All We Imagine As Light di Payal Kapadiya ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2024. Nelle sale italiane dal 10 ottobre, il film ha reso Kapadiya la prima regista indiana a essere premiata in concorso alla kermesse. La presidentessa quest'anno era Greta Gerwig e non stupisce che questa storia l'abbia colpita.
La pellicola segue la storia di tre amiche, di età, situazione familiare e retaggio culturale differente, che vivono a Mumbai. Ci ha fatto pensare al quadro di Klimt Le tre età della donna. Kapadiya non aveva questa immagine in mente quando ha scritto il film, ma l'idea di mostrare tre fasi della vita per raccontare la situazione delle donne in India c'era: "È come se, in tre, incarnassero la vita di una donna. Mi interessava anche mostrare l'amicizia di tre persone in età diverse, perché in questo modo possono insegnarsi molto a vicenda".
Nella nostra intervista ci parla anche delle differenze tra cinema indiano e occidentale, commenta le parole del Papa sull'aborto e cosa si sono dette con Greta Gerwig: "Vincere a Cannes è stato fantastico, ma, nel 2024 siamo ancora così in ritardo per quanto riguarda raccontare le donne al cinema. Parliamo ancora di perché ci sono poche registe in concorso a Cannes. Andiamo!".
All We Imagine As Light: intervista a Payal Kapadiya
La donna più giovane di All We Imagine as Light - Amore a Mumbai, Anu, è vista molto male dalla società. Perché è bella, giovane e tutti pensano che stia sempre a flirtare con gli uomini invece di sposarsi. Perché, nel 2024, le donne sono ancora valutate e giudicate dall'uomo che hanno accanto?
"Questa è un'ottima domanda: è proprio uno dei motivi per cui ho fatto il film. Ero molto frustrata! Volevo che nel film ci fossero dei personaggi che avessero un'indipendenza finanziaria e che non vivessero con le loro famiglie. Anzi ne sono lontanissime: vivono in un altro stato. C'è ancora tanta mancanza di scelta. Scegliere per se stesse è ancora un grande problema in India. Così ho riflettuto molto sulle idee occidentali di femminismo: impariamo che la libertà finanziaria ci porterà ovunque. È sicuramente fantastico essere indipendenti economicamente, ma, in paesi come il mio, è necessario un cambiamento più ampio: bisogna avere una vera libertà di scelta per poter vivere come si vuole. Le decisioni qui non sono quasi mai proprie".
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Le parole del Papa sull'aborto
A proposito di scelta: ancora una volta il Papa ha detto che l'aborto è omicidio e definito assassini i medici che aiutano le donne a farlo. Ma non è soltanto argomento di discussione religiosa: anche i governi stanno mettendo in crisi questo diritto. Perché il corpo delle donne continua a essere un argomento politico?
La regista: "Quando le donne sono percepite come una minaccia per la società, e in questo momento è così, si torna sempre a parlare di questo. Se le donne hanno la possibilità di scegliere, molti uomini di potere si sentono coinvolti. È per poter mantenere il loro status quo: non vogliono che il mondo che hanno disegnato a loro immagine e somiglianza venga cambiato. Anche questo è frustrante. In India non abbiamo questo problema, perché è ancora facile per le donne abortire. Non è una questione religiosa. Abbiamo altri problemi: c'è l'ossessione di avere un maschio. È molto diffuso abortire figlie femmine per avere un figlio".
"Come donne non possiamo mai rilassarci. Ora, dopo tanti anni di femminismo, le cose vengono ribaltate: pensa anche all'America, con l'intero rovesciamento della Roe contro Wade! Pensi che, ok, stiamo andando avanti, e poi all'improvviso succede qualcosa che ci fa fare due passi indietro. Per me è davvero frustrante: tutti questi anni di storia femminista e poi torniamo a questo punto. Ma, se non abbiamo speranza per il futuro, se non ci impegniamo attivamente per cambiarlo, allora non possiamo lamentarci. Dobbiamo lavorare insieme costantemente, almeno quelle che possono farlo, perché molte volte le persone non hanno nemmeno il privilegio di lottare per i propri diritti. È un lavoro costante".
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Il lavoro in India
Una delle protagoniste dice all'altra: "Non mi sono resa conto che fosse passato così tanto tempo. La città ti fa questo: ti ruba il tempo". È davvero così? Kapadiya: "Questo è il motivo per cui ho diviso il film in due parti. La prima è in città, che è molto veloce: passano molti giorni, il montaggio è più rapido. Nella seconda parte invece il film è molto lento. Succede tutto in un giorno e vanno al mare. Ho voluto avere questa diversa percezione dello scorrere del tempo. A volte penso che nelle città si viva per lavorare e si lavori per vivere. Diventa solo un ciclo che va avanti all'infinito. E in India non abbiamo una buona legislazione sul lavoro. Quindi le ferie, i permessi e la quantità di ore di lavoro non sono ben regolamentati. Penso che questa sia la complessità delle grandi città".
"Certo, si ha un'opportunità, si può lavorare: dal punto di vista economico è un po' meglio che vivere in campagna. Ma non è una vita molto bella, viaggiare due ore in treno ogni giorno per andare al lavoro. Quando si torna a casa si ha solo il tempo di mangiare e di andare a dormire e poi così di nuovo il giorno dopo. Volevo parlare di tutto questo.".
Barbie, il femminismo e i personaggi femminili al cinema
Non è una cosa presente in tutti gli spettatori, per fortuna, ma sui social e sotto le recensioni capita di frequente leggere commenti del pubblico maschile che fanno intendere, quando non lo dicono esplicitamente, che se la protagonista di un film, o una serie, è donna, fanno più fatica a empatizzare con quel personaggio. È una cosa orribile: magari si identificano con un alieno verde o blu, ma non con una donna. Anche in India è così? La regista non l'ha presa bene: "Ma è tremendo, mi fa quasi venire voglia di piangere! Anche perché nel cinema le cose stanno cambiando, ci sono sempre più registe e sceneggiatrici. Anche se, pure in India, ci sono ancora reparti come la fotografia e il suono in cui non si vedono abbastanza donne. Quindi la strada da percorrere penso sia ancora molto lunga".
"Per quanto riguarda l'identificazione: ero a un Q&A l'altro giorno e una persona mi ha chiesto: ha fatto un film su tutte queste donne, quindi è un manifesto femminista? Capisci? Quando le donne fanno film su donne che escono insieme si chiama manifesto femminista! Ma gli uomini fanno da sempre questi film. È solo la vita! La vita che conosco. È davvero un peccato dover fare questa distinzione. E mi dispiace per tutti quegli uomini che si identificano di più con gli alieni verdi rispetto alle donne".
E a proposito di Greta Gerwig, identificazione con i personaggi femminili e femminismo: la regista è stata molto criticata per Barbie (recensione qui) perché si è detto che non si può fare un film femminista se si racconta la storia di una bambola che incarna il capitalismo. È così? Solo il cinema d'essai può essere davvero femminista? Payal Kapadiya: "No, l'obiettivo dovrebbe essere proprio quello di farlo attraverso film di successo! Almeno io la penso così, perché raggiunge più persone. Quante persone lo guardano il cinema d'assai? Più un film è visto, più il pubblico, se il film ha dei codici in cui può identificarsi, ne parlerà e in questo modo si può davvero aiutare la conversazione. Se un film raggiunge lo scopo di far avere conversazioni scomode alle persone mentre sono sedute sul loro divano allora è davvero utile. Fare un film che guardi tutta la famiglia e che la faccia discutere: vorrei riuscirci anche io!".
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L'amicizia tra donne in India
Come dice la regista, i buddy movie, ovvero film con protagonisti degli amici maschi, sono ormai un classico del cinema, soprattutto americano. Vediamo molti meno film di questo genere al femminile. E indiani ancora meno. Come mai? Kapadiya: "La nostra società si sente molto minacciata dall'amicizia femminile. La maggior parte dei media, come i programmi televisivi e le _soap, fanno vedere che, per qualche motivo, le donne sono orribili l'una con l'altra. Suocera e nuora sono mostrate come orribili! Non è una cosa casuale: si tratta di un patriarcato interiorizzato, in cui ci viene fatto credere che non possiamo essere amiche. Almeno nella mia cultura, questa idea è molto diffusa e supportata dai media. Ed è triste perché invece molto può venire dall'amicizia tra donne. In India abbiamo tante identità diverse, ad accomunarci non è soltanto il genere. Il colore della pelle, la casta, la religione, le lingue, l'accesso alle risorse sono così diversi che formare un'unità non è così facile. In questo film volevo proprio avere donne che parlassero lingue diverse, che, pur provenendo da contesti socioeconomici diversi, possono comunque essere amiche_".
I colori di All We Imagine As Light
All We Imagine As Light è diviso in due parti, non soltanto narrative: anche i colori cambiano completamente. La città ha toni freddi, la spiaggia caldi. Che significa? La regista: "Volevo che ci fossero due stagioni nel film e un passaggio di tempo tra le due. Dove vivo io, nella costa occidentale dell'India, non ci sono stagioni. Fa sempre caldo e ci sono quattro mesi di Monsoni, ovvero quattro mesi di pioggia tropicale. Volevo avere questa sensazione del cambiamento del tempo, con Mumbai nella stagione dei Monsoni. E Mumbai nella stagione dei Monsoni è un momento molto particolare. Perché c'è sempre questo filtro grigio-azzurro e piove continuamente. Ma a volte la pioggia è molto calda. Ci si sente appiccicosi, con un clima davvero tropicale. Ho sentito che, per la prima parte del film, fosse fondamentale avere questa sensazione di essere bloccati da questa pioggia. Aggiungeva qualcosa alla sceneggiatura senza dover dire nulla in un dialogo. Mi piace questa ambientazione: Mumbai è molto blu durante le piogge. La città viene coperta da teli di plastica blu: tutti li mettono in casa perché c'è tanta acqua, è necessario coprire tutte le terrazze e i balconi con questi teli blu. Quindi è proprio un colore molto da Bombay sotto le piogge!".
"Nella seconda parte, invece, volevo avere più rosso, giallo e verde, perché il luogo in cui si recano è una regione chiamata Ratnagiri, che si trova a sud di Mumbai, ed è molto conosciuta per il suo paesaggio, che presenta una terra rossa che proviene da una roccia particolare, la laterite. Tutte le case sono costruite con questa terra rossa e c'è luce solare intensa. I sentimenti delle protagoniste rispecchiano questi colori".
Il significato del bollitore per il riso
Il marito di Prabha, che è andato in Germania e non si fa sentire da un anno, a un certo punto le manda un bollitore per il riso. Oltre al fatto che anche in Italia quando un elettrodomestico è buono diciamo che viene dalla Germania, che significa la scena del bollitore per il riso? È un addio?
La regista: "Anche noi diciamo sempre che quando qualcosa è valida è tedesca! Mangiamo molto riso in India e il bollitore per il riso è un lusso. Quando si sale di livello nella classe media, si pensa: ok, forse dovrei comprarlo per la mia famiglia. È sempre l'aspirazione della donna di famiglia avere un elettrodomestico da cucina come questo. Ho pensato che fosse una buona miscela di capitalismo e valori patriarcali mescolati insieme in un elettrodomestico da cucina! Trovo sempre molto affascinante il modo in cui sono pubblicizzati questi oggetti, con annunci del tipo: può cambiare la tua vita! È così sexy e con le lucine che girano e girano, e sembra così valido, e sì, devi averne uno! E la cosa curiosa è che, con l'avanzare dell'età, gli elettrodomestici mi piacciono sempre di più. E mi chiedo perché? Volevo mettere tutto questo nel film".
E cosa ci dice questo oggetto dei rapporti degli uomini con le donne? Perché il marito di Prabha, invece di dirle che si è fatto un'altra vita in Germania, le compra un bollitore per il riso? Perché non ha il coraggio di parlare? Kapadiya: "Se avesse parlato, il film sarebbe stato molto diverso! Penso che, quando parliamo di patriarcato, bisogna ricordare che a volte anche gli uomini diventano vittime di certi codici della nostra civiltà, che addirittura interiorizzano il sistema a tal punto da non riuscire a vederne l'uscita. Per questo ho voluto raccontare anche gli uomini, come il fidanzato: ho mostrato anche un po' di empatia nei loro confronti. Potranno anche essere personaggi imperfetti, ma non avere questo sistema sarebbe vantaggioso per tutti".