voluto mettere in scena un "non detto" che spesso però si pensa, a proposito di quello che faccio; è una sorta di flusso di coscienza che non riguarda solo me, ma anche altri personaggi del film.
Nella panoramica della politica italiana offerta dal film manca il Movimento 5 Stelle: cosa pensi di questo fenomeno?
Arance e martello è ambientato nel 2011, quando il Movimento 5 Stelle non era ancora protagonista della scena politica; nel film tuttavia sono mostrati moltissimi momenti di "grillismo" e si ascoltano slogan simili a quelli grillini.
Se il PD ti proponesse di candidarti, accetteresti?
Assolutamente no: io penso che bisogna avere una consapevolezza dei propri limiti, soprattutto in politica. Spesso davanti a un'intervista politico ci diciamo "Se ci riesce lui, posso farlo pure io", ma poi bisogna capire che la politica comporta grandi responsabilità. Una volta in politica c'erano persone a cui, a prescindere dal partito di appartenenza, riconoscevo una competenza e una professionalità che io non avrei mai avuto.
Per concludere, facciamo il gioco della torre con i due "idoli" citati nel film: se fossi costretto chi butteresti giù dalla torre, Berlinguer o Totti?
Non butto dalla torre nessuno! L'autolesionismo ha un limite: già ce ne sono poche di certezze, se poi mi levate pure quelle... La presenza dell'immagine Francesco Totti nel film costituisce l'evocazione di un idolo completamente diverso rispetto al pantheon della sinistra; un po' come accade oggi per Renzi, che in fondo con la storia della sinistra c'entra ben poco...