Un fiocco di neve scende dal cielo per posarsi sulla guancia di una donna. È la lacrima gelida di una madre che ha appena perso il suo bambino. Chi non si dannerebbe l'anima davanti ad un lutto simile? Chi non se la prenderebbe con un dio crudele? Però, il prologo di Lemon Scented You (non molto diverso da quello dell'episodio pilota) è ambientato agli arbori del tempo, durante l'esodo di una tribù più antica dell'antico, quando gli uomini e gli dei vivevano in comunione nella gioie e nel dolore. Un matrimonio di cieca e profonda fede, senza dubbi, distrazioni e nuovi idoli a fare da interferenza. Un ricordo di un'umanità talmente lontana da essere quasi irriconoscibile, trasfigurata, dalle sembianze aliene. La computer grafica rozza e i movimenti a scatto che contraddistinguono il popolo nomade raccontato in apertura rappresentano forse la volontà di allontanare ancora di più quel modello di essere umano devoto da quello contemporaneo, disilluso, confuso, frastornato. Tutti aggettivi vestiti a pennello dal nostro Shadow, fresco vedovo logorato dal tradimento di una moglie appena morta e poi subito dopo tornata in vita.
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I primi minuti del quinto episodio di American Gods ci suggeriscono chiaramente che non esistono dei senza uomini pronti a credere in loro. Esistono però atti di fede anche tra pari, tra noi miseri mortali, capaci di credere in qualcuno attraverso il filtro magico dei sentimenti. È forse per questo che, subito dopo l'incredulità iniziale, Shadow guarda verso la sua Laura con gli occhi da "cucciolo" (così lo chiama lei) di sempre. Manipolatrice e affascinante, la signora Moon scalfisce in men che non si dica la corazza di muscoli e il volto perennemente scuro di suo marito pur di riceverne il perdono. Però, fuori da quel motel dove marito e moglie si stanno chiarendo, c'è qualcuno che bussa. Qualcosa, finalmente, si muove. E la comprensione di Shadow nei confronti di Laura diventa subito qualcosa di incredibilmente secondario, minuscolo come tutte gli affari di noi uomini davanti agli ampi disegni degli dei.
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L'elaborazione del tutto
Personaggi che tornano in vita, sprazzi di aldilà, sequenze deliranti e visionarie. Come vi abbiamo detto altre volte, American Gods si pone nei confronti del pubblico come alcuni dei fanno con gli essere umani, ovvero pretendendo un totale abbandono di scetticismo e razionalità per abbracciare la sua dimensione sconnessa e frammentata. Un atteggiamento quasi anarchico che da una parte rende la serie affascinante ed ipnotica, ma dall'altra la rende per forza di cose un prodotto di nicchia. Un aspetto che con Lemon Scented You viene accentuato da diversi momenti stranianti, soprattutto quando entrano in scena le forze divine di cui finalmente scopriamo l'identità. Se nello scorso episodio era stato utile e piacevole soffermarsi sul cuore e sul vissuto umanissimo della coppia protagonista, questa volta il divino non ci sta ad essere messo da parte e irrompe in scena senza chiedere permesso.
Ancora una volta il testimone prescelto di questo brusco passaggio dall'ordinario (per quanto possa essere ordinario una moglie rediviva) allo straordinario è lo sguardo confuso di Shadow. Ammettiamo che forse il suo perenne disorientamento comincia a stancare e a risultare ripetitivo, ma questa riluttanza davanti a tutte le stranezze piombate di colpo nella sua vita è forse uno dei pochi elementi verosimili ancora presenti nella serie. Se il lutto è già miracolosamente alle spalle (quello emotivo ancora no), il nostro Shadow è costretto ad una difficoltosa elaborazione del tutto, del caos più totale e (in apparenza) insensato in cui è ormai immerso sino al collo. Non aiuta, poi, essere al fianco di una donna indecifrabile come Laura ed essere stato scelto come braccio destro da quel signore criptico e di poche parole di nome Mr. Wednesdey.
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Il Duca Bianco, l'icona bionda
A proposito di mercoledì, se la prima stagione di American Gods fosse una settimana, con questa quinta puntata (su otto) saremmo in pieno giovedì, oltre il giro di boa, pronti a puntare un week-end da cui pretendere qualche risposta. Certo, solo un povero illuso potrebbe aspettarsi un primo ciclo di puntate esaustivo e senza punti di domanda lasciati in sospeso, ma va detto che Lemon Scented You svela finalmente le carte, presentandoci molte delle forze in gioco in questa enorme lotta tra Nuovi e Antichi Dei. Sappiamo che Shadow è il prescelto di Mr. Wednesdey (nome d'arte di Odino), capo degli antichi dei pronti a scontrarsi con quelli della modernità di cui finora avevamo avuto solo qualche assaggio. Invece questa volta conosciamo meglio la cangiante Media di Gillian Anderson, mediatica dea melliflua in grado di apparire dentro ogni dispositivo video come solo il Grande Fratello orwelliano prima di lei, di cambiare aspetto e mutare la sua forma imitando ogni mito moderno: pop star, attrici, personaggi idolatrati dalla società di massa imbevuta di intrattenimento.
E così ecco la dea, preda di uno zapping impazzito, prendere le fattezze di due icone del Novecento (e oltre) come David Bowie e Marilyn Monroe, ammalianti sin dal look, di fronte ai quali ogni spettatore si riconosce "fedele". Al suo fianco si schierano quella testa calda di Technical Boy, adolescente impulsivo che sembra avere il controllo di tutta la tecnologia (telecamere, satelliti, persino vecchi fax) e un oscuro e ghignante Mr. World, convinto che anche la fede faccia parte di un mercato dove il fedele cliente cerca lo stesso prodotto (un credo) sotto forme diverse. Quest'uomo rappresenta il mondo contemporaneo? Che sia lui il vero leader a cui rispondono sia Media che Technical Boy? American Gods risponde a queste domande con una puntata verbosa, piena di faccia a faccia decisivi, che quasi ci costringe a rivederla e a riascoltarla. Come fosse un rito del lunedì. Una messa profana dove preghiamo per capire qualcosa. Anche i nuovi dei hanno i soliti vizi.
Movieplayer.it
3.5/5