Era giugno del 1998 quando una giovanissima e riccissima Sarah Jessica Parker in versione Carrie Bradshaw sfilava in tutù per le vie di New York ammiccando all'autobus con la sua foto nella sigla storica di Sex and the City. Un tutù rosa e una canotta come simbolo di una piccola rivoluzione che stava per avvenire sul piccolo schermo e che avrebbe avuto ripercussioni non solo nel mondo della serialità televisiva, portando fama anche alla rete HBO, ora simbolo di numerosi successi ma anche nella percezione dell'essere donna oggi. Prima delle quattro amiche newyorkesi, Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda, le donne venivano rappresentate in maniera unidimensionale oppure semplicemente archiviate sotto categorie subordinate alla loro posizione rispetto agli uomini e quindi vai di zitella arida, mamma e moglie devota, divorziata incattivita, l'immancabile lesbica acida e infine per dirla in sinonimi, la poco di buono. Le ragazze di Sex and the City ci presentarono invece una vasta gamma di sfumature in quanto a femminilità e dimostrarono di poter esistere oltre l'uomo e non in sua funzione, godendosi liberamente libertà, sesso, potere, carriera. In Italia abbiamo dovuto aspettare il 2000 per poter far finalmente insinuare la serie nelle nostre vite, TMC, ora LA7 fu paladina del cambiamento e abbinando gli episodi della prima stagione ad una trasmissione all'epoca irriverente sul sesso, apriva le porte allo show. 21 anni, 6 stagioni e 2 film dopo, Michael Patrick King riprende in mano i protagonisti della serie e con And Just Like That... ci riporta in quel mondo, in un sequel che vede le nostre ragazze ormai 50enni alla prese con una realtà che è cambiata radicalmente. Come già sostenuto nella recensione dei primi episodi del sequel, Sex and the city era stata rivoluzionaria per i tanti temi accennati sopra ma retrograda e superficiale su tante altre battaglie oggi sulla via della vittoria tra cui spiccano la giusta rappresentazione dell'identità di genere e gli orientamenti sessuali in un mondo sempre più spesso non binario e fluido e l'inclusione e la diversificazione in una società multietnica. And Just Like That... fin dai primi minuti dell'episodio 1 sembra essersi posto come obiettivo proprio il rimediare agli errori del passato, ricominciare daccapo e fare una nuova rivoluzione.
Nell'ordine di 5 punti, proviamo a individuare gli obiettivi di questo sequel, partendo dagli errori fatti da Sex and the City, sottolineando i possibili rimedi che And Just Like That... sta provando a mettere in campo.
1. Un cast all white
Non ci vuole certo un critico cinematografico per rendersi conto di una delle più grandi stranezze di Sex and the City, persino per il 1998: un cast all white. Possibile che fosse credibile all'epoca che in una città dai mille colori e le mille etnie, nella cerchia degli amici e conoscenti stretti di Carrie, Charlotte, Miranda e Samantha ci fossero solo persone bianche e che il massimo dell'esotico fossero le origini siciliane di Anthony (Mario Cantone), l'amico gay di Charlotte? Come se questo non bastasse, nel 2000, quando negli Stati Uniti erano alla terza stagione, andò in onda un episodio che l'allora sceneggiatore Michael Patrick King reputò, erroneamente, adatto a mescolare un po' le carte del multietnico. A Samantha, la più spregiudicata, veniva assegnato il flirt con un produttore discografico afroamericano. Ma quando tutto sembrava filare liscio nell'essere trattato come una relazione normale, ecco che lo show tirava in ballo la sorella di lui, pronta a sfoggiare un fin troppo stereotipato litigio, con tanto di tirata di capelli con la nostra Sam, accusata di navigare in acque che non le appartenevano. Questo episodio strideva già nel 2000, oggi è un gigantesco e caucasico No. Come rimedia AJLK? Michael Patrick King con il primo film tratto dalla serie, nel 2008, provava già a metterci una pezza introducendo il personaggio dell'assistente di Carrie interpretato da Jennifer Hudson ma And Just Like That... finalmente apre le porte ad un più normale e realistico mix di etnie grazie ai nuovi personaggi: Sarita Choudhury nel ruolo di Seema Patel una agente immobiliare di successo, Nicole Ari Parker nei panni di Lisa Todd Wexley, una mamma di Park Avenue definita dalle altre la Charlotte afroamericana, Sara Ramirez, attore non binario di origini messicane e infine Karen Pittman che interpreta la Dottoressa Nya Wallace, professoressa di Miranda nel Master alla Columbia University. Grazie a questi 4 personaggi, AJLK sta man mano facendo partire nuove narrative e numerose occasioni per colpire e affondare gli errori del passato e chiarire chirurgicamente lo stato in cui siamo oggi. Basti pensare che, in soli 2 episodi, tre soli incontri tra Miranda e la professoressa ci hanno permesso di combattere il tipico atteggiamento bianco alto borghese del sentirsi, senza necessità, difensore delle cosiddette minoranze. Date le battaglie su giustizia e indipendenza fatte da Miranda in passato, il fatto che sia proprio lei a trovarsi incastrata in pregiudizi che non sapeva di avere, rende molto più potente ed efficace la narrazione del problema e le sue risoluzioni.
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2. Gay e Lesbiche monodimensionali
I più esperti di Sex and the City forse ricorderanno l'episodio in cui un gruppo di potenti lesbiche, interessate alla galleria di Charlotte, le facevano capire che la loro era una cerchia ristretta e che la ragazza non avrebbe potuto farne parte a meno che non avesse condiviso i loro stessi gusti sessuali. Dopo aver affondato un'intera categoria sotto un pesante stereotipo, errore impossibile da rimediare anche con il tentativo goffo della relazione, stagioni più tardi, tra Samantha e un'artista interpretata da Sonia Braga, sorte peggiore in termini di rappresentazione superficiale, l'hanno avuta le persone gay ridotte ai soli Stanford (Willie Garson) ed Anthony. Chiunque viva nel mondo normale sa che essere gay non è necessariamente sinonimo di gusto nel vestire, modi effeminati, arcobaleni e unicorni ma se all'epoca la comunità LGBT+ ha dovuto subire questa riduttiva e monocromatica rappresentazione di sé, in soccorso sembra forse star arrivando And Just Like That... Perché diciamo forse? al momento sembra che il problema sia stato proprio sorvolato per affrontarne uno più urgente e imminente, l'identità di genere.
3. Identità di genere e orientamento sessuale, queste sconosciute
C'era una volta un episodio di SATC dove Carrie Bradshaw/Sarah Jessica Parker baciava una ragazza durante il gioco della bottiglia e questa non era altro che Alanis Morissette in un piccolo ruolo che la cantautrice fece per la serie. Rinfreschiamo la memoria a chi non ricorda allora che era la "puntata" in cui la nuova fiamma di Carrie veniva criticato per la sua bisessualità, considerata come un orientamento passeggero, una indecisione momentanea prima di definirsi gay o etero. Come tutti sappiamo la nostra amata Cynthia Nixon è felicemente "out" e sposata con una donna da anni e senza fare spoiler, siamo lieti che la sua Miranda sia sul punto di esplorare nuove possibilità in AJLK. Il sequel invece riceve già un plauso in quanto a trattamento di un altro tema caldo, la non binarietà, perché non solo introduce il personaggio di Sara Ramirez, non binario podcaster conduttore del programma dove Carrie è ospite ma dedica alla ricerca ed individuazione della propria identità di genere più di una linea narrativa grazie al personaggio della figlia minore di Charlotte, Rose, alle prese con qualche domanda in più sul sentirsi ragazza o ragazzo o forse nessuno dei due.
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4. Troppi partner?
La più carica di errori in SATC è sempre stata la terza stagione, andata in onda come dicevamo nei favolosi anni 2000, inizio del nuovo millennio. L'episodio "Quando gli uomini sono troppi?", titolo italiano di Are we sluts? (Siamo prostitute) prendeva in esame un'idea patriarcale, ma radicata anche nelle menti femminili, che troppi partner sessuali fossero sinonimo di "prostituta" e poca serietà o che alcune pratiche sessuali dovessero essere bandite dai gusti di donne rispettabili e intraprese appunto solo dalle cosiddette passeggiatrici. Alla domanda di Carrie nella sua rubrica :Quando è che gli uomini sono troppi? risponde 20 anni dopo AJLK con la stand up comedy di Che Diaz- Sara Ramirez che promuove la libertà sessuale con chi si vuole e come si vuole.
5. Alcolismo, dipendenze, disturbi alimentari trattati con superficialità
In più di un'occasione SATC trattò con superficialità le dipendenze e i disturbi alimentari con un'inevitabile effetto cringe, ancor oggi indimenticabile. Come dimenticare infatti quando Carrie diceva di se stessa giovane a NY: "Nei primi tempi a NY compravo spesso Vogue invece della cena, sentivo che mi nutriva di più". Una frase del genere, seppur naive, rendeva palese quanto gli sceneggiatori sottovalutassero l'effetto negativo che un comportamento alimentare del genere potesse avere sul pubblico più giovane. Per non parlare delle ultime stagioni in cui Samantha, trasferita a Los Angeles per amore di Smith, veniva colpita da un massivo fat-shaming da parte delle sue amiche per aver messo un po' (e sottolineiamo un po') di pancetta. Per quanto riguarda invece alcolismo e dipendenze varie, poi, il destino è stato simile in quanto a superficialità. E AJLK come si pone a riguardo? stiamo a guardare, intanto sembra che gli sceneggiatori vogliano prendersi carico di trattare anche il tema dell'alcolismo con più serietà, magari esagerando al contrario, ma bisogna attendere per saperlo.
Su una cosa prevediamo che AJLK non possa rimediare agli errori di Sex and the City: l'inverosimile situazione economica di Carrie. La sua non credibilità perpetuata lungo le stagioni ha acquisito uno status talmente permanente che ormai, non c'è verso di dargli una spiegazione. Dovremo convivere con l'idea magica a dir poco, e da giornalisti e scrittori come Carrie è ancora più dura, che con una sola rubrica su un quotidiano ci si possa permettere un appartamento a Manhattan, numerose paia di scarpe da 600 dollari, taxi a profusione, capi firmati e cene/pranzi/party rinomati in giro per la City.