Finalmente possiamo fare ritorno nel futuristico ed iperteconologico mondo di Alita: Angelo della battaglia, lungometraggio ispirato al manga di Yukito Kishiro e nato dalla collaborazione di due registi visionari come James Cameron e Robert Rodriguez. Il film, che è stato realizzato utilizzando la stessa avveniristica tecnologia di Performance Capture creata per Avatar, è in arrivo dal 12 settembre in 4K ultra HD + Blu-ray, Blu-ray e DVD. L'uscita home video in questi quattro formati renderà disponibili diverse ore di approfondimenti e contenuti speciali, portando gli spettatori insieme a James Cameron e Robert Rodriguez dietro le quinte della creazione di Alita, approfondendo inoltre il passaggio dal manga allo schermo e imparando a conoscere nel dettaglio il passato, i personaggi e l'universo del film (ma soprattutto l'appassionante e violentissimo Motorball).
La storia, di cui scoprirete nuovi dettagli tra poco in un'intervista in esclusiva con Rosa Salazar e il produttore Jon Landau, è quella di Alita (Salazar) che, risvegliatasi senza ricordare chi e in un luogo che non riconosce, viene accolta da Ido (Christoph Waltz), un medico compassionevole che la rimette in sesto, rendendosi conto che nel suo corpo malconcio di cyborg batte il cuore di una giovane donna straordinaria. Scontrandosi con la feccia corrotta e malvagia della città Alita scopre presto un indizio del suo passato: la ragazza si rende infatti conto di possedere capacità di combattimento uniche ed inaspettate, che chi detiene il potere farebbe di tutto per possedere e controllare. Sfuggendo alle mire di chi vorrebbe sfruttarne la forza, Alita imparerà sempre di più sul suo misterioso passato, salvando le persone che con il tempo si è resa conto di amare.
La creazione di Alita
Qual'è stato l'aspetto più difficile nel creare Alita?
Jon Landau: La cosa più difficile è stata senza dubbio trovare un'attrice in grado di recitare la parte alla perfezione. In molti mi chiedono "Jon ti ci sono voluti vent'anni per fare questo film. Sei felice di aver aspettato che la tecnologia per realizzarlo si perfezionasse tanto?". Io di solito rispondo: "No, ciò che mi rende felice di aver atteso così a lungo è aver avuto il tempo di trovare Rosa Salazar."
Rosa Salazar: Non avevo idea di che cosa aspettarmi quando ho iniziato la preparazione per il film: sapevo che sarebbe stata una sfida dal punto di vista fisico, ma non credevo che lo sarebbe stata così tanto anche da quello mentale. Certi giorni ti rendi conto dei processi che stai facendo - che stai diventando forte, che ogni cosa funziona come dovrebbe - e poi altre volte vai a lavorare e ti senti come spazzatura: è come se il tuo cervello non fosse connesso ai tuoi piedi, le tue gambe sembrano di cemento, i tuoi calci non sono nemmeno lontanamente come li vorresti. Io volevo essere assolutamente perfetta sullo schermo, sono forse un po' troppo critica con me stessa. Ma la mia necessità di essere sempre al massimo ha reso il personaggio quello che è, sono diventata una guerriera sia nel fisico che nella mente.
Come vi siete trovati a girare un film in Performance Capture?
RS: Per girare indossavo una tuta e un casco per la Performance Capture. Nel casco poi erano state applicate due camere puntate verso di me, così ero inquadrata il 100% del tempo. Recitare così è diverso, bisogna stare attenti ad ogni movimento.
JL: Prima che Rosa si vedesse per la prima volta sullo schermo parlava di Alita alla prima persona: "Quando ho fatto questo, quando ho fatto quello...". Quando poi si è rivista si è resa conto che il personaggio che vedeva sullo schermo era qualcosa di diverso, che faceva quello che lei aveva fatto sul set ma in maniera differente. Questo è molto gratificante, anche per noi che volevamo creare un processo che fosse centrato sull'attore non sulla tecnologia. Noi volevamo utilizzare la tecnologia per rendere in qualche modo liberi gli attori, che possono fare cose che altrimenti sarebbero impossibili.
Come descrivereste lavorare per James Cameron e Robert Rodriguez?
RS: Li chiamo i miei due papà! Mi guardavano entrambi con questo sguardo paterno, è stato veramente inaspettato. Non avrei mai creduto di vedere due titani del cinema lavorare insieme così bene, in modo quasi simbiotico. Erano estremamente rispettosi l'uno dell'altro. Potrei addirittura dire in tutto questo che il mio terzo papà sia stato Jon Landau, che mi ha insegnato che cosa vuol dire produrre un film.
JL: Quando produciamo un film diretto da un altro regista sentiamo che siamo li per appoggiare e ricreare la visione che lui ha del proprio film. Robert ha portato questa stessa prospettiva durante la lavorazione di Alita, voleva fare un film che rispettasse lo stile di James Cameron.
Pensate che le donne si identificheranno nel personaggio di Alita?
RS: Certo! Prima di tutto Alita è una storia in cui chiunque può identificarsi. Parlando però nello specifico del pubblico femminile penso che non si veda tutti i giorni un film che rappresenta in questo modo la crescita e il passaggio all'età adulta di una donna. Sono sicura che in molte si ritroveranno in un personaggio che compie un viaggio così difficile: è comune sentirsi insicuri e insignificanti ma poi si diventa anche più forti. Molte donne comprenderanno anche la sensazione di sentirsi perennemente sottovalutate: Alita viene sottovalutata, ma riesce sempre a superare ogni sfida, anche le più impossibili.