La giovane Abigail vive in una città che è stata vittima di una devastante quanto misteriosa epidemia, relativa a un morbo sconosciuto che di fatto l'ha circoscritta rispetto al mondo esterno. Chi è stato, presuntivamente o meno che sia, contagiato dalla malattia viene catturato dagli ispettori del governo e se ne perdono poi le tracce per sempre: tra questi vi è anche il padre della protagonista, finito nelle mani di quel regime dittatoriale quando lei aveva soltanto sei anni.
Come vi raccontiamo nella recensione di Abigail, la ora adolescente intende saperne di più sulle sorti del genitore e una grande occasione le viene data quando entra in contatto con un gruppo di reietti che vivono in quartiere di periferia e che praticano ancora la magia, da tempo bandita dal regno. La stessa Abigail scopre di essere dotata di capacità magiche, che potrebbero risultare determinanti nella lotta contro l'oppressore e nella ricerca del padre scomparso.
Nel cuore della fantasia
Batte bandiera russa, per quanto sia stato girato/doppiato in lingua inglese e pensato per un mercato internazionale, questo fantasy russo dall'ambientazione steampunk, che ci accompagna in un mondo fantastico dove ha luogo la più classica delle lotte tra il Bene e il Male, in una confezione vistosa e all'insegna dello spettacolo che sacrifica la narrazione in favore di un notevole impatto estetico. Le riprese, girate non soltanto a San Pietroburgo e Mosca ma anche a Tallinn, capitale dell'Estonia, possono contare su un notevole numero di comparse e nell'ultima parte eccoci trasportati addirittura su epocali fortezze volanti, con tanto di macchine che solcano i cieli che si rifanno a un gradevole e consolidato immaginario.
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Occhio e anima
Se dal punto di vista delle immagini Abigail può contare su effetti speciali di buon livello, l'operazione soffre maggiormente come detto dal punto di vista della sceneggiatura, con una serie di risvolti via via sempre più prevedibili e una fiera dell'assurdo, in un viaggio tra passato e presente, che sembra riciclare in maniera improbabile il legame padre-figlia che era tra i punti cardine del cult fantascientifico di Cristopher Nolan, ovvero Interstellar (2014). Tra orologi che non temono lo scorrere del tempo e la forza dei ricordi, le scorciatoie per arrivare allo scontato lieto fine sono a tratti sin troppo burrascose e tolgono respiro epico a un racconto che fino allora era riuscito a creare una discreta atmosfera, complice anche l'avvolgente e anthemica colonna sonora e le piacevoli coreografie action, pur non prive di abusati slow-motion qua e là.
Vecchio e nuovo
E così ecco triangoli romantici e inaspettati tradimenti, ricongiungimenti familiari e retorica spiccia sul significato della vita come bene più prezioso e sulla forza dei legami di sangue, per due ore che cercano la via più facile per catalizzare l'interesse del grande pubblico. Naturalmente gli stessi cattivi sono più caricaturali che mai e il relativo background sociale di fondo non viene mai esplorato più di tanto, con i chiari riferimenti a regimi tirannici atti a rendere la relativa nemesi più spietata che mai. Il cast, che vanta come guest-star il noto caratterista britannico Eddie Marsan, è alle prese con personaggi relativamente monodimensionali, con tanto di buffe caricature di supporto ad appoggiare la missione dell'impetuosa e giovane protagonista, interpretata con il giusto e determinato cipiglio dalla bella modella e attrice georgiana Tinatin Dalakishvili, più grande rispetto al personaggio che interpreta.
Conclusioni
Un mondo steampunk dove un crudele regime ha vietato l'uso della magia, paventando l'esistenza di un fantomatica pandemia per eliminare individui potenzialmente scomodi, è quello dove è nato la giovane protagonista, determinata a cambiare il corso delle cose nella ricerca del padre, rapito quando era soltanto una bambina. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Abigail, questo kolossal fantastico di produzione russa può contare su buoni effetti speciali e una resa estetica affascinante, atti a coprire una narrazione fin troppo derivativa e non sempre verosimile, riproponente senza particolare inventiva un tema classico del cinema avventuroso.
Perché ci piace
- La protagonista Tinatin Dalakishvili è convincente.
- Resa estetica di buon livello, sia a livello di effetti speciali che di ambientazione.
Cosa non va
- Una sceneggiatura derivativa e priva di guizzi.