A sud del confine per cambiare il mondo
Oliver Stone torna in Sud America, e stavolta Cuba è solo una delle tappe di un viaggio che comincia in Venezuela, dove il regista di Platoon è approdato per intervistare Hugo Chavez, presidente trionfatore di ben tredici libere elezioni, eroe nazionale e spauracchio dell'amminstrazione Bush. E se il nome di Chavez evoca in voi l'idea di un pericoloso dittatore, nulla di strano: è semplicemente un residuo del lavaggio del cervello mediatico americano; Bush e i suoi responsabili di politica estera, infatti, hanno ostacolato Chavez sin dalla sua prima candidatura presidenziale - manipolando le televisioni private per sostenere l'opposizione e fabbricare gravi accuse a suo carico, nonché assecondando un golpe (fallito per volontà popolare) ai suoi danni - e con lui tutti i Bolivariani, statisti sudamericani seguaci del Libertador Simon Bolivar e fautori di una politica non sufficientemente "amichevole" nei confronti degli States e delle loro esigenze petrolifere.
Dopo la visita in Venezuela, dove Stone resta sedotto dall'energia e dal contagioso, ingenuo, colorito ottimismo del "tiranno", la troupe di South of the Border si sposta in altri paesi sudamericani in cui sono al potere forze d'ispirazione bolivariana e socialista. Di qui le interviste con Evo Morales, primo presidente indigeno della Bolivia, Lula da Silva, ex operaio metalmeccanico e trentanovesimo presidente del Brasile, Cristina Kirshner, volitivo e carismatico successore alla guida dell'Argentina di suo marito Nestor Kirshner, l'ex vescovo ora presidente paraguagio Fernando Lugo, il giovane e grintoso presidente ecuadoriano Rafael Correa, e infine Raul Castro, fratello di Fidel attualmente alla guida della Isla Grande. Personaggi di varia estrazione e dai percorsi diversi accomunati da un orientamento di centro-sinistra e da un sogno: trovare un'intesa tra i paesi sudamericani che porti, sul modello dell'Unione Europea, all'adozione di una moneta unica e alla capacità di creare una grande forza in grado di tenere testa politicamente alla superpotenza a nord del confine. Come già in Comandante e in Persona non grata, Stone è presente nel suo documentario come intervistatore ma anche come coscienza critica, non solo della politica estera del suo paese nativo ma anche, in diverse occasioni, del comportamento passato e presente dei suoi ospiti latini - i quali sono tutti presentati in maniera snella ma efficace. Dei paesi di cui sono alla guida, invece, Stone offre un quadro piuttosto parziale dal punto di vista informativo, analizzandone soprattutto i rapporti (e i debiti) con il Fondo Monetario Internazionale, organismo controllato in larga parte dagli USA che ha imposto negli anni misure che favorissero il gigante nordamericano in cambio dei propri aiuti, e tralasciando invece di illustrare le attuali politiche economiche e non dei vari capi di stato e delle loro forze di governo. Approfondire, probabilmente, è compito nostro: Stone si limita a mostrare ai suoi conterranei e al resto del mondo un'immagine non minata dalla lampante falsità dei media stelle e strisce di personaggi sempre interessanti, ma spesso anche controversi. Il resto, si spera, verrà da sé.
Movieplayer.it
3.0/5