Duffy, un vagabondo veterano di guerra, tormentato da quanto vissuto in prima persona sul campo e dalle morti di quei compagni che considerava come fratelli, non riesce a trovare stabilità nella sua nuova vita da civile. Conduce un'esistenza errabonda, vagando da un luogo all'altro degli Stati Uniti senza un obiettivo preciso se non quello di sopravvivere giorno dopo giorno.
A luci spente lo vede una sera protagonista di una rissa in un bar, non provocata da lui, che gli attira le attenzioni di uno dei clienti del locale, Max. Questi ha la fedina penale sporca, lavora ora come manager di combattenti per un club di incontri clandestini e vede in Duffy un potenziale talento sul ring; gli offre così l'opportunità di guadagnare qualche soldo per entrambi, prendendo parte a questi match illegali. Ma Max ha anche un debito e un conto in sospeso con un boss il quale ha dei contatti con una corrotta detective della polizia, una situazione che getterà i protagonisti in qualcosa di estremamente complicato e pericoloso...
A luci spente botte da orbi
Inizio col botto e nel vivo dell'azione, non soltanto per mostrarci i sintomi da PTSD del quale soffre il protagonista per via della sua traumatica esperienza sul campo di battaglia, ma anche per introdurre il personaggio guest-star di Scott Adkins, che farà poi ritorno nelle parti finali del film. A luci spente, disponibile nel catalogo di Amazon Prime Video, ha appunto uno sprint senza mezze misure che però a conti fatti risulta fine a se stesso, pensato soltanto per indirizzare la trama su determinati tracciati e cercare di dare delle pseudo-motivazioni a una figura altrimenti anonimo, ennesima chance sprecata da Frank Grillo che è un attore assai migliore della maggior parte dei suoi personaggi.
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Round 1: Fight
A luci spente - traduzione forse un po' troppo sempliciotta dell'original Lights Out - se fosse stato realizzato negli anni Ottanta avrebbe molto probabilmente avuto come protagonista Jean-Claude Van Damme. La trama lineare unita alla centralità di questi incontri clandestini all'ultimo sangue riporta alla mente molti film interpretati dall'attore belga, con tutti i pro - ma in questo caso più i contro - del caso. La sceneggiatura infatti inserisce forzatamente sottotrame e doppi villain nel tentativo di imprimere un po' di verve all'ammasso narrativo, ma nel corso dell'ora e mezzo di visione non accade nulla di effettivamente interessante e tutto si esaurisce incredibilmente in fretta. Viene lasciato campo libero alla pura azione di genere, con il Nostro impegnato sia in queste sequenze di furiosi combattimenti - con tanto di colpi che vanno a segna con una sorta di radiografia dei corpi degli avversari - che nelle furenti sparatorie.
Un eroe tutto d'un pezzo
Proprio la rocambolesca resa dei conti finale, con i proiettili che volano incessanti e il già citato arrivo di Adkins, è probabilmente la parte migliore di una produzione che non trova il proprio asse, fallendo sia nelle dinamiche ludiche che nella pur secondaria verve drammatica, con i personaggi di contorno della sorella e della nipote di Max messi lì tanto per caso. Allo stesso modo la cattiva che più cattiva non si può di Jaime King non viene sfruttata a dovere così come il boss criminale di Dermot Mulroney, che avrebbe meritato maggior spazio. Le atmosfere da b-movie emergono in più occasioni, come quando Duffy non ha alcuna remora ad accettare incontri 5 contro 1 o stende i suoi contendenti in un batter d'occhio, incarnazione di quell'eroe duro e puro apparentemente indistruttibile, sempre pronto ad aiutare i più deboli, con tanto di voice-over a chiosa finale a suggellarne ulteriormente il senso. Epilogo scontato di un'operazione più fuori tempo massimo di altre omologhe.
Conclusioni
Veterano di guerra, temprato dal fuoco di mille traumi, Duffy si aggira errabondo per le strade d'America, fino a quando non si imbatte in qualcuno che nota le sue notevoli doti di combattimento e lo spinge a prendere parte a incontri clandestini altamente remunerativi. Ma il pericolo è ovviamente in agguato... B-movie che guarda agli anni Ottanta, senza però possedere quell'anima cool e cazzona al contempo che caratterizzava quell'iconico decennio. Frank Grillo sprecato per l'ennesima volta nel ruolo principale, così come Scott Adkins quale guest-star meno dinamica del previsto, in un cast che avrebbe pure le facce giuste al posto giusto ma non le sfrutta, per via di una sceneggiatura dove succede poco o nulla di effettivamente avvincente.
Perché ci piace
- Il carisma di Frank Grillo e Scott Adkins, anche se in due ruoli che sfruttano poco le loro abilità.
Cosa non va
- Sceneggiatura anonima.
- Messa in scena fiacca che non coglie le potenzialità atletiche e/o attoriali dei suoi interpreti.
- Un plot simile si è visto e rivisto centinaia di volte.