Un paesaggio lunare, la nebbia dello Yorkshire e i fumi di una città post-industriale, Bradford. In mezzo una scintilla, quella che scocca quando i mondi di Ali e Ava si incontrano, producendo un cortocircuito che alimenterà l'intero film. Presentato alla Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes nel 2021, Ali & Ava - Storia di un incontro (in sala dal 14 aprile con I Wonder Pictures e vincitore del premo come Miglior Regista nella sezione Panorama Internazionale al Bif&st 2022) chiude la trilogia dello Yorkshire di Clio Barnard, una delle registe più innovative del panorama inglese, che qui come spesso le capita è anche sceneggiatrice (come leggerete nella recensione di Ali & Ava - Storia di un incontro). Un terzo film di finzione che la riporta nel natio Yorkshire, nell'entroterra operaio e rurale, diviso da tensioni sociali e culturali. Set privilegiato Bradford, qui erano ambientati infatti anche i suoi precedenti lavori: dall'originalissimo documentario The Arbor, alla favola contemporanea di The Selfish Giant fino al più drammatico Dark river. Ali & Ava - Storia di un incontro, le dà invece la possibilità di esplorare il melodramma, senza disunirsi però dal realismo feroce che da sempre la contraddistingue.
Storia di un amore ordinario
Una rappresentazione "social-realista di Bradford", ma seguendo le regole del melò: doveva avere in mente questo Clio Barnard quando iniziò a pensare a Ali & Ava - Storia di un incontro, partendo da due persone che aveva incontrato durante le riprese dei film precedenti. Nel 2010 mentre girava The Arbor conobbe l'attore, DJ e padrone di casa di Bradford, Moey Hassan, tre anni dopo incontrò Rio, madre e assistente didattica in una scuola. Furono loro due a ispirarle le figure dei protagonisti della storia, Ali (Adeel Akhtar) e Ava (Claire Rushbrook): il primo, ex dj di origini bengalesi, gestisce alcuni appartamenti, vive un matrimonio in crisi segnato irrimediabilmente da un trauma e nel tempo libero si diletta a comporre pezzi rap nello scantinato della casa che condivide ancora con la moglie; la seconda è una maestra elementare anglo-irlandese, mite e accogliente, rotta dentro da un dolore a lungo taciuto, vedova non più giovanissima ma pronta a rimettere insieme i frantumi di una vita divisa tra i tre figli avuti dai matrimoni precedenti, il lavoro di insegnante di sostegno e il ruolo di nonna.
Vivono entrambi a Bradford, città crepuscolare e decadente definita dai cieli notturni, dalla nebbia del mattino e dai quartieri in cui abitano i due personaggi: Alì in quello più centrale e multietnico, Ava nel più periferico e integralista Holmewood, un sobborgo dominato dal nazionalismo bianco. La poesia del loro incontro si consuma su questo sfondo di contraddizioni e sul terreno del latente scontro sociale; si piacciono, si seducono, si rincorrono, fanno l'amore e sfidano convenzioni e ostacoli a colpi di romanticismo e canzoni urlate a squarciagola. Il ritmo del film è dettato dal rigore e dalla raffinatezza con cui la regista racconta la reciproca scoperta e la capacità di mettersi in ascolto.
Recensione The Selfish Giant (2013)
Gli antieroi Alì e Ava
Una storia di antieroi o di sopravvissuti: alla morte di un figlio lui, alle violenze dell'ex marito lei. La regista lascia che a parlare siano i loro corpi e i piccoli dettagli del microcosmo in cui si muovono: la comunità multietnica di Ali, il quartiere bianco e ultranazionalista di Ava, le case dai tetti bassi, lo skyline della città caratterizzato dalle ciminiere che sputano fumo, le cuffie con cui ascoltano la loro musica preferita. Clio Barnard la sfrutta soprattutto nella sua dimensione squisitamente diegetica e ne fa una comprimaria straordinaria. La musica accompagna i due protagonisti sin dal loro primo incontro e li definisce: Ali è un appassionato di rap e elettronica, la balla spesso all'alba quando nella nebbia mattutina con il cappuccio tirato sulla testa sale sulla cappotta della macchina e si abbandona ai ritmi electro in un rito quasi liberatorio, Ava invece la ascolta sulla strada che da scuola la porta a casa, ma predilige altro, in particolare il folk di Sammi Smith o Karen Dalton o le ballate irlandesi.
Si incontrano sulle note punk rock dei Buzzcocks, si seducono condividendo brani, imparano a conoscersi cantandoli a gran voce schiena contro schiena e scambiandoseli. Lei finirà per apprezzare l'electro-pop, lui si ritroverà a suonare con un ukulele Mama You Been On My Mind di Bob Dylan. Ali & Ava è un film stratificato, parla di integrazione, identità nazionale, cultura e classi sociali, a tratti ha il sapore del musical e lo spessore del racconto sociale. In chiusura risuonano le note di Grace, una ballata popolare irlandese sulla storia di Grace Gifford, che sposò il suo fidanzato Joseph Plunkett poche ore prima che fosse giustiziato per aver partecipato alla Rivolta di Pasqua del 1916 contro gli occupanti inglesi. Quasi una nenia a suggello dell'amore e della libertà ritrovata.
Conclusioni
La recensione di Ali e Ava termina sulle note della canzone finale, una dolcissima ballata irlandese che sublima il tragico epilogo della storia d’amore tra Grace Gifford e il fidanzato Joseph Plunkett, che la ragazza sposò poche ore prima che venisse giustiziato per aver partecipato alle rivolte del 1916 contro gli occupanti inglesi. Alle note di questa canzone la regista Clio Barnard affida la conclusione del film, dandole il compito di farsi sintesi delle due anime di questa storia: una romantica e l’altra profondamente sociale. È poesia pura, un musical sociale sulla capacità di ascoltarsi. È quello che fanno i suoi protagonisti, che si innamoreranno cantando a squarciagola e condividendo i loro brani preferiti. Uscirete dalla sola e li amerete alla follia.
Perché ci piace
- L’uso diegetico della musica che accompagna i protagonisti e li definisce.
- La raffinatezza con cui la regista porta avanti una narrazione capace di muoversi tra poesia e dramma sociale.
- Due straordinari interpreti.
Cosa non va
- La dimensione del racconto sociale sembra perdere verve nell’ultima parte del racconto, risolvendosi frettolosamente.