Vogliamo iniziare questa recensione di Alchemy of Souls, la serie fantasy di Netflix la cui seconda parte è appena giunta al termine con l'arrivo degli ultimi episodi sulla piattaforma, in modo un po' differente, ovvero con una riflessione.
Quale che sia l'epoca di appartenenza, la sfida nel trovare opere d'arte, d'intrattenimento e spettacolo in grado di trascendere il tempo non è assolutamente facile. Ciò che si può credere capace di catturare l'interesse e la fascinazione dei più, può finire poi nel dimenticatoio, mentre quel che si pensa non sarà ricordato neanche il giorno successivo, potrebbe essere riscoperto in seguito ed elogiato per anni e anni a venire. Insomma, chiedete a Van Gogh...
Quando poi si applica tale discorso in ambito cinematografico e televisivo, si fa ancora più complicata la questione, considerando anche l'altissimo quantitativo di prodotti realizzati ormai ogni anno.
Già solo spostandoci nel reame del fantasy più recente, ci troviamo di fronte a inaspettati (o forse neanche troppo?) risvolti in quanto a fruizione, engagement e gradimento.
Così per un House of the Dragon che si dimostra vera rivelazione del genere, un prequel proprio come Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere - ma che non può avvalersi di personaggi già consolidati nel cuore dei fan come ad esempio Galadriel, e quindi ancor più sorprendente nel suo dominare la scena - c'è anche un La ruota del tempo, di cui il web e gran parte degli spettatori sembra essersi dimenticato già a poche settimane dall'uscita, figurarsi dopo l'arrivo degli altri due powerhouse. Certo, non sappiamo come questi titoli verranno rivalutati nel tempo, per l'appunto, e questi fattori non denotano necessariamente la qualità del prodotto, ma sono sempre spunti interessanti su cui riflettere.
Tra fantasy romance e k-drama
Ma che succede quando un'opera si inserisce in un'area molto più delimitata, e non ha a disposizione lo stesso budget, lo stesso impegno di marketing da parte dei distributori (principalmente internazionali) e la stessa storia illustre alle spalle? Che succede quando la serie che si ha davanti è un ambizioso progetto che dovrà vedersela con centinaia di altri titoli di vario genere e far fronte prima di tutto a una categorizzazione basata sulla provenienza (in questo caso, è difficile staccarsi di dosso l'etichetta di k-drama)? Solitamente, nonostante la qualità effettiva, è difficile che un titolo simile possa raggiungere livelli di popolarità e considerazione pari a quelli di cui gode, ad esempio, uno show come Squid Game (che ha contribuito in grandissima parte alla sempre più crescente visibilità dei contenuti Made in Korea). Che possibilità può avere, dunque, un fantasy romance come Alchemy of Souls - serie tv prodotta da Studio Dragon e trasmessa in patria dal network tvN e a livello globale da Netflix - di primeggiare o almeno giocarsela con "le grandi" del piccolo schermo?
A conti fatti, molto poche: lo show è stato sì per diverse settimane nella Top 10 delle serie più viste sulla piattaforma, e ha ricevuto ottime recensioni e rating d'approvazione altissimi tra gli spettatori, ma al di fuori della madrepatria, il pubblico italiano specialmente non sembra averlo realmente elevato a must watch, né averne discusso ampiamente sui social come fatto per altri titoli. E questo, lasciatevelo dire, è un vero peccato, perché Alchemy of Souls è quella serie di cui non sapete di avere bisogno, ma che se le darete una chance, si rivelerà una piacevolissima sorpresa, nonché "un'amica davvero difficile da salutare" una volta terminata.
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L'incanto della magia, tra Luci e Ombre
Brillantemente scritta dalle sorelle Hong, Hong Jung-eun e Hong Mi-ran (Hotel Del Luna, Hwayugi) e sapientemente diretta da Park Joon-hwa (What's wrong with Secretary Kim?, Jinsimi Dadda), la serie ci trasporta nella fittizia regione di Daeho, un luogo che "non esiste né nei libri di storia, né sulle carte geografiche". Qui, in un mondo ricco di magia, esiste un incantesimo che è severamente proibito: l'alchimia delle anime. La legge dice infatti che non è possibile trasferire la propria o l'altrui anima in un altro corpo. Tuttavia, come si può facilmente immaginare, sarà proprio tale pratica a costituire le fondamenta della nostra storia che avrà come protagonisti principali Nak-su (Go Youn-jung) e Jang Uk (Lee Jae-wook). Nak-su è una giovane donna cresciuta e addestrata come assassina provetta, e in cerca di vendetta; quando sarà costretta ad eseguire l'alchimia delle anime per poter sopravvivere e portare a termine la sua missione, la sua anima finirà nel corpo di un'orfana di nome Mu-deok (Jung So-min), e la sua strada verrà a incrociarsi in maniera bizzarra con quella di Jang Uk, uno dei discendenti delle quattro famiglie più importanti di Daeho e più abili nelle arti magiche, nonché causa del rancore di Nak-su. Nonostante il suo lignaggio, Jang Uk non riesce a utilizzare la magia, e sarà proprio l'incontro con Mu-deok/Nak-su a fornirgli l'occasione di cambiare per sempre la sua vita.
Non costituisce certo uno spoiler definirli "star-crossed lovers" (amanti dallo sfortunato destino, se vogliamo) considerando le difficoltà e le peripezie che i due dovranno affrontare per poter stare insieme, e ovviamente in 30 episodi - i 20 che compongono la Prima Parte più i 10 della Seconda Parte che completano l'opera sotto la denominazione di Light and Shadow - ne succederanno di cotte e di crude, e non mancheranno i cliché relativi al genere. Ma l'intreccio tra elementi romance, fantasy e political thriller - come dimostrano anche le serie citate in precedenza, seppur con diversi gradi di successo - qui riesce a dare vita a una storia accattivante e coinvolgente, un racconto che sa come utilizzare le tempistiche più estese della narrazione coreana (episodi dalla durata di 1 ora e 20 minuti ciascuno in media), che riesce a ricollegare i vari snodi narrativi con una naturalezza a volte spiazzante, e non perde di lustro nemmeno al suo "secondo giro".
Solide fondamenta per un mondo di fantasia
Dalla sua, Alchemy of Souls, ha tanto: in quanto a scrittura e regia, come dicevamo, dà chiaramente prova di saperci fare, e i punti più alti si possono ritrovare probabilmente nel worldbuilding estremamente dettagliato, con informazioni che vengono man mano snocciolate nel corso dell'opera, e nella caratterizzazione dei personaggi. Questi per lo spettatore diventeranno in men che non si dica talmente familiari da credere di stare vedendo sullo schermo persone realmente conosciute e con cui si ha a che fare nel quotidiano (sorprendenti, in tal senso, alcuni momenti di comic relief, specialmente nella seconda parte). Le interpretazioni, poi, si rivelano sempre all'altezza del compito, se non superiori alle aspettative, e nemmeno il "cambio d'attrice protagonista" in Light and Shadow (capirete una volta terminata la visione dei primi episodi della seconda parte) va a intaccare il risultato finale - a chi dare il merito per l'ottima alchimia... ehm, pardon, chimica tra i vari membri del cast, e non solo tra i due protagonisti, è seriamente difficile da stabilire, ma di certo molti dei complimenti vanno ai direttori di casting - contribuendo all'effetto "familiarità e calore" a cui accennavamo. Il tutto avviene in condizioni ottimali, perché il comparto tecnico dello show non ha granché da invidiare alle produzioni straniere che sono generalmente più versate su questo fronte, specialmente in fatto di VFX. Qui gli effetti speciali sono un elemento importantissimo della narrazione, e lo sforzo nel restituire sullo schermo la spettacolarità che ci si aspetterebbe da un universo che fa perno sulla magia e include molte scene d'azione tra scontri, combattimenti e battaglie, è più che evidente: non si possono definire cheap o di bassa fattura, e non viene certo spontaneo prendersene gioco. E dei buoni effetti speciali uniti a costumi e scenografie di un certo spessore qualitativo, accompagnati inoltre da una colonna sonora istantaneamente riconoscibile dopo averla sentita anche una sola volta, non fanno che elevarne il valore.
Se ci deve essere un appunto da fare alla produzione, anzi, diremmo più un consiglio accorato, è di cercare di non strafare: la storia di Nak-su e Jang Uk si conclude perfettamente con la sua seconda parte, la chiusura del cerchio può dirsi completa. E per quanta voglia si possa avere di trascorrere più tempo assieme a questi personaggi, bisogna anche tenere conto dei rischi che una possibile terza stagione comporterebbe.
Per questo, se si vuole andare più a fondo e continuare ad esplorare il mondo di Alchemy of Souls, l'ideale potrebbe piuttosto essere uno spin-off o una web-series con una sorta di mini-avventure... qualcosa, insomma, che non vada ad allungare necessariamente il brodo rendendolo più insipido.
Vero è che ormai sappiamo di poterci fidare di questo team creativo, ma com'è che si dice... il troppo stroppia, o almeno, il rischio che possa accadere è alto, specialmente quando la qualità è già piuttosto elevata. Ma, d'altra parte, è vero anche che chi non risica non rosica...
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Conclusioni
Come visto nella nostra recensione di Alchemy of Souls, la serie è assolutamente da inserire in watchlist, con la sua capacità di portarci via dalla monotonia della realtà fin sulle sponde del lago Gyeongcheondaeho, in un mondo in cui conoscere e praticare le arti magiche può essere letteralmente un’arma a doppio taglio (e fare la differenza tra la vita e la morte). Al termine della visione, vi sfidiamo a voler tornare alla vita di tutti giorni (e a non tentare di replicare quegli apparentemente tanto gustosi biscotti al miele).
Perché ci piace
- Storia e personaggi accattivanti.
- Worldbuilding e caratterizzazione sono i punti forti di una brillante scrittura.
- Interpretazioni di alto livello.
- Non perde attrattiva proseguendo nella narrazione, semmai il contrario.
- Sa colpire dritto al cuore.
Cosa non va
- Potrebbe apparire un po' ripetitivo nel riproporsi di alcune situazioni, seppur differentemente declinate.
- Bisogna sapere quando fermarsi e stare attenti a non tirare troppo la corda, anche le migliori possono spezzarsi.