Molti interpreti passano dall'altra parte della macchina da presa per raccontare qualcosa di sé, o magari per scoprirlo. È proprio in quest'intercapedine artistica che si inserisce A Real Pain, diretto ed interpretato da Jesse Eisenberg (per la seconda volta dietro la macchina da presa dopo Quando avrai finito di salvare il mondo). Dopo essere stato premiato al Sundance, è passato in anteprima italiana in concorso alla 22esima edizione di Alice nella Città per poi approdare in sala il 27 febbraio 2025.
Storia di due cugini
Quella di A Real Pain è una storia che trova la propria forza nella sua, apparente, semplicità, come molti film indipendenti o pseudo-tali che vogliono indagare i colori dell'animo umano. David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin, reduce dal successo e dai premi di Succession) sono due cugini estraniati da tempo che si riconnettono in occasione della morte della nonna e di un tour organizzato in Polonia, partendo da Varsavia verso i luoghi che hanno caratterizzato l'Olocausto. Un'occasione per ricongiungersi tra di loro e riconnettersi alle proprie origini ebraiche ma anche, come da copione, per far emergere tutti i dissidi interiori tra di loro che hanno una lunga storia.
A Real Pain, un film indie fatto di dialoghi
La seconda pellicola da regista di Jesse Eisenberg trova la propria forza nei due interpreti protagonisti, che sposano totalmente la propria controparte sullo schermo e costruiscono una sorta di danza, emergendo tra gli altri bizzarri personaggi che li accompagnano lungo quel tour del dolore, e così riuscendo a reggere il progetto sulle proprie spalle. I dialoghi e i gli sguardi di David e Benji accompagnano lo spettatore lungo tutto il film, provando a condividere con il pubblico la sofferenza del titolo, che da dolore di uno diventa di tutti.
I cugini avranno modo di confrontarsi sulle questioni irrisolte del proprio passato e sul loro essere di caratteri quasi opposti: David è metodico, ansioso, inserito nella società, con una moglie, un figlio e un lavoro che lo aspettano a casa; Benji è un'anima perduta che sta cercando di ritrovarsi, impulsivo, schietto, dice sempre quello che pensa senza filtri, scatenando spesso disagio in chi gli sta intorno e allo stesso tempo creando un legame profondo. Eppure David finisce per stare sempre da solo mentre Benji diventa l'anima della festa e della conversazione, provocando una sorta di gelosia ed invidia nel primo.
Viaggio nel dolore
Più che un romanzo di formazione quello di A Real Pain è un viaggio catartico, tanto per i personaggi quanto per il pubblico, attraverso quel dolore "perché c'è un tempo e un luogo per dare sfogo ai propri sentimenti". Empatia e memoria storica sono i due elementi cardine che emergono dall'importanza di questo viaggio, tanto fisico quanto emotivo, che non diventa mai patetico o retorico ma anzi prova a distruggere quelle consuetudini. L'importanza di capire e riconoscere il sentimento altrui da un lato, il cercare di non ripetere gli stessi errori (e orrori) degli esseri umani. La telecamera di Eisenberg segue i protagonisti e gli ambienti che visitano, a metà tra un documentario di viaggio e un filmino di famiglia, con una regia non eclatante ma intima e pulita.
Utilizza un uso dei colori e della luce che vuole trasmettere speranza che non può che provenire dalla sofferenza. Ovvero quella profonda vissuta dai personaggi, quasi una seconda pelle per loro. Non è un caso che la pellicola inizi e finisca con un aeroporto, simbolo per antonomasia non solo del viaggio ma dell'incontro di persone e culture, spesso casuale. "Ci si imbatte in tanta gente strana lì" dirà il personaggio di Culkin, con il titolo del film scritto con un font semplicissimo che appare lì, accanto a lui. Nuovamente, non si tratta di un caso ma di un percorso da accettare.
Conclusioni
A Real Pain è una pellicola che smuove l’animo di chi lo guarda attraverso il classico percorso di due parenti estraniati che imparano a ritrovarsi e provano a capirsi. Uniti dalla morte, sia quella recente della nonna sia quella antica dei loro antenati durante l’Olocausto, e dal dolore, che ha questa capacità tanto di avvicinarci quanto di farci allontanare pericolosamente gli uni dagli altri. Una regia intima e pulita come l’interpretazione dei due protagonisti, che mettono in piedi un rapporto in piena risoluzione, attraversa l'intero lungometraggio.
Perché ci piace
- Jesse Eisenberg e Kieran Culkin: una coppia che funziona.
- L’importanza dell’empatia e della memoria storica.
- Il bizzarro gruppo di compagni di viaggio.
Cosa non va
- È un indie movie che segue il copione di molti altri.
- La regia, pur se funzionale, non è particolarmente originale.