Julie Gavras, figlia d'arte (suo padre è il regista greco Costa-Gavras) al suo debutto nel lungometraggio, presenta alla Festa di Roma, accompagnata dall'attore Stefano Accorsi, Tutta colpa di Fidel, storia di una bambina alle prese con il burrascoso '68 francese dei suoi genitori. Il film, tratto dal romanzo omonimo dell'italiana Domitilla Calamai, è passato nella rassegna capitolina nella sezione Extra.
Signora Gavras, quando ha letto per la prima volta il libro che ha poi scelto di portare sul grande schermo?
Julie Gavras: Ho vissuto in Italia circa tredici o quattordici anni fa. Conoscevo già Domitilla e, un giorno, un'amica comune mi ha detto che era incinta e che stava scrivendo un libro. Mi ha fatto il riassunto della trama e mi è piaciuto già da quello, perché è una bellissima storia sull'infanzia. Ho subito avuto voglia di trarne un film, ma ho scelto di concludere il mio film in modo diverso rispetto al libro, che prende in considerazione un periodo più lungo della vita di questa famiglia alle prese con i moti del '68, perché non mi interessava tutto il discorso sul divorzio, ma l'effetto dello sconvolgimento politico dei genitori sulla bambina.
Questo è il suo primo lungometraggio. Quali sono state le sue fonti di ispirazione nella realizzazione di Tutta colpa di Fidel?
Julie Gavras: E' vero, è il mio primo film, ma avevo già fatto dei documentari prima e quindi filmare per me non è stata un'esperienza nuova. Nel realizzare questo film ho rubato delle cose da altri film, sia per quanto riguarda la storia che per le immagini, ma più che altro idee, alcune delle quali mi sono venute da Creature del cielo di Peter Jackson.
Nel film c'è una bravissima protagonista bambina. Com'è stato dirigere e recitare con una bambina così piccola?
Julie Gavras: Abbiamo visto quattrocento bambine in sei mesi e Nina Kervel è arrivata solo dopo quattro mesi di ricerche. C'ho messo un po' a sceglierla, ma già dall'inizio si vedeva che aveva un gran carattere, una caratteristica anche del personaggio che avrebbe dovuto interpretare. L'ho scelta perché era davvero tosta! Dirigerla è stato stimolante perché con i bambini c'è sempre un rapporto molto istintivo.
Stefano Accorsi: Recitare insieme a Nina è stato molto facile. Era una bambina sempre molto concentrata sul set, ma per lei fare questo film aveva molto a che vedere con il gioco e quindi coglieva tutte le sfumature ed è stato molto bello lavorare con lei. E' sempre una sfida lavorare con i bambini, perché bisogna entrare in contatto con loro per raggiungere una buona intesa. Questa storia racconta molto bene quel periodo della vita e, leggendo il copione, mi sono ricordato della mia infanzia, di come la visione che da piccolo ti fai del mondo con le poche esperienze che hai sia totalmente diversa rispetto a quella degli adulti.
Stefano Accorsi, come giudica il suo ruolo?
Stefano Accorsi: Fernando, il personaggio che interpreto, è un uomo spagnolo ricco di sfumature: ha conosciuto la Spagna di Franco, un paese che nel '68 era come fosse venti anni indietro rispetto all'Europa, vive in Francia, un posto decisamente all'avanguardia in quel periodo, e si impegna per il Cile di Allende. E' una persona che ha deciso di farsi una ragione di quello che succede nel suo paese semplicemente provando a dimenticare, tentando di convincersi a non pensare troppo agli aspetti più cruenti di questa dittatura, che però ad un certo punto gli vengono sbattuti in faccia. Fernando trova un modo di usare la sua professione per sposare la causa di Allende, un "rivoluzionario borghese", qualcuno che non avrebbe mai fatto cose cruente e che cercava di cambiare il sistema. Allende ha vinto le elezioni, e, anche se l'opposizione non gli ha permesso di governare, lui non ha mai risposto con la violenza.
Cosa pensa di questa prima edizione della Festa del cinema di Roma?
Stefano Accorsi: Penso che sia un evento molto importante sia per Roma che per il cinema, e la cosa più bella è vedere così tanto pubblico riempire le sale. E' una festa molto democratica e sono convinto che sarebbe piaciuta anche ad Allende.