Oggetto di questa recensione di Amazing Grace è il documentario sulle due serate, il 13 e il 14 gennaio 1972, durante le quali al Nuovo Tempio della Chiesa missionaria battista di Los Angeles avvenne l'incisione dell'omonimo album: uno dei progetti più importanti nella carriera pluridecennale della leggendaria Aretha Franklin, che all'epoca aveva ventinove anni ed era già considerata da almeno un lustro l'incontrastata regina del soul. A registrare l'esecuzione dei brani contenuti in Amazing Grace, di fronte a un auditorio ristretto ma entusiasta, fu un grande regista cinematografico quale Sydney Pollack, ingaggiato dalla Warner Bros per realizzare un documentario che, tuttavia, sarebbe rimasto in 'magazzino' per quasi mezzo secolo, per poi vedere la luce soltanto a partire dall'autunno 2018, pochi mesi dopo la scomparsa della mitica Aretha (mentre nei cinema italiani arriva per soli tre giorni, dal 14 al 16 giugno 2021).
Il concerto 'perduto' di Aretha Franklin
Era stata infatti la stessa Aretha Franklin ad opporsi strenuamente alla pubblicazione del documentario girato da Sydney Pollack e recuperato nel 2007 dal produttore Alan Elliott. Dopo un accurato lavoro di montaggio e di sincronizzazione dell'audio, Amazing Grace sarebbe dovuto approdare nelle sale prima nel 2011 e in seguito nel 2015, ma le cause intentate dalla Franklin avevano mantenuto nell'ombra il film-concerto di Pollack: un 'boicottaggio' sorprendente, se si considera il valore artistico di questa doppia serata musicale, che costituisce un capitolo di primissimo piano nella discografia di Aretha Franklin. Già consacrata da canzoni del calibro di I Never Loved a Man (The Way I Love You), Respect, Baby I Love You, (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, Chain of Fools, Think e I Say a Little Prayer, qui Aretha ritorna invece alle radici della propria passione per il canto: il gospel e gli inni cristiani.
Si tratta di una significativa variazione rispetto al repertorio soul, pop e r&b che aveva reso la Franklin una delle voci più amate d'America, ma anche di una 'digressione' decisamente fortunata: dato alle stampe nel giugno 1972 dalla Atlantic Records come un doppio LP, Amazing Grace aveva vinto un Grammy Award e venduto oltre due milioni di copie nei soli Stati Uniti, un record per un disco di questo genere. Per l'occasione Aretha si avvalse della partecipazione del reverendo James Cleveland, noto cantante e musicista gospel (nonché personalità istrionica e straripante, da autentico maestro delle cerimonie), e dell'accompagnamento del Southern California Community Choir, presente nel tempio losangelino insieme alla Franklin, la quale resta tuttavia la star indiscussa dell'evento.
Rockstar e icone del soul: quando il cinema vive di musica
L'emozione della musica in primissimo piano
Un evento che la macchina da presa di Sydney Pollack cattura con una semplicità in grado di restituire, a distanza di mezzo secolo, sia le suggestioni delle impressionanti performance vocali di Aretha, sia il palpabile senso di eccitazione che si respira all'interno di uno spazio così intimo e ristretto: l'attesa degli spettatori (nella seconda serata fa capolino perfino Mick Jagger); l'apparente timidezza della Franklin, che non si rivolge mai al pubblico al di fuori dei momenti canori; i piccoli imprevisti, come un guasto tecnico che interrompe la registrazione; il coinvolgimento sempre maggiore dei fan, pronti a scattare in piedi e ad unirsi al coro, in uno spettacolo la cui natura è simile a quella di una funzione religiosa.
Nel frattempo la cinepresa ha la possibilità di mischiarsi alla gente, di avvicinarsi ai corpi e ai volti e di stringere sui primi piani della Franklin, su quel volto che con il passare dei minuti e delle canzoni si trasforma in una maschera di sudore. Fa tutto parte dello spoglio realismo di un racconto musicale privo di filtri, capace di far emergere appieno l'intensità di Aretha e il trasporto che caratterizza quel suo modo di cantare tuttora unico e inimitabile. La sua voce scorre così da antichi inni spirituali (Mary, Don't You Weep, What a Friend We Have in Jesus, la celeberrima Amazing Grace) all'emozionante medley fra l'ottocentesca Take My Hand, Precious Lord e un successo pop quale You've Got a Friend, scritta l'anno prima da Carole King, passando per la Wholy Holy firmata da Marvin Gaye e prestata magnificamente al talento della Franklin.
Da Bob Dylan a Kurt Cobain, la storia del rock in 10 grandi documentari
Conclusioni
Nell’arco di poco meno di novanta minuti, il film-concerto di Sydney Pollack rievoca dunque la spontaneità e la magia di quel doppio appuntamento nell’inverno del 1972: una piccola folla assiepata nella sala di un tempio, gli operatori che si muovono con discrezione da un lato all’altro della sala e Aretha Franklin seduta al piano oppure sola davanti a un microfono. Come indicato nella nostra recensione di Amazing Grace, più che un documentario vero e proprio quella di Pollack è un’ideale “capsula del tempo” che farà battere il cuore a tutti gli estimatori di una delle più grandi interpreti musicali del secolo scorso.
Perché ci piace
- La diretta semplicità con cui il film ci restituisce un saggio dello straordinario talento di Aretha Franklin.
- La forza emotiva delle performance musicali, che includono alcuni fra i classici del gospel.
- Il modo in cui la regia di Sydney Pollack accentua il senso di intimità e di realismo.
Cosa non va
- Un approccio tale da limitare l’interesse del film esclusivamente ai fan di Aretha Franklin.