Asfalto, pompe di benzina, mappe impolverate. Un lungo viaggio on the road su una strada tutt'altro che dritta. Una serie tv piena di bivi, di deviazioni, di altri percorsi che ti distraggono dalla tua meta principale, invitandoti a percorrerle. Anche questa recensione di American Gods 2x03 non farà eccezione, e vi farà notare quanto la serie Starz (distribuita da Amazon Prime Video) ci metta sempre davanti a infinite diramazioni. Sposando appieno l'anima ipertestuale del romanzo di Neil Gaiman, American Gods ti invita a deragliare dal percorso prestabilito per sconfinare altrove. Magari in vecchie leggende, magari dentro antichi miti, tralasciando anche solo per un attimo la trama principale.
Succede anche in questo Muninn, episodio che prende il suo nome da uno dei due corvi neri del dio norreno Odino, messaggero e portatore di preziose informazioni per l'entità glorificata dai vichinghi. Dopo aver liberato Shadow Moon dalle grinfie dei nuovi dei, Mr. Wednesday ritorna a fare quello che meglio gli riesce: manipolare e recitare la parte del grande burattinaio. Così, mentre Moon è diretto verso Cairo (sempre sul suolo americano, ovviamente) per incontrare le divinità egizie, il nostro maestro delle marionette si dedica a sua moglie Laura, prima ridotta a brandelli e poi ancora una volta tappezzata, per farle capire quale sia davvero la sua missione. I due sono diretti nella tana di Argo, il dio della sorveglianza che tutto vede, nonché nuovo, fondamentale ago della bilancia dell'imminente conflitto tra Nuovi e Antichi dei. Una battaglia che, per ora, è più verbale che fisica, fatta di dialoghi pungenti, parole manipolatorie rivolte anche a spettatori ammaliati dall'arte dialettica di una serie fiera della sua origine letteraria.
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Dentro Laura Moon: autopsia di una sopravvissuta
Un signor nessuno conteso dagli dei. Il mistero che avvolge la centralità di un uomo comune (ammesso che lo sia davvero) come Shadow Moon è tutta da svelare. È sempre più evidente quanto American Gods punti il dito sui punti di contatto tra Moon e il pubblico stesso: tutti spaesati, manovrati, in eterna ricerca di risposte. Se lo scorso episodio aveva iniziato a fare luce sul passato traumatico di Shadow, in Muninn lo vediamo ancora una volta manipolato da Wednesday, guidato da una giovane ragazza che si chiama Blackcrow (cognome alquanto sospetto), come se Moon fosse tornato l'eterna pedina del dio norreno. Questa volta, però, al centro di questo episodio intrigante ma più sfilacciato dei precedenti, con le vicende di Mad Sweeney e Jinn che ci appaiono troppo slegate dal resto, c'è sua moglie Laura. Un personaggio sempre centrale nella narrazione, una donna complessa, imprevedibile e le cui motivazioni sincere sono l'ennesimo mistero dello show.
Mossa dalla promessa di ricevere nuova linfa vitale, Laura segue Wednesday nella sua ricerca di Argo, ma è tutto un pretesto per guardare dentro di lei. Come se fosse l'autopsia di una sopravvissuta, Muninn ispeziona l'animo della signora Moon attraverso le mani del chirurgo Wednesday. È davvero per amore di Shadow che Laura ha ancora voglia di vivere? Il rapporto tra un marito deluso e una moglie infedele si può davvero ricucire? Quanto egoismo c'è in tutto questo? Davanti alla spietata sincerità di Odino, Laura sembra subire il colpo. E American Gods ci dimostra che, al di là della grande guerra di cui sentiamo soltanto l'odore da molto (forse troppo?) tempo, alla base della sua storia c'è una vicenda umana semplice, una storia d'amore di cui va compresa la vera natura.
Argo: il dio cieco che tutto vede
American Gods è una festa per gli occhi. Lo è sempre stata, sin dal primo episodio. Attraverso il gusto eccentrico di un estetismo compiaciuto, la serie tv non ha mai trascurato una messa in scena maniacale dal punto di vista scenografico. Però, quello che la rende davvero affascinante, è la sua attenzione alle parole. Fedele alla sapiente matrice letteraria di Gaiman, anche Muninn ci ammalia con vecchi racconti mitologici. Questa volta è il turno di Argo, dio dagli infiniti occhi che tutto vede, tutto spia e tutto sa. Da quando Zeus ed Era lo coinvolsero nella loro crudele contesa, Argo è morto e risorto tante volte, adeguandosi sempre all'epoca che lo ospitava. E se nel mondo antico era diventato custode dell'immensa biblioteca di Alessandria, culla della fiorente cultura ellenica, oggi Argo è il supremo guardiano delle telecamere, dei droni, dio della sorveglianza e quindi potente alleato per i Nuovi e Antichi dei. Dopo la riapparizione della nuova Media (che non ha più il volto di Gillian Anderson), che ci appare con le fattezze di un idol orientale strabordante di like ed emoticon, Technical Boy e Odino si ritrovano faccia a faccia proprio al cospetto di Argo.
Qui American Gods conferma la sua passione per sequenze suggestive e visionarie, sempre stracolme di disturbante sensualità. L'idea di rendere cieco il dio della sorveglianza è un paradosso significativo, perché nell'America odierna essere guardati è molto più importante di vedere gli altri. Non è quello che succede dinanzi a una serie tv criptica come questa. Perché giunti quasi a metà della seconda stagione, è arrivato il tempo delle risposte. E poco importa se Wednesday ci ha risposto così: "Le rivelazioni arrivano quando sono pronte, non quando sono richieste". Noi saremo lì a bussare perché qualcuno ci apra. Come sta per fare Shadoow con gli dei egizi.
Movieplayer.it
3.5/5