Per il suo secondo lungometraggio dopo l'indipendente ed introspettivo Morning, Ami Canaan Mann sceglie le sporche e paludose campagne di Texas City per ambientare un film del tutto diverso, un thriller costruito intorno ad una coppia di poliziotti, uno texano e uno appena arrivato da New York, alle prese cona lunga catena di omicidi commessi da un serial killer che getta i corpi delle sue giovani vittime in un'area paludosa e torbida appena fuori città, tristemente nota come 'Killing Fields', una zona a tutti gli effetti fuori dalla loro giurisdizione in cui l'assassino sta cercando di attirarli lasciando numerosi indizi sulle scene del crimine.
Ispirato ad una storia realmente accaduta, Texas Killing Fields è stato sceneggiato da Don Ferrarone, ex-poliziotto della DEA di New York che entrò in contatto con la triste realtà dei Killing Fields all'epoca del suo servizio e che ora ha lasciato per dedicarsi alla scrittura e diventare uno dei collaboratori di Michael Mann. Il film di Ami Canaan Mann vede impegnati Sam Worthington, Jeffrey Dean Morgan, la giovanissima Chloe Moretz e Jessica Chastain mentre le scenografie sono affidate ad un'altra figlia di Michael e cioè Aran Reo Mann, tutti assenti oggi alla conferenza stampa di presentazione che oltre alla regista Ami Canaan Mann e allo sceneggiatore ha avuto come ospite d'onore lo straordinario cineasta autore di capolavori di genere come Heat - La Sfida e Strade violente, che sarà anche stasera insieme alla figlia sul Red Carpet. Il film arriverà nelle sale italiane distribuito da 01Distribution.
Questa è una storia ispirata a fatti realmente accaduti, ed è un aspetto che si nota nel film, potete parlarci di come avete lavorato per ricomporre il mosaico di questi casi irrisolti? Ami Canaan Mann: La sceneggiatura di Don Ferranone era accompagnata da una serie di ricerche molto dettagliare, da un articolo di giornale con tanto di mappa in cui erano segnati tutti i luoghi dei ritrovamenti e dei tanti casi irrisolti. Ricordo che nel dossier ho trovato immagini con i volti delle vittime, alcune di loro erano poco più che delle bambine ed erano immortalare in immagini di gioco e di scuola. Ricordo come ad un certo punto sembrava quasi che mi fissassero da quelle foto, una sensazione quella degli occhi addosso che ho voluto riportare anche nel film. Mi sono sentita addosso la necessità di raccontare questo fenomeno che ha inghiottito la zona di Texas City.
Cosa ha spinto Michael Mann ad accompagnare sua figlia in questo oscuro viaggio nella morte? Michael Mann: Quel che mi ha attratto di Texas Killing Fields è stato senz'altro la natura ossessiva dell'ambientazione, una zona viscida e spoglia come fosse abitata da fantasmi, ma anche il fatto che per scoprire gli autori di questi omicidi non era stato fatto un grosso sforzo, come se effettivamente quei luoghi dovessero in un certo senso giustificare quella violenza. Sembrava quasi che fossero pervasi da una sorta di quintessenza sul fatto che una vita umana veniva cancellata.Qual è il punto di vista di chi ha vissuto veramente in prima persona quelle storie e quelle realtà? Don Ferrarone: Dieci anni fa lavoravo nella squadra narcotici nella parte meridionale del Texas e mi sono imbattuto in questi due detective che cercavano di aiutare a scoprire la verità sugli omicidi di un gran numero di ragazze ritrovate nelle zone paludose intorno a Texas City. La storia continuava a riemergere nel tempo, si ripeteva ciclicamente, e ne rimasi molto colpito, soprattutto dalla perseveranza di questo poliziotto che aveva preso così tanto a cuore quelle storie. Non avevo mai sentito nessuna storia come questa, posso tranquillamente dire che mi ha ossessionato molto, tanto che ho deciso di scriverne e di parlarne con Michael Mann che poi ha deciso di produrre il film.
La presenza/assenza di queste giovani donne è molto forte nel suo film, vengono trattate quasi come dei fantasmi; quanto era importante per lei dare corpo a questa presenza con questo film? Ami Canaan Mann: E' senza dubbio una storia molto dura quella narrata in Texas Killing Fields, con un carattere grafico e visivo notevolissimo, ne abbiamo parlato molto con Don e una delle prime cose che ci siamo chiesti è stato come volevamo trattare questo materiale. Volevamo capire cosa succedesse in quei luoghi anche se abbiamo avuto un po' paura di sapere la verità ad un certo punto. Visivamente ho cercato di evocare, di sedurre il pubblico che doveva desiderare a tutti i costi di capire cosa accadesse effettivamente tra quegli alberi al calare della notte.
Ci racconta come ha vissuto la lavorazione del film un grande regista come Michael Mann? Michael Mann: Quando guardavo le immagini delle vittime sul giornale rimanevo profondamente toccato, si instaurava con loro un contatto speciale e mi sono sentito vicino a questa storia come poche volte mi è accaduto. Ami è stata molto brava nel preparare gli attrori, ha spiegato loro come lavorano i detective nel dettaglio, come si fanno le autopsie, perchè gli attori tutti comprendessero appieno cosa fosse un'indagine per omicidio, ha creato insomma una specie di accademia di polizia sul set.Ami Canaan Mann: Il mondo reale di Texas City doveva sembrare autentico, non doveva essere distante dalla storia vera di queste persone, certo di sabato mattina nessuno desidera andare in obitorio a vedere quel che accade ma ho voluto che gli attori lo facessero per capire fino in fondo i loro personaggi.
Signor Ferranone, ci racconta il suo rapporto con i due poliziotti della storia e con quei luoghi così cupi? Don Ferrarone: Ricordo come molte delle vittime che venivano trovate nei killing fields venissero da altre zone limitrofe e quando questo accade questi omicidi difficilmente vengono risolti. Quel detective prese a cuore il caso e cominciò a studiarlo facendo una mappa, segnando sopra tutto quello che accadeva. Erano zone morte, un tempo abitate da tribù cannibali, le uniche mai esistite negli USA. Quando sono stato in quei luoghi c'erano tanti manifesti in giro di donne sconosciute, volti ricostruiti dai loro resti e nessuno sapeva chi fossero. Lui si prese il compito e la responsabilità di indagare e tutti ad un certo punto lo volevano come collaboratore, talmente era la sua esperienza in questo tipo di situazioni. Ricordo che era anche un uomo molto spirituale, forse questo è l'aspetto che più mi ha coinvolto nella storia.
La più grande lezione imparata da tuo padre Michael? Ami Canaan Mann: E' stato un grande vantaggio per me averlo anche come produttore, peraltro è anche un regista quindi uno che mi ha aiutato a risolvere notevoli problemi logistici e finanziari, un professionista che comprende la priorità che assumomo l'estetica e la creatività in questo lavoro. E' stato molto interessante osservarlo mentre fa il giocoliere con le tantissime priorità di questo lavoro, mentre lavora con tutta la troupe, è stata una lezione preziosissima per me.Michael Mann è uno che ha sempre lavorato su storie thriller, che contributo secondo lei ha portato Ami in questo genere? Michael Mann: Lavoriamo molto sodo in famiglia, era molto giovane quando ha iniziato a vivere il set. Quando Ami è chiamata a dirigere un film è molto brava ad offrire la sua prospettiva in chiave narrativa e visiva, per non parlare degli elementi di natura emozionale che una donna come lei è capace di aggiunfere alle storie. In questo caso specifico essendo una madre nella vita ha affrontato con spirito diverso l'approccio con le vittime e con le indagini dei detective. Questo film inizialmente fu offerto a Danny Boyle e anche ad altri, poi sono passati degli anni e alla fine ho deciso di farlo dirigere a lei che mi sembrava la persona più indicata di tutte.
Come hai lavorato sulle location e sulle scenografie per creare questo splendido scenario? Ami Canaan Mann: Uno dei miei film preferiti è Picnic ad Hanging Rock, credo che questo basti come risposta. Ho lavorato alle scenografie insieme a mia sorella, con la quale ho intrapreso un lungo viaggio alla scoperta delle location più adatte in Lousiana che per molti versi ricorda molto il Texas. Siamo state ore ed ore a scattare foto agli alberi scheletrici e al paesaggio che mi ha guidato nei movimenti di macchina e aiutato molto a capire lo stile visivo che volevo dare al film. Volevo proprio usare questi alberi come metafora visiva di questi omicidi e della vita che incontra la morte.
Tu e tuo padre condividete la passione per le storie thriller, pensate che sia questo il modo più giusto per riflettere la società? Ami Canaan Mann: Per me non c'è gioia ed esercizio intellettuale maggiore che affondare in questo mondo e cercare di comprenderlo appieno. Mi affascinano molto la criminalità e il mondo dei detective, cinematograficamente è un mondo che adoro esplorare.Michael Mann: Non è corretto, non sono affascinato dai gialli. E' vero, mi sono occupato a lungo dei thriller, ma quel che mi attrae è il senso drammatico di queste storie che vengo da un orientamento urbano, credo che i conflitti tra bene e male siano un forte elemento di polarizzazione: la polizia lavora sul crimine e i criminali lavorano nel modo contrario. Molti sono i problemi sociali impersonificati da questi rapporti e da questi contesti suburbani. La maggiore fonte di seduzione per noi è il lavoro dei detective, personaggi perennemente alla ricerca di risposte e di verità che trascinano il pubblico nella narrazione della storia. Posso altresì dire che a mio avviso Ann ha questa tendenza naturale per la narrazione ed è una dote molto molto importante.