Venezia 2023 ci ha regalato Anna, pellicola di rara intensità e durezza che finalmente è approdata nei cinema italiani distribuita da Fandango a partire dal 13 giugno. Un'opera al femminile incentrata su una protagonista sensuale e selvaggia che, nella Sardegna rurale, difende la propria terra dalle mire espansionistiche di una holding mentre cura le proprie ferite. Ruvido e viscerale, Anna è firmato dal regista Marco Amenta che ha all'attivo opere come La siciliana ribelle e The Lone Girl, tutti film che hanno in comune il fatto di essere incentrati su figure femminili. A produrre il film è, inoltre, la sorella del regista, Simonetta Amenta.
Per Marco Amenta l'attenzione verso il femminile è una scelta inconscia, qualcosa che gli nasce da dentro: "Da piccolo ho avuto una babysitter molto sessantottina, è stata una delle prime ragazze a denunciare il padre a Corleone e poi si è trasferita a Palermo. Lo stigma su di lei era molto forte perché la sua storia era nota, nessuno le dava lavoro, era messa ai margini della società e additata come cattivo esempio. I miei genitori, molto femministi, l'hanno presa come babysitter. Forse è stata lei a trasmettermi i valori del femminismo, infatti i miei personaggi si battono contro il maschilismo e il patriarcato. Non è una battaglia intellettuale, ma di libertà personale".
Sguardi feroci sul femminile
Anche Anna parla di una battaglia che vede una donna impegnata a salvare la terra di suo padre dalle speculazioni edilizie. Il film nasce da un vero fatto di cronaca che Marco Amenta ha scelto di modificare per plasmare la "sua" storia: "La vicenda originale è accaduta in Sardegna qualche anno fa. Si tratta di una vicenda alla Davide contro Golia legata a una speculazione edilizia, una battaglia contro un grosso gruppo immobiliare portata avanti da un padre pastore con la figlia. Ma ho voluto fondere nel film anche echi di The Lone Girl, film che ho girato nel 2019 sull'ultima buttera maremmana. Lei aveva un approccio femminile agli animali e io l'ho riproposto nel rifiuto di Anna di portare le sue capre al macello, nel suo nutrire un amore quasi materno verso le sue bestie".
A interpretare Anna è Rose Aste attrice con pochi lavori all'attivo, ma dotata di grande carica magnetica. "Per trovarla ci abbiamo messo più di un anno" confessa il regista. "Molto presto abbiamo capito che doveva essere sarda per tutto il vissuto che si porta dietro e per la lingua, aspra come il personaggio, che veicola un racconto antico e viscerale. La sonorità veicola senso, come ci ha insegnato Gomorra, che parlato in italiano non avrebbe lo stesso significato. Dopo tantissimi provini ho trovato Rose Este che mescola il lato selvaggio, duro, di pastora con un erotismo inconsapevole".
Un'immersione totale per un film viscerale
Buona parte della forza di Anna nasce dall'innamoramento dell'obiettivo nei confronti di Rose Aste, sempre al centro dell'inquadratura, che sostiene quasi interamente sulle sue spalle il peso di un film "quasi in soggettiva" come conferma Marco Amenta. "La fotografia e lo stile di regia seguono lo stato d'animo di Anna, le sue gioie e i suoi dolori. La telecamera è incollata alla sua pelle, alla sua nudità, ai suoi silenzi, quindi abbiamo lavorato molto con la macchina a mano per realizzare riprese traballanti e inquiete, proprio come lei. La luce entra nell'obiettivo ferendolo proprio come è stata ferita Anna".
Il regista si sofferma poi sulla lunga preparazione necessaria per ottenere il risultato che si era prefissato: "Ho vissuto in Sardegna quasi un anno, vicino alle location. Prima dell'inizio delle riprese ci siamo recati nella casa del film per permettere a Rose Aste di abituarsi alla campagna e agli animali. Le capre non erano addomesticate, la seguivano ovunque perché avevano imparato a riconoscerla. Questo tipo di lavoro è ciò che differenzia il cinema dalle serie, solo al cinema puoi far immergere lo spettatore in questa dimensione visiva e sonora perciò va tutelato".
Il cinema cambierà il mondo?
Oltre a Rose Aste, l'altra protagonista di Anna è la Sardegna, con le sue location aspre e brulle, la sua gente dura e tenace, aspetti che Marco Amenta ammette di apprezzare molto: "Avevo già fatto un film tra Sicilia e Sardegna che si chiama Tra le onde. Il senso di appartenenza dei sardi è ancora fortissimo, perciò la storia non poteva essere ambientata altrove. La testardaggine di Anna è ciò che la fa andare avanti nella sua battaglia. Amo la Sardegna perché conserva questo lato aspro e antico. Apprezzo il loro senso dell'onore e della parola data, valori che nelle grandi città si sono persi".
Quel che non si è persa è l'attenzione di Marco Amenta ai temi caldi di cui si parla oggi: femminismo, ambientalismo, lotta al patriarcato, emancipazione, denuncia della violenza. Un cinema intimo e personale, ma con un lato militante. "L'obiettivo di un film non è cambiare il mondo" ammonisce lui. "Per me i film devono far fare allo spettatore un viaggio emotivo in un'altra dimensione. Mi interessa di più vedere un film che mi scuote, che mi stimola una riflessione piuttosto che intrattenermi e basta. Se una piccola scintilla può accendere un fuoco la cosa diventa interessante. Il lavoro dell'intellettuale dovrebbe essere ancora quello di scuotere le coscienze".