Ryūichi Sakamoto si è spento all'età di 71 anni, a causa di un tumore che gli era stato diagnosticato, per la seconda volta, nel 2021. La notizia è stata data ieri, ma la scomparsa di Sakamoto risale a martedì scorso, 28 marzo 2023. Si tratta di una dipartita che ha colpito molto il mondo degli appassionati di musica e di cinema. L'artista giapponese, noto per la sua ricerca a livello musicale, ha incrociato spesso il mondo del cinema lasciando il segno in maniera indelebile. Già dalla sua prima volta, con il film Furyo di cui, oltre che autore della colonna sonora, è stato un sorprendente attore protagonista accanto a David Bowie, fino alla collaborazione con Bernardo Bertolucci, ne L'ultimo imperatore, Premio Oscar per la colonna sonora, composta insieme a David Byrne e Cong Su, Il tè ne deserto e Piccolo Buddha. Ma, nei nostri cuori, Sakamoto ha anche un ricordo speciale legato a Carlo Verdone.
La Yellow Magic Orchestra (YMO)
Ryuichi Sakamoto aveva iniziato a fare musica al liceo, suonando in alcuni gruppi jazz. Si è poi diplomato in composizione all'Università delle arti di Tokyo, scegliendo poi di specializzarsi in musica elettronica e musica etnica. La sua cifra stilistica è stata quella di riuscire a unire i suoni del suo paese, la musica etnica orientale, a quelli della musica elettronica occidentale. Sakamoto è riuscito a dare vita a dischi di musica pop, world music, ambient, elettronica, musica neoclassica, e anche bossa nova. Le due anime della sua arte si possono capire già ascoltando la musica della sua prima band, la Yellow Magic Orchestra (YMO), attiva del 1978 al 1983 (tornata poi nel 1993, nel 2008 e nel 2015), e gruppo seminale per la musica elettronica, oltre che padre del j-pop che sarebbe venuto. La Yellow Magic Orchestra suona come i Kraftwerk ma con melodie che rimandando chiaramente alla tradizione giapponese. Un ponte tra due mondi che avrebbe caratterizzato tutta la vita artistica di Sakamoto. La band ha avuto un'influenza importante anche in generi musicali come la techno e l'acid house.
Nagisa Ōshima e Furyo
La prima volta che la strada artistica di Ryūichi Sakamoto incrocia il mondo del cinema è già in maniera indelebile. È il film di Nagisa Oshima, Furyo (Merry Christmas, Mr. Lawrence in originale) del 1983. Sakamoto appare nella doppia veste di autore della colonna sonora e di attore protagonista. Come autore riesce a creare un'atmosfera unica per il film. Forbidden Colours, il tema principale, si basa su degli accordi e dei suoni tipici della musica giapponese, inseriti su un tessuto di musica ambient ed elettronica. Il risultato è ipnotico, sospeso, elegiaco. Coerente, per il mood orientale, ai luoghi della storia, ma allo stesso tempo in contrasto con la natura molto dura del film, la musica di Sakamoto riesce in qualche modo ad astrarre il film e a lenire il dolore e la durezza del racconto. Forbidden Colours, nella versione cantata, ha dato anche inizio al sodalizio tra Sakamoto e David Sylvian diventato molto fortunato.
Furyo: Sakamoto, protagonista accanto a David Bowie
Ma in Furyo, ancora di più che la colonna sonora, ha sorpreso l'interpretazione di Sakamoto, come attore protagonista accanto a David Bowie. La popstar, in una delle sue interpretazioni cinematografiche più iconiche, è il Maggiore Jack "Strafer" Celliers, neozelandese che viene catturato e tenuto prigioniero in un campo di concentramento giapponese. Siamo a Giava, nel 1942, e a dirigere il campo è il giovane capitano Yonoi. A dare il volto al militare è proprio Ryūichi Sakamoto, esordiente come attore, ma capace di tenere la scena in modo perfetto. E bravissimo nel disegnare il carattere di un uomo scisso. Yonoi infatti è diviso tra il suo incarico, quello di dirigere il campo e di opprimere i suoi prigionieri e l'attrazione che prova per Celliers. Non può ammettere infatti la sua omosessualità per evidenti motivi. Raccontare tutto questo con un volto che, per questioni di ruolo, deve rimanere duro, rigido, e far arrivare tutto quello che arde sotto la maschera, è un lavoro mirabile.
Bernardo Bertolucci e L'ultimo imperatore
Il sodalizio con Bernardo Bertolucci è iniziato con il film L'ultimo imperatore (1987), vincitore di 9 premi Oscar, tra cui c'è quello per la miglior colonna sonora originale, che Ryuichi Sakamoto condivide con Cong Su e David Byrne, creando ancora una volta un ponte tra Oriente e Occidente. Sakamoto è la migliore scelta possibile per un film di questo tipo. La colonna sonora del film unisce melodie orientali con l'epicità orchestrale e il respiro che un kolossal di questo tipo necessita. Ancora una volta Sakamoto riesce a creare un suono che è nostalgico e struggente e si sposa alla perfezione con le immagini.
Il tè nel deserto e Piccolo Buddha
La collaborazione con Bernardo Bertolucci sarebbe continuata con le colonne sonore dei suoi film Il tè nel deserto (1990) e Piccolo Buddha (1993). Il tema de Il tè nel deserto, The Sheltering Sky Theme è una di quelle colonne sonore dal respiro cinematografico, una melodia sinuosa ed estatica, che vive sulle vibrazioni degli archi e che evoca immediatamente gli ampi e desolati spazi del deserto. Potrebbe essere una composizione di Ennio Morricone per la sua portata emotiva e la sua intensità. È un tema che è andato anche oltre il film per cui è stato composto, diventando un classico della musica contemporanea e riproposto in molte occasioni. La colonna sonora di Piccolo Buddha è passata alla storia per il brano Acceptance, che trasmette serenità, trascendenza, ed è impreziosito da una voce lirica.
Da Almodovar a Iñárritu
Ma quella di Sakamoto con il cinema è stata una lunga storia d'amore. Il musicista giapponese ha infatti firmato la colonna sonora di Tacchi a spillo di Pedro Almodovar, quella di Cime tempestose con Juliette Binoche, diretto da Peter Kosminsky, e per due film di Brian De Palma, Omicidio in diretta e Femme Fatale, per Seta di François Girard e Revenant - Redivivo di Alejandro González Iñárritu. L'ultimo film a cui aveva lavorato alla colonna sonora è Beckett, di Ferdinando Cito Filomarino, del 2021.
Heartbeat e Carlo Verdone
C'è un altro nesso, forse minore, con il nostro cinema, per Sakamoto. Ma ci siamo molto affezionati. È legato a uno dei suoi album più di successo, Heartbeat, del 1992, in cui il musicista si avvicina, a modo suo, all'hip hop, ma anche alla musica etnica brasiliana e africana. L'album uscì nel 1991, ma fu ripubblicato in America e in Europa nel 1992, sostituendo la versione originale di Tainai Kalki con una nuova canzone, cantata da David Sylvian: Heartbeat (Tainai Kaiki II) - Returning to the Womb. È forse la canzone con cui Sakamoto ha raggiunto di più il grande pubblico, il momento in cui la musica d'autore è riuscita a diventare pop di grande classica. Note rarefatte di piano, una ritmica che richiama vagamente l'hip-hop (e forse anticipa il trip-hop che stava nascendo) e la voce caldissima di David Sylvian ne fanno un gioiello. La canzone si può ascoltare in uno dei film più particolari di Carlo Verdone (grande fan di Sylvian), Perdiamoci di vista. È un momento molto intenso, quello in cui Gepy Fuxas, il personaggio di Verdone, è a casa sua con Arianna (Asia Argento) e la stupisce facendole ascoltare questa canzone, e mostrandole un suo lato inedito, più maturo.
Ryuichi Sakamoto: Coda
Il musicista giapponese è anche il protagonista di Ryuichi Sakamoto: Coda, un documentario del 2017 di Nomura Schible. È un film che prova a farci conoscere la grandezza del compositore giapponese, e anche ad entrare nel suo lavoro, per farci arrivare il senso di eccitazione che pervade un musicista quando trova la giusta corrispondenza dei suoni. Ryūichi Sakamoto ha sempre dichiarato di essersi ispirato a John Coltrane, ai Beatles e a John Cage, modelli non a caso altissimi, anche distanti tra loro. Segno che, per il musicista giapponese, la musica non ha mai avuto confini.