Hive, che continua a controllare il corpo di Grant Ward, intende trasformare l'intera popolazione del pianeta in Inumani, utilizzando un patogeno creato dallo scienziato Holden Radcliffe. Daisy Johnson, immune alle manipolazioni mentali di Hive grazie all'intervento di Lash, decide di fermarlo, anche per via della visione che, secondo lei, preannuncia il suo sacrificio per salvare il mondo. E così ha inizio lo scontro che determinerà le sorti della Terra...
Fine di un'era
Nell'autunno del 2013, quando Agents of S.H.I.E.L.D. debuttò in America su ABC, era legittimo interrogarsi sulla saggezza della decisione di espandere il Marvel Cinematic Universe sul piccolo schermo: nonostante la firma di Joss Whedon per il pilot e la presenza carismatica di Clark Gregg nei panni del redivivo Phil Coulson, la serie spionistica sembrava inizialmente una pallida imitazione di altri programmi di genere, anziché uno show sui generis. Due anni e mezzo dopo, le avventure di Coulson e del suo gruppo di agenti clandestini si sono ritagliate uno spazio prezioso del MCU, espandendo la mitologia dei film (e in alcuni casi anticipandola, con l'introduzione degli Inumani) e servendosi di alcune costole della stessa per costruire un proprio microcosmo narrativo che non ha bisogno di camei da parte dei supereroi di Serie A per funzionare.
Oggi, con il finale della terza stagione, che porta la serie ad un livello cosmico non tanto diverso da quello dei cugini cinematografici, si chiude un'era di Agents of S.H.I.E.L.D., in attesa di ripartire con un nuovo ciclo che promette uno show simile ma al contempo diverso da quello che abbiamo visto negli ultimi tre anni. Già nelle ultime settimane avevamo assistito alla fine definitiva di HYDRA, un capitolo del MCU che giunge alla sua conclusione con la sconfitta di Hive. Quanto al futuro, la sequenza di commiato pone le basi per una nuova direzione creativa alquanto intrigante, con Daisy/Quake divenuta una supercriminale e Coulson non più direttore dello S.H.I.E.L.D., senza dimenticare la consueta scena post-credits che introduce il concetto dei Life Model Decoys, androidi capaci di impersonare qualunque essere umano. Insomma, un'epicità diversa da quella di quest'anno, dove abbiamo persino visitato altri pianeti, ma pur sempre epicità.
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Addio, Brett Dalton
Sebbene la serie sia migliorata a livello mitologico (quest'anno l'unica vera delusione è stata la sottotrama incentrata su Lash, personaggio usato in modo insoddisfacente rispetto al suo potenziale), l'aspetto cruciale del suo esito artistico positivo rimane il lavoro sui personaggi. In particolare, la terza stagione ha saputo valorizzare due interpreti che, all'inizio dello show, sembravano promettere ben poco: Chloe Bennet e Brett Dalton. La prima, scritturata come alter ego del pubblico in quanto nuova recluta dell'agenzia di spionaggio, ha dovuto aspettare una stagione e mezza prima che Skye/Daisy Johnson acquisisse un'identità drammatica forte; il secondo, criticato per la sua performance monocorde nei primi episodi, si è reinventato quando è saltato fuori che il suo personaggio, Grant Ward, era un agente HYDRA sotto copertura.
Quest'anno è andato oltre, tramutandosi nel vero Big Bad della stagione e mettendo in evidenza quel gusto tipicamente whedoniano per i ruoli da cattivo. Ora, con la morte di Ward e la distruzione definitiva del suo corpo controllato da Hive, le possibilità per ritornare sono limitate, anche nel contesto di una serie dove il protagonista è un uomo resuscitato, e un po' ci dispiacerà non rivedere Dalton come membro permanente del team. Allo stesso tempo, però, la sua dipartita è un indice di coraggio da parte degli showrunner, disposti ad accantonare uno degli elementi migliori della serie per poterla rinnovare, evitando così di cadere nella trappola della ripetizione continua. Ci aspetta un MCU televisivo molto diverso in autunno, parallelamente ai cambiamenti che hanno avuto luogo al cinema. E noi aspettiamo, fiduciosi, questo rimescolamento della formula.
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4.0/5