A Family Affair non è un film che entrerà negli annali del cinema, e probabilmente nemmeno era sua intenzione. Piuttosto, A Family Affair (ora disponibile su Netflix) non vuole essere altro che una semplice commedia spinta dalla voglia di regalare un'ora e cinquanta di puro intrattenimento, riuscendo nel suo intento, senza ambizioni istrioniche, o tante sorprese, ma ricalcando fedelmente i canoni di un cinema anni Duemila, semplice, leggero, e forse per questo un po' anacronistico.
Forse ci siamo dimenticati delle commedie romantiche che impazzavano sui cartelloni cinematografici di vent'anni fa. Da Mi presenti i tuoi, fino a Quel pazzo venerdì o Prima o poi mi sposo, c'era un modo di realizzare le pellicole ben collaudato che al tempo piaceva, funzionava, perché si affrontava lo schermo cinematografico (e poi televisivo) senza tante pretese, ma solo per un puro, leggero, passatempo. Poi qualcosa è cambiato: lo spettatore ha cominciato a vivere in un mondo che lo aliena costantemente, bombardato di post sui social, dove tutto è edulcorato, zuccheroso, fin troppo costruito. Le visioni streaming dunque sembrano non bastare più, con gli utenti che ripiegano di nuovo sul grande schermo per cercare nuove catarsi.
E così, anche le commedie si fanno più complesse, gli action-movie si fanno più adrenalinici (si pensi solo a Mad Max: Fury Road) gli horror più psicologici. Ed è in questo contesto che un film come A Family Affair, sebbene leggero e ironico, si muove su un retaggio del passato che lo fa avvicinare al proprio spettatore, per poi scivolare via, come una battuta che fa sorridere, ma incapace di radicarsi nella memoria. Il film diretto da Richard LaGravanese raggiunge facilmente il suo obiettivo, ma vive qualcosa di estremamente superficiale, di melenso e retorico in lui, che lo fa odorare di un tempo passato incapace di offrire molto di più di una storia trainata da attori capaci di far sorridere (soprattutto Joey King e un autoironico Zac Efron) ma frenati nel conquistare lo spazio di uno spettatore ora pronto a gettarsi su un'altra visione, un'altra storia, mentre tutto attorno a A Family Affair crolla come una montagna di avocado sullo scaffale di un supermercato.
A family affair: la trama della rom-com
Zara è la giovane assistente di Chris Cole, divo del cinema d'azione un po' viziato e alquanto egocentrico. Dopo aver licenziato Zara, Chris va a casa della ragazza nella speranza di poterla avere di nuovo con sé, ed è proprio in questo frangente che l'attore fa la conoscenza della madre di lei, Brooke. Fin qui tutto niente di sorprendente, se non fosse che i due si invaghiscono l'uno dell'altra iniziando non solo una relazione che mette in imbarazzo la ragazza, ma generando una serie di equivoci e situazioni surreali molto complicate da gestire persino per una giovane pragmatica come Zara.
Una bolla di realtà illuminata da mille luci
È un microuniverso costantemente illuminato quello di Zara. Le luci dei set, e quelle di casa, sono abbaglianti, splendenti. Una vita da favola, la sua, entro cui nessuna lingua d'ombra, o mantelli nefasti, hanno spazio di insinuarsi, neanche nei momenti più dolorosi. Tutto brilla, ammaliando lo spettatore, e rinchiudendolo in una bolla di vetro dove ogni cosa è sospesa, ogni timore lasciato alle spalle, dove tutto sembra facile e possibile, anche l'accettare che il proprio capo abbia una storia con la propria madre. Tutto pare vivere di quell'aura di finzione che abita sui set cinematografici, dove la vita reale si blocca, e la sua versione fittizia, sognatrice, irreale, prende vita.
Lo spettatore lo sa dai primi minuti che starà per barattare quasi due ore della propria esistenza con una narrazione leggera, e accetta le sue condizioni contrattuali sperando di ricevere in cambio un totale estraniamento da una routine quotidiana sempre uguale a se stessa. Quello che invece ottiene è un'opera dove la regia e il montaggio si nascondono dietro i corpi dei propri attori, lasciando che siano loro a dominare lo schermo, a farsi intermediari di ilarità e momenti di vita improbabilmente vissuta. Eppure, per quanto tentino di farsi portavoce di una commedia leggera, quelle che masticano sono battute bidimensionali, piatte, figlie di mille altre già portate sullo schermo negli anni passati.
Il potere agli attori
I riferimenti a celebrità, eventi ed elementi contrassegnanti i nostri tempi, sicuramente sono delle esche che ci fanno abboccare all'amo, colgono la nostra attenzione, per poi rischiare di perderci nuovamente alla sequenza successiva. Se Joey King dona alla propria Zara un'espressività fisica, lasciando che le parole trovino una propria corrispondenza a livello mimico-facciale e gestuale (così da enfatizzare la carica ironica e sarcastica del suo personaggio), Nicole Kidman appare quasi bloccata, indecisa su come costruire la sua Brooke. La sua performance vuole essere minimale, giocata in sottrazione, eppure è come se la Kidman affrontasse tutto il film con il freno a mano tirato, tra il desiderio di osare e la paura di farlo veramente.
Dopo Baywatch e Nonno scatenato, con A family affair Zac Efron nuota in acque tranquille: la commedia più sofisticata, rispetto a quella demenziale, non limita la sua performance, tutta giocata su espressioni marcate e già collaudate ai tempi di High School Musical e prontamente riproposte con fare più maturo, sebbene non sempre vincente. Nell'estro (auto)ironico di Chris, Efron consolida la propria performance, risultando convincente ed esilarante, ma nel momento in cui il senso di abbandono, e il dolore per la perdita di un amore che poteva nascere e realizzarsi, inizia a insidiarsi nel suo personaggio, qualcosa si perde nello spazio del suo volto. È come se l'attore non riuscisse a rendere visibile tale diatriba interiore, perdendo quella forza vantata poco prima nei momenti di pura spensieratezza. Non è un film mal riuscito, A family affair. È solo un film uscito in un'epoca sbagliata.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di A family affair sottolineando come il nuovo film disponibile su Netflix non riesca a offrire nulla più di una commedia leggera e a tratti divertente, ma poco incisiva. Seguendo le regole di un cinema tipico dei primi anni Duemila, A family affair vive sui retaggi di un passato che non offre nulla di nuovo nel panorama di oggi. Punto di forza del film è la presenza del duo Zac Efron e Joey King, affiancati da una Nicole Kidman alquanto impacciata e non sempre in parte.
Perché ci piace
- La performance di Joey King e l'autorinoia di Zac Efron.
- La capacità di rendere un fattore negativo, come l'eccessiva edulcorazione, in elemento interessante grazie a un gioco meta-filmico di vita come set cinematografico.
Cosa non va
- La performance di Nicole Kidman, alquanto bloccata nella costruzione della sua Brooke.
- La fotografia troppo illuminata.
- La resa di un racconto che tanto poteva offrire, in un qualcosa di poco probabile e troppo edulcorato.