About a boy
Lucia e Fausto sono ormai abituati all'inevitabile mediocrità del figlio Marco. Poco più che adolescente e non particolarmente brillante, il ragazzo cerca di diplomarsi cuoco tra un arrosto bruciato e lezioni di francese che sembrano non giovargli affatto. Di fronte a questa lunga serie di fallimenti più o meno prevedibili, i genitori, maestra elementare lei e impiegato statale lui, hanno sempre reagito con una studiata leggerezza alimentata da un amore incondizionato per il ragazzo. Ma tutto sembra destinato a cambiare quando, risvegliati bruscamente da questo torpore quotidiano, i due scoprono il primo e forse unico talento naturale del figlio che, ben lontano dal renderli orgogliosi, li getta in una folla corsa per comprendere responsabilità ed ereditarietà. Perché, a conti fatti, un genitore si prepara ad affrontare e risolvere varie sventure come la droga, l'alcol e le corse spericolate in macchina, ma si è inevitabilmente colti di sorpresa di fronte ad un figlio pornostar e, casomai non bastasse, anche superdotato.
Nick Hornby è, con grande probabilità, uno degli scrittori contemporanei più rappresentati sul grande schermo. Febbre a 90°, interpretato da Colin Firth, Alta Fedeltà con John Cusack, il celebre About a boy - un ragazzo e An Education, di cui firma la sceneggiatura, sono solamente alcuni degli esperimenti cinematografici realizzati prendendo come spunto una narrazione che nel ritmo, come nell'ironia sagace e spesso sprezzante, definisce molto chiaramente uno stile personale e una precisa appartenenza culturale. Perché Hornby è un britannico puro e questa sua caratteristica genetica si riconosce in modo particolare nella rappresentazione di personaggi mediocri, costantemente sull'orlo del fallimento umano ma salvati, nonostante tutto, da un umorismo che, lontano dal toccare punte di commiserazione, da alla realtà dei fatti sempre il giusto valore e l'esatta proporzione del ridicolo. A questo punto, viene spontaneo chiedere come una materia così personale e tanto radicata nella realtà sociale e linguistica di un paese, possa essere adeguatamente rimaneggiata e riadattata al cinema italiano. La risposta è quasi ovviamente negativa, e non per un atto di sfiducia nei confronti del regista Lucio Pellegrini che, solitamente fuori dal coro della commedia grottesca e grossolana riesce a produrre un cinema in cui riconoscersi senza imbarazzi, quanto nei confronti di un evidente incapacità di andare oltre le generalizzazioni artistiche che contraddistinguono ormai da molti anni, tranne rare eccezioni, la nostra cinematografia. Dunque, posto che la famiglia sia un elemento universale con pubbliche virtù e vizi privati riconoscibili in qualsiasi cultura, la differenza viene dettata soprattutto dallo stile con cui si racconta. Una scelta di visioni e atmosfere che, se nella prosa di Hornby è rappresentata da un realismo costante condito da un inevitabile sense of humor che arricchisce e non sminuisce il senso della narrazione, in E' nata una star? dissolve l'elemento di rottura, in questo caso un figlio pornostar superdotato, in un movente per lasciarsi andare a una serie di pseudo riflessioni sul ruolo genitoriale con inevitabile morale finale arricchita dalla solita porzione di buoni sentimenti. In questo modo, la sceneggiatura scritta a sei mani dal regista con Massimo Gaudioso e Michele Pellegrini smussa gli angoli ed elimina i conflitti più aspri, rinunciando volontariamente a una possibilità infinita di situazioni e varianti sicuramente più complesse da gestire. Spogliata di un contesto fortemente caratterizzante, privata di una riflessione generazionale e di uno sguardo lucido capace allo stesso tempo di analizzare, accusare e perdonare,ecco che una vicenda potenzialmente universale si trasforma in un racconto irrilevante che non scuote gli animi e non diverte. Anzi, concentrato quasi elusivamente sull'eterna contrapposizione tra nord e sud, in questo caso rappresentata da una madre possibilista e da un padre legato ai valori tradizionali, il film riesce a imbrigliare in un ritmo costantemente cadenzato nella sua lentezza la naturale briosità di Luciana Littizzetto e il talento scanzonato di Rocco Papaleo, entrambi sottoposti a un'interpretazione tanto "sobria" da lasciare solamente una debole traccia di sè.
Movieplayer.it
2.0/5