La seconda stagione di Alice in Borderland, serie tv giapponese basata sull'omonimo manga di Haro Aso, ha fatto capolino da pochi giorni su Netflix. I primi episodi dello show, usciti nel 2020, hanno generato all'epoca un immenso clamore nel pubblico di tutto il mondo, ricevendo poi una seconda ondata di popolarità (quasi grande quanto la prima) in seguito all'uscita di Squid Game lo scorso anno.
Squid Game è infatti diventato uno dei titoli più visti di sempre su Netflix, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno virale che si è esteso in tutto il mondo, fuoriuscendo dalla cornice della piattaforma streaming. I social erano pervasi da post riguardanti lo show, merchandising di ogni tipo è iniziato a spuntare ovunque e persino le bancarelle del mercato avevano in esposizione le maschere dei personaggi diventate iconiche.
Guardando i nuovi episodi di Alice in Borderland, dopo aver assistito al trend di Squid Game dello scorso anno, ci è dunque sorta una domanda: perché ci piacciono così tanto opere del genere, in cui gli esseri umani combattono per la vita in scenari cruenti e sanguinosi?
Per quanto dare una risposta unica e definitiva sia praticamente impossibile, in questo articolo cercheremo di dare qualche ipotesi (senza propinare pipponi psicologici complessi, promesso). Per farlo, partiamo dalle basi: di cosa parlano Alice in Borderland e Squid Game?
Le trame
Alice in Borderland (di cui titolo originale Imawa no kuni no Arisu) narra le vicende di Arisu, un giovane disoccupato e amante dei videogiochi che si ritrova di punto in bianco in una Tokyo semi-disabitata, dove le uniche persone rimaste sono costrette a partecipare a dei game per poter sopravvivere. Una voce onnipotente controlla infatti a distanza chiunque calchi le strade della città, intrappolandoli in dei giochi mortali di diverso tipo e difficoltà. Rimanere in vita è alquanto difficile per coloro che partecipano dato che le prove sono ricche di violenza e sangue, mentre tentare di scappare equivale a morte certa, così come rifiutarsi di giocare.
Squid Game vede invece al centro delle vicende un gruppo di persone disperate e per lo più povere che decidono di rischiare la propria vita, competendo in giochi mortali con l'obiettivo di guadagnare una somma immensa di denaro, che verrà recapitata unicamente al vincitore. In particolare, la storia è focalizzata su Seong Gi-hun, un uomo divorziato ed enormemente indebitato, non particolarmente intelligente e fin troppo altruista.
Nonostante Alice in Borderland e Squid Game abbiano trame di fondo differenti, ciò che le accomuna sono ovviamente i giochi crudeli e brutali a cui devono partecipare i personaggi, duranti i quali allo spettatore vengono mostrate scene con sangue e morti a volontà. Non sono infatti opere adatte a deboli di stomaco, e anche se non possiamo parlare di horror o gore, le due serie non si risparmiano dall'ideare sequenze esplicite e violente.
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Il fascino per l'orrido
Una cosa è certa: morte, sangue e brutalità hanno sempre attratto le masse. Gli antichi romani si recavano in ressa al Colosseo per assistere alle carneficine; nei secoli seguenti, le esecuzioni pubbliche erano più popolate delle sale in questi giorni durante le proiezioni di Avatar 2; milioni di persone sono appassionate a sport come boxe o wrestling, dove alla base c'è la violenza. Per quanto spesso non vogliamo ammetterlo, guardare questi tipi di spettacoli è sempre stato parte della nostra società.
Chiaramente, non a tutti piace l'horror, ma studi hanno dimostrato che film e serie tv spaventosi possono rappresentare una forma di evasione dalle nostre vite ordinarie e civilizzate. Per quanto vedere flotte di persone morire in Alice in Borderland o Squid Game non sia piacevole alla vista, fornisce una stimolazione: gli esseri umani sono attratti da tutto ciò che è romanzesco, e vedere qualcosa che non fa parte del nostro quotidiano riesce a intrattenere molto di più rispetto, per esempio, a un documentario o un biopic.
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Perché ci piace avere paura?
Quando proviamo terrore, il nostro corpo rilascia sostanze chimiche legate all'ebrezza come la dopamina. Difatti, la parte del cervello dedicata al piacere si attiva quando riceve stimoli di paura e minaccia, quindi anche guardare una serie tv è un po' come iniettarsi una piccola dose di dopamina, la quale ci spinge a voler ripetere l'azione per avere di nuovo la stessa sensazione.
Siamo quindi portati a voler guardare un episodio dopo l'altro - e questo spiega il perché il formato seriale per opere di questo tipo funziona alla perfezione -, ma c'è di più: rispetto a storie incentrate puramente sul gore sadistico e sulla tortura (per intenderci, come il franchise di Saw l'Enigmista), Squid Game e Alice in Borderland includono una competizione in stile Battle Royal. Questa tematica ludica non solo attrae gli spettatori alla violenza e al sangue, ma anche alla trama coinvolgente incentrata sulla sopravvivenza.
Mentre guardiamo una qualsiasi competizione, è inevitabile provare simpatia per alcuni partecipanti e antipatia per altri, e ciò diventa una motivazione ulteriore per continuare a guardare; banalmente, la stessa cosa accade, seppur in formato differente, quando seguiamo talent show come Masterchef o X Factor. Nel caso di Alice in Borderland e Squid Game, in entrambe le serie gli spettatori vogliono vedere cosa succede ai personaggi con cui si sono "schierati", e per questo si ritrovano a riprodurre un episodio dopo l'altro.
Infine, molte persone si immedesimano nei personaggi, auto-convincendosi del fatto che riuscirebbero a sopravvivere se si trovassero nelle stesse situazioni. Quando un partecipante muore, siamo portati a pensare che la stessa fine non capiterebbe a noi perché non faremmo lo stesso sbaglio. Alcuni provano un senso di soddisfazione nel razionalizzare ragionamenti del genere, e anche per questo apprezzano particolarmente le competizioni horror.
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In conclusione
Insomma, non c'è niente di male nel trovare piacevole guardare opere sanguinolente, e se in questi giorni avete binge-watchato la seconda stagione di Alice in Borderland, sappiate che non siete gli unici. Gli esseri umani sono per natura attratti dall'orrido e, come disse il grande Quentin Tarantino: "Nei film, la violenza è figa. Mi piace".