Dieci anni per una diagnosi e metà della vita di una donna a fare i conti con un disagio sottovalutato. Ne soffre tra il 10 e il 15% della popolazione femminile in età riproduttiva, e 3 milioni sono le donne affette con una diagnosi conclamata. Pensare che l'endometriosi fino a qualche anno fa non esisteva.
Le cose però sono cambiate e oggi ci si approccia alla malattia con una consapevolezza diversa: pur rimanendo una patologia spesso invisibile e caratterizzata da una lunga storia di ritardi diagnostici, oggi viene riconosciuta come malattia invalidante e se ne parla molto, al punto da essersi meritata una serie, Antonia, nata da un'idea di Chiara Martegiani, scritta da una team di sceneggiatrici e diretta da Chiara Malta, con la supervisione creativa di Valerio Mastandrea. Una dramedy in sei episodi disponibili su Amazon Prime dal 4 marzo.
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L'endometriosi come crisi di identità
"Una serie moderna, pop, movimentata" che non rinuncia all'autenticità della messa in scena: la protagonista Antonia, una donna di 31 anni in fuga da se stessa, si muove per le strade di una Roma caotica e frastornata, nella giungla urbana di mezzi pubblici, rumori incessanti e "animali di potere" (evocati dal viaggio sciamanico del terzo episodio della serie). Dopo aver lasciato la sua famiglia poco più che adolescente, Antonia (Chiara Martegiani) si è trasferita nella capitale rincorrendo il sogno di fare l'attrice: qui tra un provino e l'altro e una bizzarra agente sul viale del tramonto, Gertrud (Hildegard Lena Kuhlenberg), che millanta collaborazioni mai esistite con i grandi del mondo del cinema (Antonioni, Totò, Sophia Loren), ha trovato un equilibrio e un compagno, Manfredi (Valerio Mastandrea), un uomo mite, comprensivo, che si preoccupa di aggiustare tutto.
Insieme condividono l'affidamento del figlio di lui, un ragazzino poco meno che adolescente dalla parlantina sagace e appassionato di musica classica. La sera del suo trentatreesimo compleanno un litigio con Manfredi innesca una crisi che rimetterà in discussione il loro rapporto, e non solo: dopo aver passato la notte fuori casa, viene licenziata dalla serie in cui sta lavorando e finisce in ospedale, dove scopre di avere l'endometriosi, la malattia che le ha condizionato un'intera vita. Per Antonia, che nel frattempo si è trasferita a casa di Gertrud, un enorme e scalcinato appartamento nel cuore di Roma, inizia uno strano percorso di psicoterapia per conoscersi e capire meglio chi vuole essere: è arrivato il momento di scegliere se rimanere pollo o diventare gallina, tra andare in menopausa farmacologica o fare un figlio subito per bloccare l'avanzare della malattia.
Pollo o gallina?
Pollo o gallina? È il dilemma che affliggerà per tutto il tempo la protagonista: e non si tratta solo della metafora con cui si apre la serie ("Il pollo è l'animale giovane, se si riproduce diventa gallina"), a un certo punto Antonia comincerà davvero ad avere le visioni di una gallina. Tra psicodrammi, sessuologi, psicoterapeuti, viaggi sciamanici, fantomatici buchi per affrontare mistiche discese nel mondo di sotto e trovare il proprio "animale di potere" (o spirito guida) stando attenti a non arrampicarsi e a non infilarsi nei tombini "come fanno gli americani, che rimangono sempre incastrati nel mondo di mezzo", la trentatreenne si ritroverà malgrado le sue resistenza a intraprendere un bizzarro percorso di ricerca di sé e a fare i conti con una verità incontrovertibile: "i polli restano polli perché li ammazzano prima che possano diventare galline".
"Se non si cambia si muore", ma ad Antonia questo non interessa: e se non volesse cambiare? A lei le galline non sono mai piaciute. Se volesse rimanere pollo? Una protagonista spigolosa, rocambolesca, "scassata", instabile con cui sarà persino difficile inizialmente empatizzare; attorno un microcosmo di personaggi più o meno definiti: dal compagno Manfredi, che ribalta lo stereotipo del maschio alfa per fare spazio all'umana comprensione, alla migliore amica ed ex coinquilina Radiosa (una strepitosa Barbara Chichiarelli), neo mamma sull'orlo di una depressione post-partum, che deve districarsi tra pannolini, ciucci, sonaglietti e le battute poco ironiche del marito Marco, fino al nuovo amico Michele (Emanuele Linfatti) che si dichiara straight edge e insegue il sogno di pubblicare un romanzo.
Una serie pop in bilico tra visioni oniriche e autentico realismo
La serie in parte di ispirazione autobiografica (la stessa Martegiani scoprì di essere affetta da endometriosi proprio mentre scriveva la sceneggiatura) segue i ritmi della sitcom, episodi brevi di appena mezz'ora, ciascuno costantemente in bilico tra la dimensione surreale e onirica delle visioni della protagonista e quella più realistica della caotica e generalizzata isteria dei giorni nostri. Avvolta nelle sue giacche da uomo oversize e un paio di occhiali da sole da cui non si separa mai, Antonia ne è l'esempio perfetto: per il girovagare irrequieto da un capo all'altro della città a bordo di affollati mezzi pubblici, per gli inciampi costanti, le cadute e i provini mancati. Tra assorbenti, antidolorifici, emorragie e tailleur da smacchiare Antonia prosegue sul filo dell'autoironia e del nonsense, sdoganando un tema ancora molto scomodo per la società. Al netto di alcune situazioni che rischiano di scivolare nella caricatura e un diffuso senso di incompiutezza, ci si sorprenderà a ridere e a immalinconirsi insieme a una protagonista che non sa chi è, né cosa vuole, e che forse nel suo essere un pollo che non sa se diventare gallina rappresenta molte di noi.
Conclusioni
La forza di Antonia risiede nel potere dell’autoironia e del nonsense. Una gallina, una protagonista spigolosa e scassata come i personaggi che le ruotano attorno, l’isteria di una città come Roma, la precarietà e l’essere donna oggi per raccontare il dramma dell’endometriosi, “la malattia delle donne moderne” come la etichetta sarcasticamente uno dei medici che incontrerà Antonia. Nella serie nata da un’idea di Chiara Martegiani c’è tutto questo e basterebbe per concedersene la visione. Il formato breve, sei episodi di circa mezz’ora, aiuta. La vera vittoria sarebbe riuscire ad arrivare anche a un pubblico maschile e Antonia ha tutti gli strumenti per farlo.
Perché ci piace
- La chiave dell’autoironia per raccontare il dramma dell’endometriosi.
- Il coraggio di sdoganare un tema che in alcuni casi rappresenta ancora un tabù.
- Il formato breve.
- La messa in scena in bilico tra trovate pop, visioni oniriche e autentico realismo.
Cosa non va
- La deriva macchiettistica.
- Un senso di incompiutezza generale.