Non si smette di parlare di Adriano Celentano, ad alcuni giorni di distanza dalla messa in onda su Canale 5 di Adrian La serie, graphic novel animata ideata dal Molleggiato. Non si placano le polemiche sulla qualità della realizzazione, sulla sua presenza "fisica" nello show che lancia le puntate della serie, sulla sua ambizione nei temi trattati e sulla natura di alcune sequenze, dichiarate troppo spinte per una prima serata. Soprattutto, hanno fatto discutere due momenti: la scritta Mafia International su un grattacielo nella città di Napoli, e una frase davvero poco felice, per usare un eufemismo, secondo cui due ragazze avrebbero rischiato uno stupro per aver bevuto un po' troppo...
In generale molti sono rimasti spiazzati dal tono e dell'atmosfera della serie, cupa e pessimista, dai messaggi lanciati da Celentano. In realtà, per chi ha seguito, anche distrattamente, alcune delle mosse della carriera del cantante, non dovrebbe essere affatto sorpreso. Quello del predicatore è un ruolo che, con il passare del tempo, Celentano è andato sempre più costruendosi nel corso degli anni. Vediamo come è cominciato tutto e come è Adriano Celentano è diventato il personaggio che è oggi.
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Tutto inizia con Pregherò
Aldo Grasso, sul Corriere della sera, ha scritto che tutto è iniziato con Pregherò, il suo successo degli anni Sessanta, che altro non è che la cover della celeberrima Stand By Me di Ben E. King, poi riportata al successo negli anni Settanta da John Lennon. Pregherò è il primo testo di Celentano che affronta tematiche religiose. Ma, negli anni seguenti, la cosa diventerà una consuetudine: seguiranno Ciao ragazzi e Chi era lui. Negli anni Ottanta dichiarerà a Roberto Gervaso di aver trovato la fede all'età di vent'anni, di battersi per l'ambiente e per Cristo, di essere un cattolico praticante. Adriano sembra calarsi sempre più nel ruolo. Le sue canzoni nascono come prediche: Il ragazzo della via Gluck è a tema ambientalista, un tema che torna prepotentemente in Adrian La Serie, ambientato in un futuro dove le città sono fatte di enormi grattacieli e prive di spazi verdi (e la via Gluck sopravvive in un piccolo borgo incastonato nella città). Tornerà anche in Un albero di trenta piani, che prende di mira, in particolare, il grattacielo Pirelli di Milano. Chi non lavora non fa l'amore, che vince Sanremo nel 1970, arriva in un momento molto delicato, in piena contestazione giovanile, e Celentano viene additato come reazionario e la sua canzone come un inno al crumiraggio. Non è proprio così, ma tanto bastò per bollarla come tale.
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Joan Lui
L'attività di Adriano Celentano procede per anni su due binari: da un lato il cantante e autore di canzoni, dall'altro quello di attore. I suoi film al cinema (Asso, Il bisbetico domato, Innamorato pazzo) furono tutti grandi successi, commedie rassicuranti che allontanano, negli occhi della gente, i suoi istinti da predicatore. Ma poi, chiusa anche questa stagione, arriva un colpo di scena: nel 1985 arriva Joan Lui. È il suo ultimo film da regista, e anche quello più discusso. È anche un flop: costato 20 miliardi di lire, ne incassa 7. È proprio qui che, non più velatamente, ma esplicitamente, prende in mano il ruolo del predicatore: è un santone venuto da lontano che arriva in Italia e ne constata i gravi problemi. Nel suo cammino incontra una serie di fedeli, mentre lo show business si interessa a lui. Tra musical, videoclip e film distopico, Joan Lui è pieno di musica e ha un finale catastrofico e cupo. Troppo per il pubblico di Celentano, abituato alle sue commedie. Paolo Mereghetti ne scrive così sul suo Dizionario. "Grazie ai soldi dei Cecchi Gori Celentano mette in scena il suo personale delirio di onnipotenza, una personale rilettura del cristianesimo in musical. Scritto, montato, sceneggiato, musicato, interpretato e diretto con assoluta mancanza di qualsiasi misura e pudore, il film è un delirio finto-apocalittico che riesce a elencare, banalmente, i peggiori luoghi comuni del qualunquismo". C'è chi ha scritto che Adrian è quasi un remake di Joan Lui. E, in effetti, alcuni temi, atmosfere e la figura del protagonista si possono ricondurre proprio a quell'esperimento.
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Il Fantastico del 1987
Ma uno dei punti più alti raggiunti da questa evoluzione di Adriano Celentano è a Fantastico 1987: uno show del sabato sera, su Rai 1, passato alla storia per le imprese del Molleggiato. Si arrivava dagli spettacoli di Pippo Baudo, nazionalpopolari, lunghissimi, ma rodati e con meccanismi perfetti a questo spettacolo dove, dopo anni, il pubblico rivedeva Celentano in tv a cantare. Ma, in mezzo a questo, si trovavano anche lunghissimi e deliranti monologhi, infarciti da quelle pause che ormai sono diventate un suo marchio di fabbrica: dovute ad amnesie, forse, da principio, un cerimoniale studiato ad arte fino agli show di oggi, che introducono Adrian, in cui le apparizioni sono una lunga pausa di due o tre minuti prima di sparire dalla scena. In quegli show Celentano si lanciava in arditi appelli: come quello, in periodo referendario, di scrivere sulla scheda i motti ecologisti "La caccia è contro l'amore" (scritto senza l'accento sulla e, tra l'altro) "Io sono il figlio della foca; non voglio che mia madre pianga" che, da legge, avrebbe portato a una scheda nulla. O l'appello agli spettatori, lanciato sempre a Fantastico 8, affinché spegnessero tutti insieme, per cinque minuti, il televisore, con buona pace dei capistruttura Rai e degli investitori pubblicitari, che fu seguito da 8 milioni di persone. Le ultime boutade su Mediaset e Rai, decantate fuori campo al recente show, non sono altro che la continuazione di quel discorso fatto di provocazioni.
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Rockpolitik
Da quel Fantastico la carriera di Adriano Celentano è passato un altro film (Jackpot, flop clamoroso che ha chiuso la sua carriera al cinema), molti dischi di successo, e alcuni programmi televisivi, tutti con ascolti molto alti. Quello che fece più clamore è Rockpolitik, del 2005, arrivato su Rai 1 in pieno governo Berlusconi: Celentano pretese carta bianca e Fabrizio Del Noce si autosospese da direttore di rete. In particolare si ricordano un discorso sugli epurati dalla Rai, e la presenza in studio di Michele Santoro, e il monologo di Roberto Benigni, "Lettera a Silvio Berlusconi". Tutto questo vissuto di Adriano Celentano, centrifugato e virato in una serie animata, ritorna oggi in Adrian.