L'idea non è certo nuova e, anzi, fu alla base del successo di una commedia francese candidata all'Oscar alla metà degli anni '80: ma i protagonisti di Tre uomini e una culla - e del suo remake americano Tre scapoli e un bebè - erano donnaioli indefessi, con appena la più vaga idea di sottotesto omoerotico legata a doppio filo allo stereotipo dell'inettitudine maschile alla gestione dei bambini. I tempi sono cambiati e oggi la dinamica dei "genitori per caso" può essere inserita in un contesto arcobaleno: a farlo è Andrew Fleming, attivo in TV e regista e sceneggiatore di alcune commedie abbastanza dimenticabili tra gli anni '90 e gli inizi del nuovo millennio.
Fleming si affida a un paio di talenti comici d'eccezione per raccontare la vicenda di una agiata coppia gay che si ritrova costretta a ospitare il nipote del più attempato dei due quando il padre scapestrato del ragazzino finisce in galera. Ora, Erasmus e Paul a un figlio non ci avevano certo pensato: troppo presi dai frenetici impegni televisivi del celebrity chef Erasmus e dai conflitti di una relazione appassionata, ma difficile e un po' squilibrata, e troppo impegnati a godersi il benessere, le gozzoviglie e le comodità della loro favolosa magione di Santa Fe.
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Colazione da Wendy's
Il ragazzino arrivato dal nulla non è un infante che vada accudito giorno e notte, ha già dieci anni, ma qualche grattacapo lo dà: tanto per cominciare non ne vuole sapere dei manicaretti di Erasmus e vuole mangiare solo al fast food. C'è anche il dettaglio trascurabile che il nonno non sa nemmeno come si chiami e quindi non può iscriverlo a scuola. Insomma, i primi passi di questo rapporto imposto non sono facili e mettono a dura prova la relazione tra i due partner, con Paul costretto a occuparsi del nipote del compagno pigro, gaudente e distratto.
Il corso della storia è abbastanza prevedibile, la sceneggiatura non riserva svolte sorprendenti ma si limita a fornire materiale fertile e irriverente all'istrionico Steve Coogan - che si diverte un mondo con questo personaggio che non potrebbe essere più nelle sue corde - e all'adorabile Paul Rudd, che abbiamo visto in innumerevoli commedie più o meno romantiche e che si è sempre mostrato a suo agio nei territori del bromance.
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L'amore è...
A Modern Family vive tutto su questa frizzante alchimia tra l'incontenibile, sardonico Coogan e il più contenuto, e più seducente, collega americano: due attori non solo decisamente carismatici, ma anche versatili abbastanza da dare nerbo e credibilità ai (pochi, ma riusciti) momenti drammatici del film di Fleming. Battute e situazioni, per quanto spesso al limite, non passano la misura adeguata a un film per famiglie, e il risultato è che A Modern Family riesce a indirizzare, con leggerezza e calore, a un pubblico potenzialmente vasto, il suo senso di inclusività e connessione umana.
E alla fine dei giochi arriva forte e chiaro il messaggio politico in favore delle famiglie arcobaleno, quelle che secondo il ministro della Famiglia del governo italiano attualmente in carica "non esistono": il film di Fleming incoraggia e celebra un amore che è consapevolezza, impegno, ascolto, conoscenza e superamento degli egoismi. Se conta più o meno del miracolo sbadato della riproduzione biologica decidetelo voi.
Movieplayer.it
3.0/5