"Incontrerai una donna vestita di viola", sentenzia un bigliettino, la nota d'apertura di un'ouverture sanguinolenta e passionale. Incontrerai una donna vestita di viola, Max, ufficiale canadese in missione. E di quella donna vestita di viola saprai solo che si chiama Marianne ed è una tua collega francese, una spia anche lei: per i prossimi giorni dovrà essere tua moglie. Abbracciala Max, incanta i suoi amici, prendila per mano e portala a ballare al centro della pista come se l'avessi tenuta tra le braccia per tutta la vita, baciala sui tetti di Casablanca per far credere alla vicina curiosa che siete una coppia perfetta. E poi, al riparo da occhi indiscreti, controlla che abbia una buona mira per poter sparare all'ufficiale nazista che dovete uccidere: controlla che sappia ucciderlo.
L'amore è un campo di battaglia: quello tra Max (Brad Pitt) e Marianne (Marion Cotillard) è fatto di sguardi di trincea e tocchi di pistola, scorre al ritmo di una raffica di pallottole ed è colorato dal sangue delle loro vittime. Nasce e cresce nello spazio di un inganno, si congiunge in un amplesso nascosto dalla sabbia e non riesce mai, in nessun modo, a conoscere la limpidezza della verità. Max e Marianne girano le spalle ai cadaveri della loro vita precedente e sognano un mondo di pace che tuttavia, come in ogni relazione, non riesce ad esistere. La guerra diventa così un tormentato passo a due, una metaforica campagna militare tra due nazioni umane diverse e claudicanti, che in un instabile e sfocato contorno declinano il loro dramma familiare intimo e dolorosissimo.
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Here's looking at you, kid
Allied è, banalmente e superficialmente, una suggestiva storia d'amore che profuma di vecchia Hollywood e suggestiona lo spettatore nostalgico. Dietro il velo dell'apparenza però c'è un cinema, quello di Robert Zemeckis, che sa perfettamente come costruire un'ottima copertura nascondendo una struttura molto più complessa. Al servizio del suo castello degli inganni c'è la sua prima vera storia d'amore, che offre al padre di Ritorno al futuro l'occasione per stratificare ancora di più il suo racconto su pellicola e per dare allo spettatore un elemento così certo e banale da risultare granitico - quando granitico, il cinema di Zemeckis, non è affatto. Il regista si innamora degli sguardi innamorati e li tradisce con i tradimenti, si inserisce come un'ombra nella coppia e diventa un terzo elemento onnipresente.
È nelle stoffe dei vestiti di Marion Cotillard, nei piani sequenza che la inseguono da una stanza all'altra, è nello specchio che ne rivela solo un semplice movimento; è negli oggetti - un taccuino, un telefono, una penna - ma è soprattutto nella sabbia di quell'unica scena d'amore che da estrema e quasi scontata rappresentazione romantica si trasforma in un sinuoso racconto del dubbio. Non c'è nulla fuori, solo sabbia a perdita d'occhio. Non c'è nulla dentro, solo la disperazione di due corpi che si uniscono ma non si trovano. È in quel primo momento d'amore la vera dichiarazione d'intenti del regista: ogni incontro intimo del film è disseminato allo stesso modo dall'ombra dell'incertezza, dal dolore del tradimento. Proprio quando i suoi protagonisti sono spogliati di sovrastrutture e nudi di fronte all'altro il telefono squilla, la penna strappa un appunto, Zemeckis strappa via un altro strato di apparenza.
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We'll always have Casablanca
Se ad una prima occhiata può sembrare l'amore il suo campo di battaglia, stringendo appena gli occhi per vedere meglio la magia di Zemeckis si rivela più chiaramente: è l'incertezza, il suo campo di battaglia. Le sue formazioni si allineano negli occhi di Marion Cotillard e preparano strategie nello sguardo freddo di Brad Pitt, si affrontano in un amplesso e ogni momento che passa fanno sempre più morti e feriti. Una sostanza affascinante che vive soprattutto grazie alla sua attrice protagonista, che Zemeckis abbiglia a festa riuscendo, come pochi altri registi hanno saputo fare, a disegnarne una figura intera: la Marianne di Marion Cotillard non vive solo nelle espressioni e nello sguardo, ma crea un sottotesto corporeo che si estende fino al frusciare dei suoi vestiti, dalla leggerezza della seta verde ad un gravoso cappuccio rosso. Robert Zemeckis ne rimane affascinato e trasmette questa sensazione allo spettatore giocando con il tessuto morbido delle sue riprese, che le scivolano addosso in piena armonia con la costumista Joanna Johnston, a cui sicuramente va riconosciuto metà del merito. Le fa da specchio contrario un Brad Pitt che invece chiude il suo personaggio in pochissime espressioni e in una fisicità contratta. Ma d'altronde è lei quella in movimento, ed è lui quello costantemente in attesa: di un suo sguardo, di una crepa, di una lacrima, di un amore. Ma se l'inganno è un'arte e la verità solo una prova, come può l'amore non essere una menzogna?
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3.5/5