La rivalità tra due uomini, e uno spaccato storico influenzato da diversi linguaggi. E non c'è dubbio che "Alessandro ci affascina", come dice Salima Ikram all'inizio di un viaggio in sei puntate. Quella della Ikram, stimata archeologa con sede a Il Cairo, è una delle tante voci che ripercorrono la vita di Alessandro Magno nella docuserie Netflix Alessandro Magno: come nasce una leggenda sviluppata da Tailfeather Productions, e diretta a sei mani da Hugh Ballantyne, Stuard Elliott e Mike Slee. Prima di addentrarci nella recensione, apriamo una parentesi: a memoria, è la prima volta che Netflix opta per una narrazione verticale e storiografica, incentrandosi su un personaggio leggendario, rendendolo decisamente pop.
Va detto, che nella serie ci sono tante informazioni e tante nozioni, legate con una enfasi tale da rendere il prodotto adatto ad un pubblico trasversale, come è trasversale il pubblico Netflix. Dunque, uno spunto storico, adattato in un gergo pop. Figura perfetta quella di Alessandro III di Macedonia per lo scopo ricercato. Giovane, ambizioso e potente (il trono ereditato a vent'anni, a capo di uno dei più grandi imperi), ma anche una figura dolente e tragica, avvolta da un mistero che, in qualche modo, sopravvive tutt'ora. Insomma, l'archetipo perfetto per un tentativo seriale oggettivamente interessante, ma forse un po' troppo ridondante nei sei episodi che alternano interviste, opinioni, ricostruzioni e, addirittura, una linea fiction, nella quale Alexander è interpretato da Buck Braithwaite.
Alessandro Magno: come nasce una leggenda, una docuserie ibrida
Chiaro, la tratta drammatizzata di Alessandro Magno: Come nasce una leggenda potrebbe essere quella meno riuscita, facendoci tornare alla memoria quei vecchi documentari che vedevamo in VHS a scuola, nell'ora di storia e geografia. C'è uno sforzo produttivo comunque importante, e la scrittura prova a restare salda a quelle nozioni che si alternano di capitolo in capitolo. Dentro, si mischia un po' tutto: l'esilio, l'incoronazione, il potere, il conflitto con la madre, e poi le aspirazioni divine e il retaggio dell'invincibilità in battaglia. Una battaglia che ha tagliato a metà l'Asia, puntando ai confini conosciuti.
Quello che viene portato in risalto, in questo caso, è la sua bramosia di conquista, le sue esperienze militari, il suo fascino seducente legato a un mito indecifrabile. Sono questi i tratti narrativi principali dello show, che sfrutta i frammenti di fiction per creare il necessario pathos, in un ibrido certamente imparagonabile all'Alexander di Oliver Stone, ma comunque non troppo dissimile nella sostanza e nella trasfigurazione finale. Il punto, però, è che Alessandro Magno: come nasce una leggenda, dalla Babylonia alla Grecia fino all'India, si concentra più sulle gesta che sul pensiero del conquistatore, declinando la mitologia dell'eroe in un didascalismo abbastanza riduttivo. Che vuol dire? Troppa divinità, poca umanità.
Divinità e umanità
Del resto, se "Alessandro non era solo un abile comandante, ma anche una persona riflessiva", come spiega ancora la dottoressa Salima Ikram, sottolineando la differenza tra divinità e semi-divinità, è il conflitto intriso nel profilo di Alessandro Magno il lato più interessante. Tra fiction e storia (oltre alla dottoressa Ikram anche il professor Lloyd Llewellyn-Jones, il professor Ali Asnari e la dottoressa Carolyn Willekes), viene illuminata la sua personalità sul campo di battaglia, ma anche la sua personalità più intima. In questo caso, a più riprese, viene affrontato il suo orientamento sessuale. Se nell'antica Grecia non c'era distinzione tra gay ed eterosessuali (termini che appunto non esistevano), la serie spiega quanto Alessandro Magno fosse legato ad Efestione, amico d'infanzia, e quanto fosse stretto il rapporto con Tolomeo.
Tuttavia, la conflittualità di Alessandro III di Macedonia, morto per cause non ancora stabilite (avvelenamento? Malaria? Tifo? Alcolismo?), comunque viene spenta da una narrazione che si concentra principalmente sulla spettacolarizzazione delle vicende, spingendo sulle arti marziali, nonché sulla gigantografia che possiede il personaggio. Non siamo certo degli storici per giudicaare, e comprendiamo quanto alcuni tratti abbiano il giusto appeal, ma Alessandro Magno non è stato solo un grande imperatore, ma anche un portatore degli ideali ellenistici, oltre ad essere stato incredibilmente curioso nei confronti dell'astrologia, della filosofia, delle culture prima sconosciute e poi conquistate. Ecco, Alessandro Magno: come nasce una leggenda, lo intendiamo come un tentativo da parte di Netflix di addentrarsi in territori sconosciuti (un po' come fece Alessandro Magno dal 336 a.C), affrontando in chiave mainstream un profilo storico che ha la caratteristiche giuste per tale esperimento.
Conclusioni
Come scritto nella recensione, Alessandro Magno: come nasce una leggenda è un tentativo targato Netflix di addentrarsi verso opere ibride, incentrate su figure storiche importanti. Un tentativo riuscito a metà: se le nozioni storiche sono tante, è anche vero che la figura di Alexander The Great risulta alla fine fin troppo ridondante nella sua aurea di conquistatore divino. L'enfasi delle sequenze fiction, alternate alle nozioni di esperti e studiosi, da una parte mantiene alto il ritmo, ma dall'altra scende nel didascalico.
Perché ci piace
- La figura di Alessandro Magno.
- Le voci esperte.
- Le molte nozioni.
Cosa non va
- Nozioni a volte troppo mono-corde.
- Le sequenze fiction funzionano a intermittenza.