Amabili fusti
Tuck e Franklin sono due agenti della CIA legati da un profondo affetto fin dall'infanzia. Cosa mai potrebbe metterli l'uno contro l'altro se non l'amore che provano per la stessa donna? Lauren, esile biondina dallo sguardo magnetico, un passato da ginnasta e un presente da difensore dei diritti dei consumatori, tristemente sola dopo la fine del fidanzamento con un bellimbusto, non sa chi scegliere tra i due spasimanti e così, in preda ad una incontenibile voglia di riscatto, e sotto la supervisione di un'amica un po' troppo focosa, intreccia una relazione con entrambi, diventando in poco tempo l'oggetto del contendere in una sfida all'ultimo sangue. Ignara del vero mestiere dei suoi principi azzurri, peraltro chiamati a catturare un pericoloso malvivente, Lauren non sa di essere sorvegliata 24 ore su 24 da opposte squadre di impiegati dell'Intelligence, capitanate ognuna da Tuck e Franklin, a caccia del giusto suggerimento che possa farla capitolare.
Noto al grande pubblico per aver diretto i due film tratti dalla serie televisiva Charlie's Angels e per Terminator Salvation, McG torna in pista con Una spia non basta, un'operetta simpatica che tenta di fondere action movie e commedia romantica per conquistare spettatori dai gusti differenti. Il risultato di questo ibrido è altalenante, ma non certo disprezzabile. Se per buona parte della sua durata il lavoro di McG riesce sufficientemente a tenere il ritmo della storia è per il modo curioso di gestire gli inconvenienti del classico triangolo, prevedibili ma non per questo meno divertenti. Poco interessati alle manovre amorose che coinvolgono la protagonista Reese Witherspoon (tratta i due ammiratori come se fossero l'ultimo modello di cellulare da testare e anche senza il rinomato intuito femminile si scova subito il fortunato di cui si innamora), quello che cattura l'attenzione è invece il rapporto 'affettivo' che lega i due amici dai caratteri ovviamente agli antipodi, ma accomunati dall'instabilità sentimentale. Playboy impenitente Franklin, tenero padre in crisi Tuck (fa credere al figlioletto di essere un normale agente di viaggio), hanno volontariamente escluso le donne dalla propria vita per allontanare ogni complicazione, ma a causa di un bislacco contrappasso sentimentale sono obbligati a concentrare l'attenzione solo su una, dimenticando di essere amici. Come dei novelli Paul McCartney e John Lennon divisi irrimediabilmente da Yoko Ono (e lo ricorda la stessa Lauren in una battuta), Franklin e Tuck soffrono alla fine non per le pene d'amor perduto, ma perché sono costretti a vivere un momento tanto importante della loro vita senza una spalla al proprio fianco. Una scelta particolare, quella operata dagli sceneggiatori Timothy Dowling e Simon Kinberg, che rappresenta uno degli elementi più riusciti della pellicola, equilibrata nonostante la sua anima spuria. Più che dalle speculazioni di Lauren, dunque, veniamo affascinati dal duello tecnologico (e non solo) che vede per protagonisti Chris Pine e Tom Hardy, una competizione che non conosce davvero sosta e che passa per acrobatici pedinamenti, manovre rischiose fatte per schivare il 'nemico' con accompagnamento musicale ad hoc dei Beastie Boys, liberatorie sedute di Paintball e svariati altri colpi bassi. Non è certamente credibile, né tantomeno plausibile, che si utilizzino mezzi governativi per spiare una donna, foss'anche la creatura più dolce del mondo, allo scopo di stabilire una relazione sentimentale duratura e matura, magari mentre il temibile criminale che si dovrebbe acciuffare gironzola libero per la città, ma è proprio questo livello di totale irrealtà che rende godibile il film nei suoi momenti più spiritosi, preservandolo dalla noia e rendendo meno 'indigeste' certe sbavature. E' un delitto ad esempio l'aver sottoutilizzato un attore come Til Schweiger, affidandogli il ruolo di un cattivo destinato ad una fine ingloriosa. Una spia non basta non è un capolavoro, ma assolve con grande scioltezza al suo compito principale, cioè divertire il pubblico con leggerezza.
Movieplayer.it
3.0/5