"Another End per me è innanzitutto una storia d'amore, colta nel momento della separazione, quando paradossalmente, nell'assenza del distacco, un legame si fa più presente". Le parole del regista siciliano Piero Messina, descrivono il secondo lungometraggio da lui diretto. Presentato in concorso alla 74esima edizione della Berlinale, Another End vanta un cast internazionale composto dal messicano Gael García Bernal, la norvegese Renate Reinsve, la franco-argentina Bérénice Bejo e l'inglese Olivia Williams. Il film è una storia d'amore (o forse tante storie d'amore?), ma anche fraterno, materno e ambientato in una città senza nome e senza tempo, abitata da personaggi guidati da sentimenti e ricordi. Another End racconta di Sal (Gael Garcia Bernal) un uomo rimasto senza pace dopo la morte della moglie Zoe. Sua sorella Ebe (Bérénice Bejo) lo convince ad attivare la tecnologia proposta dalla compagnia per cui lavora, tramite la quale si può far rivivere la coscienza di una persona scomparsa, installandola temporaneamente in un corpo compatibile.
L'amata Zoe ritorna dunque accanto a Sal nel corpo dell'ignara Ava, interpretata da Renate Reinsve. Amarsi ancora, innamorarsi di un'anima invece che di un corpo, innamorarsi invece di un nuovo corpo perché portatore di una coscienza familiare. Abbiamo incontrato il regista a Berlino insieme alla sua protagonista Renate Reinsve, scoperta con La persona peggiore del mondo di Joachim Trier. Ci hanno raccontato la costruzione di quel mondo senza identità che è la chiave del film ed il lavoro sulla definizione dei personaggi che lo abitano.
Another End: la nostra intervista a Piero Messina e Renate Reinsve
Basta il trailer di Another End per capire che la città ed il mondo creato da Piero Messina sono indecifrabili, volutamente senza identità. Dargli un nome non è prioritario per il regista che preferisce far muovere i suoi personaggi dentro questa apparente confusione dove a dominare sono le coscienze, i sentimenti, la malinconia ed i legami: "La mia intenzione è quella di creare un luogo non riconoscibile e di creare una fantascienza non visibile" rivela.
Spiega poi il processo creativo e formativo di questa intenzione: "L'aneddoto è questo: i miei collaboratori mi chiedevano che tipo fantascienza stavamo facendo e che mondo stavo raccontando. Io ho provato a dare delle risposte razionali, pure semplici però mi accorgevo che nel momento in cui dicevo qualcosa stavo tradendo le mie vere intenzioni. Abbiamo lavorato quindi secondo un metodo molto empirico in cui dicevo loro: io non so cosa stiamo facendo ma so esattamente quello che può esistere in questo mondo e quello che non ci può stare. Sentivo così, come musicalmente, se un elemento era stonato o intonato. Dicevo: questa maniglia si, questa no, questa città sì, questa no e abbiamo così, nei mesi, avuto questo tavolo pieno di foto di elementi, di città e abbiamo fatto una selezione. Ho capito poi col tempo che quello che stavo facendo era creare un mondo che fosse coerente non con un'idea di futuro ma con il sentimento del film. Questa selezione, oggetto dopo oggetto, città dopo città, ha creato un mondo credibile ma al contempo consueto e se vuoi anche romantico".
Another End, la recensione: Piero Messina e un film emotivamente rilevante
Zoe e Ava
Bérénice Bejo ha confessato la confusione in cui si è trovata sul set, visto che il personaggio che interpretava, così come tutti gli altri nel film, er sospeso nello spazio e nel tempo. Difficile trovarne l'essenza. A Renate Reinsve, premio per la miglior attrice al Festival di Cannes 2021 per la sua interpretazione in La persona peggiore del mondo, sono toccati ben due personaggi, Zoe e Ava in Another End, persone che dovevano essere tanto differenti quanto compatibili, proprio per conferire ulteriore senso al film.
Come si strutturano due ruoli di cui è fondamentale trovare l'essenza? Impresa difficile? Conferma Reinsve: "Sì perché sono molto diversi e non volevamo che risultassero monodimensionali, avevamo bisogno che entrambe venissero percepite come persone vere" racconta. Importantissima anche la parte estetica del processo: "Mi ha aiutato molto parlare con Piero delle loro personalità ed abbiamo fatto moltissimi test di capelli e trucco per capire chi erano queste due persone e renderle così differenti l'una dall'altra. Per me è stato importante anche capire e lavorare sul modo in cui stavano ferme o si muovevano".
Identità e presenza
Alla Berlinale Bejo ha detto: "Di questo film mi è piaciuto tantissimo come l'amore sia al centro, specie nel protagonista, che si innamora daccapo di questa donna che ha un corpo che non conosce, pur avendo la memoria della sua compagna". Another End nasce nella mente del suo regista anche per provare a rispondere ad un fondamentale interrogativo che emerge anche dalle parole di Bejo: di cosa ci innamoriamo? cos'è che amiamo in una persona? il corpo? la mente? la coscienza?
Ed ancora, cosa definisce chi siamo veramente? il quesito si fa ancora più invadente se lo si accompagna ad una riflessione sul momento che stiamo vivendo, in cui sembra che la nostra identità si sia persa a favore dell'immagine di noi che vogliamo mostrare al mondo. Una sensazione condivisa da Reinsve e Messina? "Non so se abbiamo perso la nostra identità - riflette il regista - ma certamente stiamo perdendo la nostra presenza che secondo me ha molto a che fare con l'identità. Nel film si parla anche di questo, cioè di quanto la presenza sia determinante nella relazione". Dice la sua Renate Reinsve che si fa e ci fa delle raccomandazioni per il futuro: "Siamo circondati da così tante immagini e viviamo sotto pressione per come le persone ci guardano ed anche per come noi ci guardiamo dall'esterno. Concentrarsi su cosa effettivamente ci dà gioia e felicità è una cosa molto difficile da fare, è qualcosa su cui dobbiamo lavorare ma è veramente molto importante da fare".